“Fumo” in Val Padana

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pianura padana

Immaginate di abitare in un appartamento insieme a un fumatore accanito che accende una sigaretta dietro l’altra per tutte le ore in cui è sveglio, e immaginate anche che le finestre di questo appartamento siano tutte spalancate e che, di conseguenza, il fumo continuamente prodotto venga anche continuamente disperso all’esterno. La situazione, benché antipatica, sarebbe tollerabile, ovvero il fumo sarebbe percettibile solo negli immediati paraggi dell’amico fumatore.

Immaginate ora che invece tutte le finestre vengano ermeticamente chiuse, e che il tizio continui a fumare esattamente come prima; nel giro di pochissimo tempo la situazione diventerebbe insopportabile perché il fumo si concentrerebbe a livelli allarmanti in tutto l’appartamento e voi non sapreste come fare a liberarvene, se non andando via da casa.

Il meteo chiude le finestre

L’appartamento immaginario rappresenta la Val Padana in due condizioni estreme, rispettivamente nel primo caso siamo in una situazione di bassa pressione atmosferica, con vento e perturbazioni che abbattono il livello di inquinamento; nel secondo caso invece la pressione atmosferica si mantiene alta, ovvero non si verificano perturbazioni, c’è calma di vento, e la dispersione degli inquinanti è pressoché impossibile. Le condizioni meteorologiche di alta o bassa pressione svolgono quindi il ruolo delle finestre rispettivamente chiuse o aperte.

Ma il fumatore chi è? In realtà naturalmente non c’è un solo fumatore, anzi, per uscire fuor di metafora, dico subito che ci sono diverse categorie di fonti di «fumo» inquinante. Molti pensano subito al traffico stradale, che sicuramente gioca un ruolo molto rilevante, ma questo non è l’unico «fumatore» nella stanza Padana.

Tornando, dunque, nella metafora, possiamo dire che qui al Nord abitiamo in un «appartamento» in cui a «fumare» siamo davvero in tanti, sia in città che in campagna, sia sulle strade urbane che sulle autostrade, dove scorre costantemente un imponente e continuo traffico di camion e di auto.

In tanti a «fumare»

La Val Padana è notoriamente caratterizzata da una altissima densità di attività. Decine di milioni di persone vi abitano, vi lavorano e vi si spostano, su mezzi in stragrande maggioranza dotati di motore a combustione interna.

Durante i mesi più freddi sono accesi milioni di sistemi di riscaldamento quali caldaie a gas, nonché stufe e camini a legna, che emettono imponenti quantità di sostanze inquinanti. Inutile dire, poi, che si tratta dell’area più industrializzata del nostro Paese, in cui si concentrano pure le combustioni industriali.

Inoltre, in particolare durante il mese di febbraio, tipicamente si svolgono nei campi lombardi ed emiliani imponenti operazioni agricole di fertilizzazione dei suoli con le deiezioni degli animali degli allevamenti, in particolare bovini da latte, che sono milioni. Se questo concime organico viene distribuito sui campi con tecniche non adeguate – ad esempio a spruzzo – si liberano nell’aria, di conseguenza, grandi quantità di ammoniaca. Ce ne accorgiamo dall’odore pungente che spesso ci raggiunge dalle campagne, durante e in seguito allo spandimento.

L’ammoniaca, di per sé già poco simpatica da respirare, nell’aria tende a combinarsi chimicamente con altri inquinanti, in particolare con gli ossidi di azoto emessi dai motori e da tutte le combustioni in genere, trasformandosi in nitrato di ammonio, ancor meno simpatico da respirare: un sale che viene rilevato dagli apparati delle agenzie per l’ambiente sotto forma di polveri sottili (PM10) o sottilissime (PM2,5).

Per completare il quadro: ci sono in questa pianura almeno otto grandi aeroporti tra Torino e Rimini, e persino grandi porti commerciali (in condizioni di alta pressione, i fumi emessi da una nave attiva, benché ferma in un porto quale Ravenna, possono propagarsi anche per decine, se non centinaia, di chilometri nell’entroterra).

Linee di soluzione

Volendo eliminare le crisi ambientali che ormai regolarmente si verificano nel nostro complicatissimo territorio padano, bisogna intervenire ovunque e su tutte le fonti di inquinanti attive. La crisi di questi giorni – febbraio 2024 – non è certo la prima e non sarà l’ultima.

Semplifico qui, al massimo, la linea di indirizzo e di soluzione: si deve decisamente puntare a sostituire tutte le combustioni con sistemi ad energia elettrica, in cui non si brucia più nulla.

Il primo approccio – già oggi possibile – riguarda le auto, vista l’ampia disponibilità sul mercato di modelli elettrici a batteria che non emettono alcunché in quanto privi di gas di scarico. È altresì determinante puntare al trasferimento di nuove quote di mobilità sul trasporto pubblico e delle merci sui treni (già a propulsione elettrica) in grado di caricare camion e container. Presto avremo pure Tir elettrici e/o a idrogeno, che già appaiono negli Stati Uniti.

Sarà vitale anche puntare alla sostituzione delle caldaie a gas, delle stufe e dei camini, con sistemi elettrici a pompa di calore alimentati da fotovoltaico, utilizzabili sia per scaldare che per rinfrescare, in combinazione con la coibentazione degli edifici.

Infine, non si può affrontare la questione generale senza prendere di petto lo spandimento dei liquami sui terreni agricoli. Come minimo, si devono adottare macchine che, anziché disperdere nell’aria miliardi e miliardi di molecole le iniettino direttamente nel terreno – come si fa in Olanda da decenni – in maniera da abbattere le emissioni di ammoniaca.

Non si potrà poi che prendere in seria considerazione il numero di capi animali allevati in Pianura Padana, che è decisamente superiore alle possibilità ambientali e alle necessità alimentari italiane. Quasi il 50% dei grandi formaggi prodotti nella nostra Valle – ossia il grana padano e il parmigiano reggiano – sono destinati alle esportazioni e non al consumo interno. Certamente ne beneficia la bilancia commerciale, ma lo smog non si esporta, rimane qui nell’aria e nei nostri polmoni.

Vittorio Marletto è stato responsabile dell’Osservatorio clima dell’Agenzia regionale prevenzione, ambiente ed energia (ARPAE) dell’Emilia-Romagna. Fisico di formazione, si è occupato, oltre che di climatologia, di applicazioni della meteorologia in agricoltura. Scrive per noi in qualità di membro del gruppo scientifico «Energia per l’Italia» (cf. sito ufficiale).

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5 Commenti

  1. Laura 28 febbraio 2024
    • Vittorio Marletto 6 marzo 2024
      • Laura 17 marzo 2024
  2. Marcello 26 febbraio 2024
    • Vittorio Marletto 27 febbraio 2024

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