Paolo Prodi: una paternità amica

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Nel momento del non facile congedo diventi consapevole di un lascito che, sorprendentemente, ti accompagnava, benevolo ed esigente al tempo stesso, da tempo. Già da quando gli incontri, lo scambio di idee, le telefonate e le visite ogni tanto fugaci erano appuntamenti che si facevano attendere nella quotidianità dei giorni. La bellezza di qualcosa di abituale, che gustavi e portavi con te per lungo tempo, senza quasi accorgerti del tesoro prezioso che, ogni volta di nuovo, veniva consegnato alle tue mani; mettendo alla prova, sempre con delicatezza, la vivacità della tua intelligenza, la profondità del pensiero, la liberalità della mente davanti all’intrigo della nostra contemporaneità. Incontrare Paolo era per noi come attingere a una riserva sempre vigilante sulle vicende dell’umano che la storia non cessa mai di generare in forme cangianti. Molto ci è stato dato, nella semplicità affettuosa di una paternità amica; e sempre ci è stato lasciato uno spazio arioso per i nostri personalissimi cammini.

L’intelligenza sapiente del tempo

Non desiderava la ripetizione del suo pensiero, surrettizia conformità a cui non si è mai piegato; ma si rallegrava quando esso poteva generare itinerari e sguardi capaci di mostrare la loro originalità. E così, mentre imparavamo, ci ritrovavamo riconosciuti e apprezzati dalla sua parola, dai rilanci che invitavano a spingerci un passo più avanti. Ben sapendo che avremmo sempre potuto fare affidamento su di lui: protetti e accompagnati, anche quando ci sembrava di esserci un po’ persi rispetto ai percorsi più convenzionali. Custoditi proprio quando andavamo battendo sentieri inattesi e apparentemente senza approdo sicuro. È così che abbiamo appreso la sapienza inscritta in queste divagazioni, traendo da esse l’intelligenza per leggere, oltre le evidenze più superficiali, le vicende del nostro tempo.

E, mentre ci consegnava le chiavi per comprendere la storia, sentivi la sana inquietudine di un pensiero mai pago, sempre all’erta nel cogliere le molte criticità della nostra stagione. Che non si generano come d’incanto, ma si radicano in lunghi processi di cui devi seguire le tracce per cogliere gli snodi da cui sono nate, per essere poi plasmate secondo precise linee di sviluppo. Il contemporaneo è un approdo, non deterministico, segnato da cesure, dialettiche, scelte, che lo hanno sospinto a essere quello che è. Farsi trasportare in queste parabole dell’umano e delle sue istituzioni era, ogni volta, un viaggio affascinante: condotti da un uomo che aveva messo mano all’aratro senza alcun nostalgico volgersi indietro, ma sempre ben consapevole dell’arco lungo del solco che andava incidendo nel terreno dell’umanità che ci è comune.

Sensibilità per l’umano

Rimanendo sorpresi, ogni volta di nuovo, nel vedere come questo lavoro certosino sull’archivio, sul documento, avesse potuto generare una così fine sensibilità per l’umano, per le fragilità a cui sono appese le scelte che decideranno se saremo all’altezza di una creativa custodia dell’umanesimo europeo. Ritrovandoci così coinvolti in un’impresa che ci sembrava essere più grande di noi, nella consapevolezza che le nostre storie sono fatte di un’altra pasta rispetto a quella che ha forgiato la sua vita, le sue scelte, le sue passioni. Ma sempre rasserenati dal sapere di poter ricorrere a Paolo nei nostri molti tentennamenti.

Da questa ultima sicurezza dobbiamo oggi prendere congedo, oltre che dal calore delle molte attenzioni con cui lui e Dede ci hanno sempre benevolmente circondato. Eppure, proprio nello spaesamento e nel dolore del momento, sappiamo bene che il lascito che ci accompagnava da tempo serviva proprio per attrezzarci a questo passo da fare senza di lui. Se ne saremo all’altezza, sappiamo già da ora che gli concederemo un’occasione senza fine per quell’ironia con cui ha sempre guardato se stesso. Dare prova di noi nel tempo della sua mancanza gli permetterà, di dire con il sorriso ilare della sua voce, «vedete che alla fin fine non c’è bisogno di me…» –  come del servo inutile di evangelica memoria, che ben sapeva del potere ma non si è mai lasciato ammaliare da esso.

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