Westworld. Siamo ciò che ricordiamo

di:

L’alba della coscienza artificiale,
il futuro del peccato

Westworld è una serie televisiva statunitense ideata dallo sceneggiatore e regista Jonathan Nolan e da Lisa Joy, prodotta da J.J. Abrams per il network HBO. È basata sul film omonimo del 1973 diretto da Michael Crichton.

Si tratta di uno dei progetti televisivi più attesi degli ultimi anni, annunciato a partire dal 2014 come «un’oscura odissea sull’alba della coscienza artificiale e sul futuro del peccato». Il primo trailer ufficiale è stato presentato al Comic-con di San Diego del 2015. La serie ha poi debuttato negli Stati Uniti il 2 ottobre 2016 su HBO; in Italia viene trasmessa contemporaneamente sul canale Sky Atlantic.

Anthony Hopkins, serie TV Westworld, Nolan

Anthony Hopkins nei panni del Dr. Robert Ford

Un tema classico rivisitato

Westworld è un parco divertimenti futuristico a tema western popolato da androidi sintetici chiamati host (ospiti), il cui scopo è quello di soddisfare le fantasie dei cosiddetti newcomers (visitatori), ricchi clienti in carne e ossa che pagano ingenti somme di denaro per godere delle attrazioni offerte dal parco. All’interno di Westworld ai visitatori è concesso di fare tutto quanto desiderano, senza conseguenze: dall’intraprendere innocue passeggiate nelle atmosfere del vecchio West fino a perpetrare violenze o ingaggiare sparatorie contro gli host. Questi ultimi, come nei migliori romanzi di Philip K. Dick, non hanno coscienza di essere organismi artificiali: seguono un copione (scritto dai loro creatori umani) che non cambia mai e che si ripete identico ogni giorno. Alla fine di ogni narrazione, infatti, la memoria degli host viene cancellata e tutto ricomincia da capo.

Nel tentativo ossessivo di rendere gli androidi sempre più realistici, il dottor Robert Ford (Anthony Hopkins), direttore creativo del parco, aggiorna le sue creazioni con delle reveries, delle piccole porzioni di memoria che restano segnate dalle esperienze passate, al fine di avvicinare il comportamento degli host a quello degli umani. Dopo l’aggiornamento, però, diversi degli androidi cominciano a comportarsi in modo anomalo, mettendo in dubbio la realtà in cui si trovano.

A un primo sguardo Nolan sembra affrontare un tema fantascientifico classico: lo sviluppo della coscienza da parte di un’intelligenza artificiale. Egli segue in effetti questa pista; ma la presenta qui in modo inedito e ambizioso. Nella serie, infatti, l’autocoscienza sviluppata dalle macchine è legata alla loro capacità di entrare in possesso dei propri ricordi. È la memoria del proprio passato, delle «vite» precedentemente vissute nel parco, che consente ai robot di porsi domande circa la loro unicità. Servendosi di un tema collaudato, Nolan sembra piuttosto interrogarsi – mettendo in scena uno show nello show – sul rapporto tra realtà e finzione, un tema da lui già affrontato in progetti come Person of interest, serie TV di successo della CBS, e Inception, film del 2010 diretto dal fratello Christopher.

Una scena della serie TV Westworld

Ed Harris ed Evan Rachel Wood in una scena di Westworld

Duplice consapevolezza

Westworld abbonda, inoltre, di riferimenti a temi mitici e teologici. Il futuro prossimo descritto dalla serie è un mondo in cui l’uomo si è sciolto dai lacci dell’evoluzione e la tecnologia ha quasi permesso all’umanità di resuscitare i propri morti. Come dirà lo stesso Dr. Ford, l’uomo è arrivato alla fine della propria storia e non gli rimane che essere giudicato dalle proprie creazioni. Westworld riprende così dalla mitologia greca la dialettica tragica creatore-creatura, unendola però alla questione teologica del peccato elaborata all’interno della tradizione cristiana.

Con il suo show Nolan offre la possibilità di immedesimarsi tanto negli esseri sintetici, bloccati in un tempo che si ripete sempre uguale, quanto nei loro padroni umani, abitanti di un mondo in cui tutto è stato apparentemente risolto, ma che favorisce il riemergere degli istinti più bassi. In definitiva, giocando sul rapporto tra realtà e finzione, la serie suscita nello spettatore una duplice consapevolezza: da un lato, quella di trovarsi in un modo che non gli appartiene mai completamente; e, dall’altro, fa emergere l’esigenza umana – originaria e inestinguibile – di doversi riferire a un’origine e a un compimento finale.

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