L’uomo e la tecnologia: soggetto o oggetto?

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L’uomo usa la tecnologia. Soggetto: uomo. Predicato verbale: usa. Complemento oggetto: la tecnologia. La chiara univocità dell’analisi logica ci piace. Ha il sapore delle cose sicure, «chiare e distinte», su cui non si dubita. Così, tendiamo a considerare Internet, o, più semplicemente, la rete, come uno strumento, un complemento oggetto: l’uomo usa la rete. Usiamo molti strumenti, letteralmente media, e oggi – lo ammettiamo tutti – la rete ne è l’indiscusso sovrano.

Ma, forse, può essere utile chiederci in che modo la rete “usa” noi. Se vogliamo essere meno drammatici e più scientifici: in che modo la rete modella e influenza la nostra vita? Il testo del 2024 di Giovanni Ruggeri edito nella collana RoccaLibri di Cittadella parte proprio da questa domanda. Già il titolo è parlante. Non si intitola, infatti, La rete che usiamo, bensì La rete in cui viviamo: dal web all’intelligenza artificiale.

Il viaggio che l’autore si propone di farci fare comincia inevitabilmente da una presa di coscienza forte: noi non usiamo semplicemente la rete, ma siamo immersi in essa. Non possiamo più vivere senza rete, almeno dal punto di vista sociale.

La prima parte del libro vuole mettere a fuoco questa precisa consapevolezza. L’autore lo fa, principalmente, con dati e statistiche. Scelta un po’ pericolosa, se l’intento fosse quello puramente informativo. I dati sulla rete, infatti, cambiano molto rapidamente e statistiche dell’anno scorso ormai sono già vecchie e poco significative.

L’intento di Ruggeri non è puramente informativo, bensì formativo: i numeri forniti sono funzionali, perché il lettore comprenda la pervasività della rete nella propria vita e nella vita della cultura in cui è immerso. Solo partendo da questo presupposto, infatti, si può procedere con il percorso che offre il testo.

Le tappe successive parlano di formazione alla rete, di sostenibilità (argomento centrale, ma praticamente ignorato dal mainstream), di politiche legate alla rete e, infine, dell’intelligenza artificiale. Questi “carotaggi” sono sempre ben documentati, aggiornati e sintetizzati in maniera piacevole. Mi ripeterò: non si tratta semplicemente di aumentare la propria conoscenza della rete. Il vero messaggio del testo è comprendere la rete perché ciò significa, inscindibilmente, comprendere il mondo e l’uomo di oggi, i quali sono immersi più di quello che pensano nella grande rete globale.

Da questo punto di vista il testo La rete in cui viviamo non è un opuscolo di aggiornamento sulle tecnologie attuali – benché si possano rintracciare molti elementi utili anche a questo fine. Di più: è un testo sociologico e antropologico.

L’invito sotteso – e, sapientemente, mai del tutto esplicitato – è quello di una sorta di risveglio. L’uomo deve tornare a usare la rete per crescere come uomo. Nella misura in cui si scorda di essere usato dalla rete (per il reperimento dei dati, per influenzare le politiche ecc.), si stravolge il paradigma tecnologico in maniera pericolosa: l’uomo diviene sempre più piccolo (evocativa l’immagine dell’«ultimo uomo» dello Zarathustra di Nietzsche, che salta, divenuto piccolo, su una terra, anch’essa che divenuta piccola, come una pulce).

Scrive Tim Berners-Lee, considerato il fondatore di Internet, nella «Lettera aperta per il 35° compleanno del web» (2024): «c’è bisogno, e con urgenza, (…) [di] sostenere la leadership moralmente coraggiosa che sta emergendo, estenderne le soluzioni alla collettività e rovesciare il mondo online dettato dal profitto con uno dettato dai bisogni dell’umanità». E se lo dice il fondatore della rete…

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