Monaco-abusi: non solo Ratzinger

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Poco meno di 1900 pagine raccolte in più volumi, questa la mole del Rapporto presentato ieri a Monaco sugli abusi sessuali e la loro gestione all’interno della diocesi bavarese (redatto dallo studio legale WSW su incarico della Chiesa locale). Grande l’attesa mediatica, perché di quella diocesi, nel periodo considerato dal Report che va dal 1945 al 2019, fu a capo anche Joseph Ratzinger. Al papa emerito vengono ascritti quattro casi di comportamento erroneo.

Da parte sua, Benedetto XVI aveva risposto alle domande dello studio legale incaricato dell’indagine con un voluminoso scritto di 92 pagine che, con suo consenso, è stato reso pubblico insieme al Rapporto stesso. Almeno in un caso, tra la memoria difensiva di Ratzinger e gli atti disponibili risulta una incongruenza marcata.

Al di là dei comportamenti erronei dei vescovi che si sono alternati alla guida della diocesi di Monaco negli oltre 70 anni presi in considerazione dal Rapporto, emerge la dimensione sistemica di una struttura ecclesiale colpevolmente inadeguata a far fronte debitamente alle violenze subite dalle persone per mano di chierici o personale laico.

Ma emerge anche un maligno clericalismo: mentre nei confronti di laici si procedeva a prendere misure adeguate, sia sul piano amministrativo che su quello del rapporto di lavoro con la diocesi, i chierici venivano costantemente protetti in nome della salvaguardia del buon nome dell’istituzione e in forza di uno spirito di corpo clericale immune alla determinazione della verità dei fatti.

Come ha detto l’ex vicario generale di Monaco Beer, il Rapporto è un’istantanea drammatica di come stanno le cose. Solo a partire dal 2010 si nota una certa presa di consapevolezza della necessaria attenzione ai sopravvissuti e al loro racconto. Molto del materiale di archivio necessario a una ricostruzione dei fatti è stato distrutto, con la chiara intenzione di nascondere quanto avveniva non solo nel momento, ma anche per ogni memoria futura.

Ci vorrà tempo per leggere il testo del Rapporto, individuare le conseguenze implicite in esso, trovare le procedure necessarie affinché la verità possa venire alla luce anche nel sistema della Chiesa cattolica. E valutare quale peso dare alle indicazioni presentate dallo studio legale alla fine del Rapporto. La prima reazione del card. Marx, vescovo della diocesi bavarese, è stata quella di chiedere scusa alle vittime per tutto quello che hanno patito per mano della Chiesa locale. Nel frattempo, la diocesi ha convocato una conferenza stampa per giovedì della prossima settimana.

Un aspetto toccato dai rappresentanti dello studio legale a cui è stato affidato il Rapporto valutativo è che, in caso di abusi sessuali nella Chiesa, non è più sufficiente solo un lavoro sugli atti personali e la documentazione di archivio: il coinvolgimento dei sopravvissuti è imprescindibile per la ricostruzione dei fatti e la determinazione della verità delle cose.

La sintesi più adeguata la si può forse trovare nelle parole di una dei tre titolari dello studio legale al quale è stato dato incarico di svolgere le indagini e di redigere il rapporto finale: in occasione della confessione per la prima comunione, ai bambini si chiede un esame di coscienza, pentimento sincero e conversione – non di meno si deve chiedere alla Chiesa come sistema e come istituzione. La Chiesa che esce dal Rapporto di Monaco è una Chiesa che non può accedere alla comunione sacramentale.

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14 Commenti

  1. Marco Ansalone 25 gennaio 2022
    • Fabio Cittadini 25 gennaio 2022
      • Marco Ansalone 25 gennaio 2022
        • Fabio Cittadini 26 gennaio 2022
  2. Fabio Cittadini 23 gennaio 2022
    • Marcello Neri 23 gennaio 2022
      • Fabio Cittadini 23 gennaio 2022
  3. Tobia 22 gennaio 2022
  4. Lorenzo M. 21 gennaio 2022
  5. Marco Ansalone 21 gennaio 2022
  6. carmelina chiacchiaretta 21 gennaio 2022
  7. Christian 21 gennaio 2022
    • Mariaclotilde Rossi 24 gennaio 2022
      • Christian 25 gennaio 2022

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