Maria e l’opera della salvezza

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madonna

Richiamandosi espressamente a decenni di studi e confronti nel Dicastero per la dottrina della fede la nota dottrinale su alcuni titoli mariani riferiti alla cooperazione di Maria alla salvezza (Mater populi fedelis – Madre del popolo fedele) riconosce come improprio quello di corredentrice, da usare prudentemente quello di mediatrice e di madre della grazia, mentre vi è pieno assenso per i titoli madre dei credenti e madre del popolo fedele.

Il testo, pubblicato il 4 novembre e recuperabile sul sito vaticano, si sviluppa in una trentina di pagine e in 80 numeri. Dopo una breve presentazione e introduzione affronta «La cooperazione di Maria nell’opera della salvezza» e i «Titoli che si riferiscono alla cooperazione di Maria alla salvezza». Poi li specifica: corredentrice, madre dei credenti e madre della grazia. L’ultimo capitolo è dedicato alla invocazione «madre del popolo fedele».

L’intento espresso non è di porre limiti, ma di sostenere la devozione mariana del popolo prendendo distanza dalle pretese di nuovi dogmi mariani e dallo schiamazzo delle piattaforme mediatiche (cf. qui su SettimanaNews).

L’intera storia cristiana, fin dai testi della Scrittura, contempla con affetto e ammirazione Maria e le invocazioni e i titoli si sono giustamente moltiplicati. Dal «protovangelo» (Gen 1,15) ai racconti evangelici, dai Padri della Chiesa ai primi concili, dalla liturgia alla iconografia, dalla teologia e al magistero fino al presente la coscienza cristiana ha riconosciuto che la maternità di Maria fa parte del compimento del piano divino che si realizza nella Pasqua del Cristo.

Il documento «vuole mantenere il necessario equilibrio che, all’interno dei misteri cristiani, deve stabilirsi fra l’unica mediazione di Cristo e la cooperazione di Maria all’opera della salvezza, e desidera mostrare anche come questa si esprime in diversi titoli mariani» (n. 3).

Corredentrice

Dopo aver accennato alla storia del titolo che appare per la prima volta nel XV secolo il testo ricorda il consapevole «non uso» del termine al Vaticano II e il giudizio negativo dell’allora card. J. Ratzinger (Benedetto XVI) e di papa Francesco. E conclude: «Considerata la necessità si spiegare il ruolo subordinato di Maria a Cristo nell’opera della redenzione, è sempre inappropriato usare il titolo di “corredentrice” per definire la cooperazione di Maria. Questo titolo rischia di oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo e pertanto può generare confusione e squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana perché “in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti sotto il cielo altro nome dato agli uomini nel quale è stabilito che noi siamo salvati” (At 4,12)» (n. 22).

Mediatrice

È assai più antico ma va usato con prudenza perché la mediazione dei Maria è sempre subordinata all’unica mediazione di Gesù. Meglio usare il termine intercessione o protezione materna. «L’incomparabile grandezza di Maria risiede in ciò che lei ha ricevuto e nella sua disponibilità fiduciosa a lasciarsi ricolmare dallo Spirito. Quando ci sforziamo di attribuirle funzioni attive, parallele a quelle di Cristo, ci allontaniamo da quella bellezza incomparabile che le è propria. L’espressione “mediazione partecipata” può esprimere un senso preciso e prezioso del posto di Maria, ma se non compresa adeguatamente potrebbe facilmente oscurarlo e persino contraddirlo. La mediazione di Cristo, che per certi aspetti può essere “inclusiva” o partecipata, per altri aspetti è esclusiva e incomunicabile» (n. 33).

