Polonia: gli abusi al tempo del comunismo

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Mons. Wojciech Polak, arcivescovo di Gniezno, primate di Polonia

Il quotidiano Rzeczpospolitej ha pubblicato il 18 maggio una corposa indagine giornalistica fatta sugli archivi statali della polizia segreta e dell’ufficio per gli affari religiosi durante gli anni del comunismo (1944-1989).

Sono stati censiti 121 episodi di abusi sessuali su minori da parte del personale ecclesiastico. Gli abusanti sono 117 preti e due laici. Di questi casi 72 si sono conclusi con condanne varie, 24 sono stati interrotti per ragioni varie, 11 sono stati archiviati o conclusi con l’assoluzione. Di 14 non si conosce la conclusione.

Il numero delle vittime è stimato sulle 520 persone. Combinando la ricerca con i dati forniti dall’episcopato prima del 1990, si arriva alla stima di 1.100 vittime. Tutti i numeri sono considerati provvisori e largamente inferiori a quelli reali.

Le scuse del primate

La ricerca si è giovata di collaborazioni in alcune diocesi, della consultazione dei settimanali cattolici, senza poter attingere a testimonianze dirette. I predatori hanno collocazioni molto diverse: predicatori, traduttori, insegnanti, biblisti, musicisti, attivi nella pastorale dei santuari, parroci o cappellani.

La giustizia del popolo e gli archivi comunisti giustificano sospetti e diffidenze. Diversi degli “attori” venivano percepiti come vittime del sistema ispirato alla menzogna. La legittima diffidenza ecclesiale li seguiva con un pregiudizio positivo, a meno che il caso fosse già noto e le denunce interne fossero già arrivate. La pressione sociale sulle vittime era molto alta. Non raramente le denunce venivano ritirate. Ma, nell’insieme, oggi i dati risultano credibili.

Il primate di Polonia, Wojciech Polak, arcivescovo di Gniezno e delegato episcopale per la protezione dei minori, ha commentato con rispetto i risultati. Dopo una sincera e cordiale memoria delle vittime scrive:

«È imbarazzante che, per decenni, non abbiamo riconosciuto le ferite e la loro sofferenza. Ancora una volta voglio scusarmi. Siamo stati spesso ingenui anche nel trattare gli autori di questi crimini. È scioccante quanto spesso il benessere dei bambini sia stato ignorato dai servizi dello stato totalitario e le loro ferite siano servite per stimolare i colpevoli a collaborare con i servizi di polizia».

Oggi l’atteggiamento è cambiato. E ancora mons. Polak a confermarlo: «Siamo alla ricerca delle vittime ed è in corso nelle parrocchie una campagna informativa per accogliere e sostenere quanti sono stati offesi nel loro intimo dal clero e dai consacrati». Vi è anche un riconoscimento del lavoro di indagine dei giornalisti.

Come sarà la commissione?

Mons. Polak assicura la volontà della Chiesa di ulteriori indagini archivistiche da parte di una «commissione indipendente di specialisti col compito di chiarire i problemi relativi a reati commessi da alcuni ecclesiastici contro i minori nel passato». I nomi dei tecnici saranno presentati all’assemblea plenaria dell’episcopato prevista per il prossimo giugno. «Come Chiesa ne abbiamo bisogno per ricostruire la fiducia e la credibilità necessarie per la nostra missione».

Sulla nascente commissione (cf. qui su Settimana News), l’interesse dei media riguarda non solo i nomi e il loro grado di indipendenza, ma soprattutto l’ampiezza del loro compito. Se cioè potranno ascoltare le vittime e avere pieno appoggio delle istituzioni.

Vi sono state anche numerose reazioni negative ispirate dal timore di un attacco alla Chiesa e alle memorie di papa Giovanni Paolo II e del cardinale Wyszyński.

P. Tadeusz Isakowicz-Zaleski si è chiesto perché nessuno nella Chiesa avesse già cominciato a studiare le carte degli archivi, perché vi siano ancora molte reazioni indignate e perché non si accetti di indagare anche su coloro che hanno contribuito a oscurare e a rimuovere la questione degli abusi degli ecclesiastici.

Scorrendo il lungo elenco dei nomi degli abusanti, sorprende la modestia delle condanne penali e delle censure ecclesiastiche, il facile ritiro delle denunce, il condizionamento delle famiglie a favore del clero, il passaggio degli indagati a collaborazionisti con la polizia e l’altrettanto agevole rientro nella pastorale.

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