L’angelo della risurrezione

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L'Angelo bianco

L’Angelo bianco. Affresco nel Monastero di Mileševa (Serbia)

Nei racconti della passione e della risurrezione vi sono molti personaggi che fanno corona al racconto dei Vangeli su Gesù. Fra questi, la figura dell’angelo. Difficilmente entra nella riflessione teologica e nell’omiletica, ma rimane un riferimento non rimuovibile della narrazione. E la sua figura riemerge, in forme impreviste, anche nella cultura e nella comunicazione mediale, nell’arte, nella psicologia, nella fiction, ma anche nel fondamentalismo religioso.

Sono otto i testi in cui Vangeli e Atti citano la figura dell’angelo o degli angeli per i decisivi giorni finali di Gesù. Nel momento dell’arresto Matteo mette in bocca al Gesù il richiamo a «più di dodici legioni di angeli» (26,53) fra i possibili (e non richiesti) difensori. Luca racconta l’angelo che conforta il Signore nell’orto degli ulivi (22,43), per poi ricordare «due uomini… in abito sfolgorante» alle donne che si recano al sepolcro (24,4) e la memoria della «visione di angeli» da esse testimoniata nelle parole dei discepoli di Emmaus (24,23). Marco parla della tomba vuota e di un «giovane, seduto sulla destra, vestito di una veste bianca» (16,5) e Matteo cita l’angelo che «rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa» (28,2). Di «due angeli in bianche vesti» (20,12) riferisce Giovanni nell’apparizione a Maria di Magdala. Negli Atti «due uomini in bianche vesti» (1,10) spiegano ai discepoli l’ascesa al cielo di Gesù e il suo futuro ritorno.

Nei Vangeli e nella Scrittura

Vi sono nei vangeli altri due momenti in cui gli angeli hanno un ruolo rilevante: nei racconti della nascita (dall’annunciazione alla notte di Natale) e quando si parla del ruolo di giudice che Gesù riveste nei testi che riguardano la parusia (Mt 16,27 e paralleli). Più altri passaggi, come le tentazioni nel deserto (Mc 1,13) o la visione degli angeli che salgono e scendono sul Figlio dell’uomo (Gv 1,51).

Il senso sostanziale dell’angelo nella Scrittura è quello del prendersi cura e del trasmettere il messaggio di Dio. E lo fa in tre figure. Come angelo epifanico o teofanico manifesta Dio e la sua presenza efficace. Come angelo rappresentante adora Dio, intercedendo a favore dell’uomo. Come angelo interprete annuncia e spiega l’azione di Dio. Nella storia di Israele l’angelo appare solo dopo l’affermazione dell’assoluta unicità di Dio e ne rappresenta plasticamente la potenza trascendente. È per affermare la sua sovranità che la corte celeste viene arricchita di esseri che lo servono e lo adorano. L’angelo e gli altri esseri spirituali delle narrazioni bibliche sono a salvaguardia della trascendenza divina. È, in particolare, il periodo postesilico che testimonia l’arricchimento dell’angelologia biblica a contatto con le altre culture e religioni, senza cedimenti a infiltrazioni idolatriche. Il libro di Daniele segna un passa decisivo nella diversificazione degli esseri celesti.

L’incontro con la tradizione culturale e religiosa greca del Nuovo Testamento incrocia Aristotele («Sopra il cielo vi sono esseri non soggetti ad alterazioni o passioni, che conducono vita ottima ed eterna») e, successivamente, Plotino, Porfirio, Giambico ecc. L’angelo è attraversato solo tangenzialmente dalla tradizione patristica che gli riconosce una qualche forma di corporeità sottile e la sua anteriorità rispetto al mondo umano (Origene, Agostino). La scolastica ne fa invece un elemento di riflessione diretta, sia in ordine alla natura dell’angelo (puri spiriti che possono agire sulla materia, ma la materia non è parte costitutiva della loro natura), sia in ordine alla conoscenza (non acquisiscono la conoscenza che è loro data secondo le perfezioni di ciascuno), sia in ordine alla libertà. A parte il momento degli angeli ribelli (demoni), l’angelo ama di un amore non libero e necessario la felicità, se stesso e Dio, autore della sua natura. Il suo potere si può esprimere su ogni corpo sia direttamente che indirettamente, sempre rispettando la libertà dell’uomo.

Teologi e Catechismo

La teologia contemporanea sembra disposta a ricondurlo a una dimensione prevalentemente simbolica e a trattarlo come elemento secondario rispetto all’agire specifico di Dio (cf. P. Sequeri, «Luoghi dell’Angelo, fra teologia e cultura», in Teologia 35(2010) 161-183). Incrociando, tuttavia, una singolare resistenza testimoniata dal ritorno del religioso che denuncia la non sovrapposizione fra i processi di modernizzazione sociale e quelli dell’assimilazione personale. In altri termini, i riferimenti etici e spirituali dei singoli non seguono la stessa linea della secolarizzazione e manifestano una reazione ad un tecnicismo nichilistico pervasivo. Ne nascono variabili assai diverse (new age), interessanti per quanto indicano, ma non per quanto affermano, ostaggi come sono dell’ideologia della realizzazione di sé.

