Al prossimo arcivescovo di Santiago del Cile

di:

cile

Si avvicina la nomina del prossimo arcivescovo di Santiago. Non dovrebbe sorprendere. Don Celestino Aós ha compiuto settantacinque anni, il papa lo ha confermato in carica per altri tre, quindi la sostituzione può avvenire a breve. I media hanno qualche informazione. Il fatto sta già cominciando a fare notizia.

Il ricordo della gloriosa generazione di vescovi del Concilio Vaticano II (1962-1965), quella che ha poi difeso le vittime delle violazioni dei diritti umani durante la dittatura, aiuta solo in parte. Può anche disorientare. La realtà è cambiata, molto, moltissimo. Se qualcuno deve essere vescovo oggi, dovrà esserlo in un modo nuovo. La nostalgia è inutile. Invece è utile che le autorità e i fedeli di questa Chiesa alzino la testa e si chiedano come annunciare Cristo oggi in maniera adeguata, con capacità di incidere.

Cosa troverà il prossimo vescovo?

C’è una questione di maggiore importanza che riguarda allo stesso modo i cileni e le cilene e nessuno sa come si risolverà. Lo dice Carlos Peña nel suo ultimo libro. «C’è una certa rottura tra i più giovani e i più anziani. L’orizzonte vitale e la sensibilità di ciascuno è sempre più distante». E continua: «O, se si preferisce, mai come ora la distinzione tra il mondo proprio dei giovani e quello che loro considerano un mondo estraneo è stata così marcata, al punto che è difficile scorgere la linea di continuità tra i due» (Figli senza padri, Taurus, 2023, 11).

I giovani, a quanto pare, non hanno bisogno di padri, madri, insegnanti o preti. Dipendono dalla loro soggettività. Si autodeterminano continuamente. Stando così le cose, il miglior esempio di questa diagnosi è quanto avviene tra i cattolici e le cattoliche negli ultimi decenni: la trasmissione della fede si è interrotta.

Allora, il nuovo vescovo come potrebbe rilanciare l’evangelizzazione? Cosa bisognerebbe fare per dimostrare che una religione millenaria possa ancora animare società nelle quali le conoscenze aumentano alla stessa velocità con cui esse minano i presupposti culturali che le rendono possibili?

Chissà, forse il nuovo vescovo, come gli altri, dovrebbe provarci con la conversazione. Ai cattolici ed alle cattoliche manca da tempo una parola che orienta. Ma non si tratta del fatto che le autorità ecclesiali parlino loro, ma che conversino. Se la predicazione clericale non aiuta gli anziani, è superflua o li disturba, e i giovani e le giovani la trovano un discorso incomprensibile o simpatico perché anacronistico, allora propongo al nuovo vescovo di fare un esperimento: conversi. Lo faccia sinceramente, come se avesse bisogno di imparare dagli altri.

Non parli tanto per parlare, né tantomeno taccia, partecipi a dialoghi intelligenti, attiri le telecamere, tweetti, sopporti gli sputi, i graffi, si esponga, discuta, spieghi il Vangelo come se non avesse il monopolio della sua interpretazione. Si renda conto che il Cristo di cui sarà ministro non è nella sua bocca più che sulle labbra dei suoi interlocutori. Essi/esse, anche se non sono cristiani/e, possono immaginare che Dio li ama e che crede nelle nuove generazioni come ha creduto nelle vecchie.

Interazione orizzontale

L’evangelista Luca racconta che, dopo la risurrezione, Gesù si avvicinò a una coppia di persone disilluse e chiese loro: «Di cosa state parlando?». I discepoli di Emmaus all’inizio non lo riconobbero. Erano sorpresi che l’intruso non avesse idea dell’assassinio del Nazareno. Gli rimproverarono la sua ignoranza. E, solo dopo un lungo colloquio, discutendo di tali eventi alla luce delle Scritture, si resero conto di chi li aveva accompagnati lungo il cammino.

La cultura emergente è inquietante, ma ha il pregio di ricordarci che ciò che è stato appreso come fondamentale deve essere riformulato. L’espressione culturale del cristianesimo, per essere fedele a Cristo, deve partire dal presupposto che Dio è un mistero del quale nessuno può appropriarsi escludendo gli altri. L’interazione dei cristiani e delle cristiane con questi e tra di loro su un piano orizzontale è oggi decisiva perché un tale Dio si riveli come il Dio che ama proprio coloro che sono emarginati dalle conversazioni durante le quali il paese decide come organizzarsi.

Questo è il mio suggerimento.

Articolo pubblicato il 19 giugno 2023 nel blog dell’Autore nel sito Religión Digital. Jorge Costadoat, gesuita, è stato direttore del Centro Teologico Manuel Larraín (Cile). Ha insegnato Trinità e Cristologia e Teologia latinoamericana per oltre un ventennio presso la Pontificia Universidad Católica di Santiago del Cile. Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto