Facile sostenere che la Chiesa non viva una crisi di autorità e che non siano necessari cambiamenti importanti. Lo scandalo degli abusi sui minori da parte di persone in posizione di responsabilità nella Chiesa (office holders), sia abusatori sia complici, dice il contrario.
Già grave di per sé, tale scandalo punta però a qualcosa di più profondo – ovvero al fatto che vi sono problemi di fondo nella struttura ecclesiastica, nel suo governo e nelle persone che lo esercitano. Un gruppo di ricercatori del Centre for Catholic Studies della Durham University (Inghilterra) ha gettato luce in questa zona oscura pubblicando un Rapporto nel quale ci si domanda, con sofferenza e con rabbia, come un’istituzione sia potuta cadere così in basso e abbia potuto fallire nella protezione di molti dei suoi membri più vulnerabili.
Questo doloroso esame di coscienza, intitolato «The cross of the moment», è firmato da tre ricercatori accademici, uno dei quali – il prof. Pat Jones – ne ha sintetizzato i risultati su The Tablet (2 maggio 2024, pp. 6-8). Il Rapporto risulta ancora più importante dal momento che il programma di riforma avviato da papa Francesco raggiunge proprio ora uno dei suoi momenti decisivi con l’assemblea sinodale del prossimo autunno a Roma.
Siamo consapevoli che tale evento non risolverà le questioni fondamentali. Anche il Rapporto di Durham pone domande alle quali si può rispondere soltanto sollevandone una più profonda: l’idea di un governo gerarchico della Chiesa è compatibile con il vangelo? Può una Chiesa siffatta essere divenuta una «struttura di peccato»?
Il Rapporto cita la teologa morale irlandese Enda McDonagh: «Il pericolo costante è che la retorica del servizio sostituisca la dura realtà del servire. È molto difficile per i laici riconoscere nei privilegi e nelle prassi di preti, vescovi e papi la loro proclamata condizione di servitori». È la cultura del clericalismo, ideologia invisibile a coloro che la stessa cultura tiene in ostaggio.
Ma fin dove si può arrivare? Non c’è, dietro al clericalismo, una cultura più nascosta e perniciosa che il Rapporto chiama «gerarchismo» (hyerarchicalism), e definisce «l’esclusiva cultura del potere dell’episcopato»? Si domandano gli autori: «È possibile accantonare la prospettiva secondo la quale il vescovo deve sempre avere le risposte, deve sempre occupare il centro e sedere sempre a capo tavola?». Nel vangelo di Matteo Gesù dice ai suoi discepoli: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20,25-26).
La gerarchia è un fenomeno largamente diffuso in ogni società umana: nell’esercito, nelle professioni, nelle aziende, in politica. Sarà forse inevitabile; ma vi sono molte tentazioni che potrebbero essere nocive, o addirittura pericolose. La società civile tenta di proteggersi da tali innate tentazioni del gerarchismo attraverso strutture di controllo e di bilanciamento (checks and balances) – elezioni democratiche e libertà di stampa; istanze dove portare reclamo; risarcimenti legalmente previsti per i danni procurati; e altre istanze ancora.
La Chiesa cattolica, nonostante la sua struttura gerarchica divinamente ordinata, non ha praticamente nessuna di queste istanze di garanzia. Al contrario, promuove inconsciamente una cultura di deferenza acritica e di obbedienza. Titoli come «sua eminenza» o «sua eccellenza» designano lo status di coloro che li portano e li collocano, volenti o nolenti, in una posizione precisa dentro un sistema gerarchico che è nella sua essenza feudale.
È così sorprendente che possa sbagliare in modo tanto grave?
- Editoriale del settimanale cattolico The Tablet, 2 maggio 2024 («Exposing the roots of abuse». The Durham University Report)
Non c’è il Rapporto in italiano? Grazie
Il punto è che nella Chiesa c’è come un tentativo di rimuovere o peggio non vedere un problema che esiste. Questo problema è dato dal rapporto talvolta negativo tra istituzione e persona (https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2020/10/cattolicesimo-borghese3.html), come ormai le scienze umane – sociologia e psicologia in primis – affermano. Se un’istituzione è malata, finirà per ammalare anche i sani che in quell’istituzione vi operano. Ecco perché la riforma della Chiesa deve essere davvero radicale. Non basta mettere le toppe a un vestito ormai logoro!!
Certamente nella Chiesa il papa comanda e fa quel che gli pare e piace.