Madre della grazia

L’ambiguità di questo titolo è legata al fatto che fa trasparire un deposito di grazia separato da quello di Dio, un guadagno proprio, mentre la maternità di Maria è legata all’intercessione e all’aiuto a disporci alla vita di grazia che «solo il Signore può infondere in noi» (n. 46). «Nessuna persona umana, nemmeno gli apostoli o la santissima vergine può agire come dispensatore universale della grazia. Solo Dio può donare la grazia e lo fa per mezzo dell’umanità del Cristo […] (Maria) coopera all’economia della salvezza per una partecipazione derivata e subordinata; pertanto qualsiasi espressione circa la sua “mediazione” di grazia deve intendersi in analogia remota con Cristo e la sua unica mediazione» (n. 53). «Né l’amicizia con Gesù Cristo né l’inabitazione trinitaria possono essere concepite come qualcosa che ci giunge attraverso Maria o i santi. In ogni caso, ciò che possiamo dire è che Maria desidera questo bene per noi e lo chiede insieme a noi» (n. 54).

Madre dei credenti

Ricordando il miracolo di Cana e il titolo di madre sotto la croce (Gv 19,26-27) il testo riconosce che il titolo ha radici evidenti nella Scrittura e nei Padri. «È stato proposto dal magistero e la formulazione del suo contenuto si è sviluppata fino all’esposizione del concilio Vaticano II e all’espressione “maternità spirituale” nell’enciclica Redemptoris Mater. Questa maternità spirituale di Maria scaturisce dalla maternità fisica del Figlio di Dio. Generando fisicamente Cristo, a partire dalla sua libera e credente accettazione di questa missione, la Vergine ha generato nella fede tutti i cristiani che sono membra del corpo mistico di Cristo, vale a dire ha generato il “Cristo totale”, capo e membra» (n. 35).

Madre del popolo fedele

Nel volto di Maria che canta nel Magnificat il mistero dell’incarnazione il popolo di Dio riconosce il mistero della croce e della risurrezione. «Per questo possiamo dire che in qualche modo la fede di Maria, sulla base della testimonianza apostolica della Chiesa, diventa incessantemente la fede del popolo di Dio in cammino» (n. 77). «Come sostenevano i vescovi latinoamericani i poveri incontrano la tenerezza e l’amore di Dio nel volto di Maria. In lei si riflette il messaggio essenziale del Vangelo. Il popolo semplice e povero non separa la madre gloriosa da Maria di Nazaret che incontriamo nei vangeli. Al contrario riconosce la semplicità dietro la gloria e sa che Maria non ha cessato di essere una di loro» (n. 78).

Il documento manifesta non solo una consapevolezza teologica e una cordiale simpatia per la pietà popolare e la pastorale, ma risente di una specifica attenzione alla teologia delle Chiese orientali e alla sensibilità delle Chiese della Riforma.

La sua appartenenza alla tradizione trova conferma anche nel vasto deposito degli apocrifi del Nuovo Testamento. Nel Vangelo di Maria, un testo gnostico del V secolo, si racconta della tristezza degli apostoli e dei discepoli alla dipartita di Gesù.

«Dissero: “Come possiamo andare dai gentili e predicare loro il vangelo del regno del figlio dell’uomo? Là non è mai stato dispensato, dobbiamo dispensarlo proprio noi?”. S’alzò allora Maria, li salutò tutti e disse loro: “Non piangete fratelli, non siate melanconici e neppure indecisi. La sua grazia sarà con voi tutti e vi proteggerà. Lodiamo piuttosto la sua grandezza, avendoci egli preparati e mandati agli uomini”. Così dicendo Maria volse al bene la loro mente ed essi incominciarono ad esercitarsi sulle parole del Salvatore» (L. Moraldi a cura di, Apocrifi del Nuovo Testamento, UTET, Torino 1994, vol. 1, pp. 525-526).

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13 Commenti

  1. Maria Cristina 7 novembre 2025
    • Anima errante 8 novembre 2025
  2. Giuseppina 7 novembre 2025
  3. 68ina felice 7 novembre 2025
  4. Giuseppe 7 novembre 2025
  5. Enrico 6 novembre 2025
  6. Marco 6 novembre 2025
  7. Pietro 6 novembre 2025
  8. Non credente 6 novembre 2025
    • Giuseppina 6 novembre 2025
    • Pietro 6 novembre 2025
    • Enrico 7 novembre 2025
    • Maurizio 12 novembre 2025

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