Lafont: feconde eredità

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Il teologo francese Christoph Theobald e quattordici dottorandi provenienti da varie realtà accademiche si sono misurati con il pensiero di Ghislain Lafont in occasione della seconda Lectio in suo onore, tenutasi lo scorso 18 maggio presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma.

L’iniziativa, alla sua seconda edizione, è stata avviata nel 2022 dai professori Stella Morra, Stefano Biancu e Andrea Grillo che a vario titolo si sono formati attraverso il confronto con il monaco e teologo benedettino e che desiderano tenerne viva l’eredità spirituale e intellettuale. I docenti provengono da tre realtà accademiche romane, l’Università LUMSA, la Pontificia Università Gregoriana e il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, ognuna delle quali ospita ciclicamente un’edizione dell’evento.

Il perché di una memoria grata

L’istituzione di questa Lectio ha lo scopo di onorare la memoria di un teologo che a vario titolo ha collaborato con le tre università romane, come anche quello di trasmettere il suo pensiero e la sua sensibilità intellettuale. Vi è però una terza dimensione di centrale importanza: fare teologia viva per l’oggi della Chiesa, in dialogo tra passato e futuro e nel presente delle diverse generazioni.

Ciò che sta a cuore ai promotori dell’evento è il fare della teologia un luogo “sinodale”, pratico e pastorale. Per questo motivo la struttura della giornata ha conosciuto già dallo scorso anno due momenti fondamentali: un primo in cui un relatore esterno, di fama internazionale, viene invitato come ospite a tenere una relazione sul tema scelto e un secondo in cui dottorandi e giovani studiosi sono invitati a confrontarsi, tenendo loro stessi una breve relazione che integra la prospettiva di Lafont con i propri percorsi di ricerca.

Nella precedente edizione il testo di riferimento della Lectio fu Che cosa possiamo sperare? e la relazione venne tenuta dal filosofo francese Jean-Luc Marion. Quest’anno, invece, è stata la volta del gesuita francese Christoph Theobald che ha proposto un contributo dal titolo Entrer dans une nouvelle phase de l’histoire de l’Église. Diagnostic et pronostic de Ghislain Lafont en débat, in cui analizza il volume Un cattolicesimo diverso.

Theobald legge Lafont

L’operazione condotta da Theobald nel suo intervento è stata una decostruzione dello scritto di Lafont e una sua ricostruzione attraverso le proprie categorie di pensiero. Questo esercizio analitico ha un che di originale e stimolante, trattandosi a tutti gli effetti di una lettura operata da una delle principali voci viventi della teologia europea, su uno scritto di una delle voci più significative della teologia del secondo novecento. Questa operazione ha consentito a Theobald non solo di analizzare criticamente, ma anche di sistematizzare e ordinare uno scritto che tra le opere del monaco francese ricopre apparentemente un ruolo minore.

Un cattolicesimo diverso si presenta come una raccolta di articoli usciti negli anni precedenti alla pubblicazione per la rivista Munera ed è l’ultimo scritto del monaco benedettino. Il titolo italiano presenta una discordanza rispetto a quello scelto per il mercato francese, per cui è stato scelto Le catholicisme autrement?. La tensione tra l’altrimenti e il diverso mostra lo scarto di un desiderio che è futuro, un desiderio che è non solo teorico ma anche pratico, concreto.

L’attuale crisi del cattolicesimo in Occidente viene letta da Lafont sullo sfondo di un passaggio da una forma a un’altra: dal cristianesimo incentrato sul “sacrificio espiatorio” a un nuovo modello focalizzato sull’“amore disarmato”. Il momento della svolta è rappresentato dal Concilio Vaticano II, che secondo l’espressione del teologo benedettino, inaugura la terza fase della Chiesa. Egli, seguendo la periodizzazione già individuata da Rahner, parla di una prima epoca caratterizzata dal giudeo-cristianesimo, seguita dall’epoca dell’ellenizzazione, a cui è subentrata la fase attuale, di un cristianesimo non più eurocentrico ma globale.

A partire da questa constatazione il Concilio, che è stato inteso come un momento di riforma, andrebbe invece ripensato nei termini più profondi di una rifondazione. Theobald, leggendo l’attuale fase della Chiesa non solo ha accolto la sua caratterizzazione nei termini di “amore disarmato”, ma a questi ha aggiunto una caratterizzazione nei termini di “pneumatologia pratica”.

Entrambe le definizioni indicano un atteggiamento ortopratico: una teoria e una pratica che si costruiscono insieme nell’esperienza quotidiana di fede della comunità credente. Questo discorso all’apparenza astratto, prende nello scritto di Lafont una forma concreta attraverso la presa in esame di alcuni elementi chiave quali l’eucarestia, il ministero e il ruolo della donna nella Chiesa. La tensione verso il futuro che caratterizza questo volume, permette all’autore di avanzare proposte del possibile, di mostrare opportunità per la Chiesa di pensarsi diversamente alla luce della rivelazione.

Theobald nella sua lettura ha rilevato che le opposizioni espresse al Concilio, come anche le resistenze al processo di sinodale, mostrano una soglia che separa la Chiesa del secondo periodo a quella del terzo. Questa soglia ha l’aspetto di una rottura e chiede una conversione nella continuità.

Il passaggio alla terza fase, dell’“amore disarmato”, segna il passaggio da una concezione di Dio come l’Uno o l’Essere, a una proposta del divino come amore in eccesso, che lascia uno spazio di possibilità aperto per l’umano. Secondo il teologo benedettino il processo trova i suoi luoghi d’essere in particolare nella liturgia e nella testimonianza. Tra gli elementi di maggiore importanza per il cristianesimo del futuro, vi è secondo la lettura di Theobald, la questione della gratuità. In una società basata sul riconoscimento reciproco attraverso uno scambio, la gratuità evangelica del dono assume un potenziale trasformativo e incisivo.

Giovani teologi/teologhe alla prova

Alla relazione del teologo francese sono seguiti nel pomeriggio gli interventi dei giovani ricercatori. Ognuno di loro ha avuto lo spazio per presentare una riflessione in cui incrociare i propri temi di ricerca con le questioni principali del volume di Lafont. La varietà di provenienza geografica, culturale e di sensibilità intellettuale ha permesso una molteplicità di letture.

Oltre agli studiosi delle facoltà pontificie romane – molti dei quali provenienti da realtà extra europee – hanno partecipato all’evento anche ricercatori provenienti da realtà accademiche del nord Italia e del nord America. Questa pluralità si è riscontrata anche nell’approccio interdisciplinare con cui il testo di Lafont è stato analizzato: gli affondi non sono stati solo dentro l’alveo della teologia cattolica occidentale. La prospettiva teologica è stata in più occasioni affiancata da discipline quali la filosofia, la psicologia, la sociologia e le scienze sociali.

I diversi contributi hanno mostrato una profonda sintonia con la volontà di fondo del testo di Lafont: rendere la teologia uno strumento di riflessione pratica per l’agire della Chiesa. In quest’ottica è possibile evidenziare che sono stati trattati alcuni temi concreti come ad esempio quelli delle pratiche ecclesiali, degli abusi, della teologia del ministero, della questione sinodale e del rapporto tra il Dio-amore e le relazioni umane.

Questa alternanza di sensibilità, luoghi persone e interessi rende vivo e presente il pensiero di padre Lafont, facendo della sua memoria un cammino per il futuro.

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