Come diceva il Belli:
“Se svaria, se scrapiccia, se scapestra,
E ttiè Rroma pe’ ccammera-locanna.”
Può anche cambiare le leggi durante un processo, derogare all’ordinaria irretroattività delle norme, rimuovere e nominare vescovi senza alcun criterio, spedirti in capo al mondo se non gli piace quel che dici ecc.
Se ti capita il papa sbagliato, insomma, sei fritto.
Allora forse è vero che occorre porre dei limiti del tipo:
– non puoi cambiare le norme stabilite dal tuo predecessore mentre è ancora vivo;
– non puoi scacciare un vescovo dalla sua diocesi senza almeno dirgli perché;
– non puoi dire che occorre parlare chiaro e poi punire chi lo fa;
– non puoi dire una cosa e fare esattamente il contrario.
Ma come si fa a costringere un papa?
Si può dividere il governo dall’insegnamento?
Si può togliere il maneggio del denaro e conservare il potere spirituale?
Non credo si possa.
Se si toglie al papa l’assoluto potere in merito a disciplina e governo lo si limita nella sua libertà.
Un papa non libero però non è papa.
Allora fa bene l’attuale pontefice a insistere sul solo titolo di vescovo di Roma.
Dobbiamo però chiederci: la chiesa cattolica senza papa è ancora tale?
I cattolici senza gerarchia sono ancora cattolici?
Esistono già numerosissime denominazioni protestanti non gerarchiche, prive anche del sacerdozio, che bisogno c’è di farne un’altra?
Sarebbe soltanto una brutta copia di fenomeni già visti ormai da alcuni secoli e che si trovano ad affrontare i tempi attuali con risultati ancora peggiori dei nostri.
Il problema della autorevolezza e della coerenza di un potere assoluto che pero’ non può essere dispotico e umorale , come quello di un dittatore sudamericano, si e’ visto per la prima volta col papato attuale , mai si era visto in precedenza: non ci sono precedenti e quindi in Vaticano non sanno che fare. Nessuno aveva previsto un papa pasticcione e capriccioso, che fa e che disfa, che si contraddice, che introduce in Vaticano personaggi equivoci, come la Chaoqui, e poi non sa che fare.
Ma vi svegliate solo oggi?
Vi siete dimenticati Pio IX e il suo ‘la Tradizione sono io!’ Gli innumerevoli casi di papi che prendono decisioni contrarie al parere delle commissioni di teologi che li consigliavano?
Con Papa Francesco tutti questi problemi sono diventati evidenti perché è il primo pontefice dell’era social , ma non sono nati con lui
Non condivido quello che dice. Probabilmente è vero, questo papa è differente dagli altri per le sue qualità comunicative nei confronti, soprattutto, del popolo, Quando si comunica molto con un approccio informale, empatico, si può talvolta esuberare. Personalmente preferisco questa modalità molto umana e spontanea ad altre ragionate a tavolino. Grandi contraddizioni non le vedo; mi sono sempre parse più evidenti sul soglio di Pietro le perplessità ancora storicamente non fugate della complicità di Pio XII col regime fascista, piuttosto che la vita senza risparmio di lussi di GPII, le vacanze sulla neve in Valgardena ne sono esempio, la ricercatezza estetica di Benedetto XVI. Come la mettiamo riguardo la coerenza evengelica di questi papi; la mandamo in cavalleria e ci occupiamo solo del pasticcione?
Tutto giusto. Ma preciserei un fatto: la struttura gerarchica della chiesa non è “divinamente ordinata”. Come pure affermato nell’articolo, Gesù ha prescritto in realtà ai suoi discepoli divieto assoluto di gerarchie (Mt 20,25-26; ma si potrebbero aggiungere molti altri passi: la lavanda dei piedi; Pietro non chiave di volta ma fondamento, quindi rovesciamento anche qui di logiche di potere e di dominio nella comunità, etc. etc.).
La struttura gerarchica della chiesa – non basata su rapporti di fraternità, ma di autorità piramidale – si è formata grosso modo nei primi quattro-cinque secoli, con sviluppi successivi ovviamente. Gli studi storici in proposito sono numerosi.
Alcuni esponenti del Concilio Vaticano II, consapevoli del problema storico di lungo/lunghissimo periodo e della contraddizione col vangelo, hanno cercato di porvi rimedio. Ma è stato inutile: se non si riformano il diritto canonico e altri aspetti nella Chiesa, i problemi restano immutati.