È stato K. Rahner a riprendere il tema riconoscendo nell’angelo un complemento della natura umana nella storia della salvezza. Esso ricapitola il senso della creazione, rispecchia ed esalta la forma personale del rapporto con Dio, si iscrive all’interno del singolare rapporto di intimità con Dio che Gesù ha vissuto e testimoniato. «Cristo va dunque considerato “capo” dell’angelo, il quale si iscrive originariamente nel regine della grazia» (Sequeri). L’angelo resiste per noi e con noi alle potenze mondane che insidiano l’alleanza con Dio nel Figlio. La liturgia ci insegna il ruolo dell’angelo nell’adorazione e nella dedizione esattamente quando esso scompare a favore della celebrazione ecclesiale dei misteri: «creatura-spirituale dell’adorazione e ministro-messaggio della cura di Dio».

Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma: «L’esistenza degli esseri spirituali incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l’unanimità della tradizione» (328). «Gli angeli circondano Cristo, loro Signore. Lo servono soprattutto nel compimento della sua missione di salvezza per tutti gli uomini. La Chiesa venera gli angeli che l’aiutano nel suo pellegrinaggio terreno, e che proteggono ogni essere umano. Dio ha voluto la diversità delle sue creature e la loro bontà propria, la loro interdipendenza, il loro ordine. Ha destinato tutte le creature materiali al bene del genere umano. L’uomo, e attraverso lui l’intera creazione, sono destinati alla gloria di Dio» (351-353).

Angeli e affezione di Dio

L’angelo partecipa della missione di Cristo, quella di inscrivere l’umano nell’intimità di Dio, testimoniando il carattere non immaginario di uno spirito-persona obbediente alle missioni di Dio. Ha quindi un rapporto particolare con l’amore agapico di Dio e ne mostra la sensibilità. «Restituire dignità ontologica e spirituale all’affezione, non rassegnandosi al sequestro di questo tratto fondante e strutturante della qualità personale dentro la sfera della materialità e corporeità della pulsione, appare in molti modi necessario» (Sequeri). Contro la deriva narcisistica e prometeica, l’angelo attesta una dimensione alta dell’affettivo, rispettando l’abissale profondità dello Spirito di Dio.

La tradizionale devozione all’angelo custode che «protegge ogni essere umano» si inserisce in questo ricco filone spirituale. Come segnali del riemergere della figura dell’angelo si può indicare un versante filosofico di rilievo come L’Angelo necessario di M. Cacciari (Milano 2008), dove la figura angelica segnala la possibilità dell’uomo di corrispondere all’invisibile in quanto tale.

Dal punto di vista mediale si può citare il caso del giornalista francese P. Jovanovic che nel suo volume Enquête sur l’existence des anges gardien (uscito nel 1995 e continuamente ristampato, fino al 2015) raccoglie con l’acribia del lavoro d’inchiesta tutte le tracce sulla presenza degli angeli custodi a partire dal suo «caso». Considerata la diffusione delle armi negli Stati Uniti, una pallottola vagante lo avrebbe colpito durante un viaggio di lavoro su una strada della Silicon Valley se, d’improvviso, una presenza non lo avesse a forza spostato sulla sinitra salvandogli la vita. Da qui si snoda un lungo racconto delle esperienze similari e, in particolare, dei racconti sugli angeli di quanti «tornano dalla morte», dopo un trauma o una malattia consumanti. Nella seconda parte del volume si passano in rassegna i fenomeni mistici che hanno incrociato gli angeli: da Caterina Emmerich a Maddalena de’ Pazzi, da Teresa Neumann a Gemma Galgani, da Vassula Ryden a Ildegarda di Bingen. Accostamenti discutibili e annotazioni non sempre convincenti non cancellano l’impressione di una non comprimibile bolla di domanda spirituale.

Bentornato

A conferma della qualità con cui la devozione all’angelo custodisce la dimensione affettiva della fede e del rapporto con Dio, cito un passaggio di p. P. Cabra, una delle figure più care alla vita consacrata del post-concilio che, in breve scritto su Testimoni (3/2016 p. 4) racconta del suo legame con l’angelo custode nell’infanzia. «Poi giunse la demitizzazione, in nome della quale gli studiosi invitavano ad archiviare come mitologia il mondo degli angeli e dei demoni, spiegati come un prestito dalle culture pre-bibliche. Con la conseguenza che, con una rapidità sorprendente, la dimenticanza degli angeli e dei demoni, sembrò rafforzare l’azione di questi ultimi, permettendo loro di dispiegare il loro potere di seduzione, capace di indurre un numero crescenti di uomini e donne a sottrarsi dalla tutela della tradizione cristiana per diventare norma a se stessi». Quand’ecco «un fruscio di ali amiche: “sono il tuo amico, il tuo angelo custode… Sono l’angelo della luce per illuminare ciò che è oscuro, per ricordare che la luce del giorno matura nella notte… La tua pace sarà la mia gioia”. Che giornata splendida, l’averti ritrovato, fedele e luminoso amico».

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Un commento

  1. Giorgia Gariboldi 30 marzo 2016

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