Treviso. Una Chiesa in uscita

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Frutto del cammino sinodale che la diocesi ha vissuto nel 2017 è uscita la lettera pastorale Per una Chiesa in cammino del vescovo di Treviso Gianfranco Agostino Gardin. «Essa non intende tanto “celebrare” tale evento – precisa – né tanto meno porvi la parola “fine”. Vuole piuttosto raccontare un momento ecclesiale, laborioso e imperfetto, eppure promettente, e rilanciare le indicazioni e i percorsi delineati dal “discernimento sinodale” attuato in quel cammino. L’intento è quello di raccogliere l’invito di papa Francesco ad essere “Chiesa in uscita”, disponibile ad una coraggiosa conversione missionaria».

Le tappe percorse

Dopo l’assemblea sinodale di novembre – scrive ancora il vescovo – «guardando al futuro che ci sta dinnanzi, non vogliamo procedere “a vista”, ma percorrere degli itinerari definiti e il più possibile motivati, frutto di un discernimento condiviso».

Fin qui le tappe percorse sono state: una visita pastorale (2012-2016), una prima lettera dal titolo Discepoli di Gesù per un nuovo stile di Chiesa (15/1/2017), che presentava l’iniziativa conseguente del sinodo, ne indicava ragioni, obiettivi e metodo (cf. anche il precedente art. di Settimananews: Treviso, un cammino sinodale del 15/2/2017).

Ora, dopo l’ultima assemblea sinodale del 17 novembre – precisa mons. Gardin –, «con questa lettera (del 2/2/2018) desidero “raccontare” che cosa è avvenuto e prospettare un nuovo cammino che si apre davanti alla nostra Chiesa».

In novembre, dopo il lavoro e il discernimento fatto («tramite votazione, in maniera definitiva», si precisa), si era arrivati a orientamenti vincolanti. Non certo da aggiungersi alla pastorale ordinaria appesantendola, quanto piuttosto, tesi «a trasformare a poco a poco dal di dentro la pastorale consueta».

Si arriva così a scelte di fondo fatte in ambito sinodale e ora rilanciate dal vescovo, per una conversione in senso missionario della pastorale in diocesi di Treviso. In altre parole, si tratta di «un testo che vorrebbe aiutare ad accogliere l’esperienza del cammino sinodale, con i suoi frutti, e a porre le basi per l’avvio di alcuni “processi di cambiamento”».

Sullo sfondo – come emergeva anche nella visita pastorale – c’è il camminare nella logica delle collaborazioni pastorali. «Fin dall’inizio si è dichiarato che l’obiettivo di fondo della creazione delle collaborazioni pastorali è la missione: quella stessa missione verso la quale ci orienta decisamente la Evangelii gaudium. Il “nuovo stile di Chiesa” che vogliamo assumere trova certo una promettente opportunità anche nel progetto delle collaborazioni pastorali e non potrà prescindere da esse». Ascolto, sinodalità, metodo del vedere, giudicare e agire, sono ingredienti fondamentali per questo percorso di Chiesa.

Una scelta-chiave e tre piste.

Ed ecco alcune scelte di fondo che mons. Gardin rilancia.

Anzitutto la scelta-chiave di valorizzare i consigli pastorali. I passaggi collegati sono:

«– da una funzione prevalentemente organizzativa ad una nuova attenzione missionaria;

– da un aiuto offerto ai sacerdoti all’esercizio adulto di una vera corresponsabilità; questa coinvolge tutte le vocazioni, secondo forme veramente sinodali (dunque, con il contributo di diaconi, persone consacrate, laici e laiche: ognuno con la propria specifica esperienza e competenza);

– da una sostanziale conservazione delle prassi pastorali consuete alla ricerca di ciò che aiuta la comunità, in particolare gli adulti, ad essere centrata su Gesù Cristo, accogliente e testimoniante;

– da una prevalente attenzione alle realtà interne alla comunità cristiana ad uno sguardo maggiormente rivolto alla vita delle persone, anche di chi è “sulla soglia” o fuori della comunità».

E poi la prima scelta, cioè «curare l’inserimento e l’accoglienza delle nuove coppie e famiglie». Questa scelta – si fa notare – è stata individuata, tra altre possibili, nell’ambito della “situazione” denominata Le fatiche e le risorse delle famiglie.

E ancora: la scelta di «incrementare stili di vita maggiormente evangelici». È stata individuata al termine di un cammino di discernimento nell’ambito della “situazione” denominata La fede vissuta nella quotidianità della vita.

Infine, la scelta di «curare una conversione alla prossimità. (Questa) terza e ultima scelta, frutto del discernimento sinodale, si inscrive nell’ambito della “situazione” denominata I poveri e le nostre comunità cristiane.

Come si può vedere, sono non moltissime le priorità individuate, ma – si legge al n. 60 della lettera – questa scelta-chiave che viene affidata ai consigli pastorali come «compito importante di rinnovamento e di trasformazione in senso missionario delle comunità cristiane contiene in sé l’invito a collegare maggiormente la proposta cristiana alla vita concreta delle persone e a spingere le comunità cristiane ad andare verso “le periferie”».

Guardando Emmaus

Icona ispirante del cammino sinodale è stata Emmaus: hanno riconosciuto il Signore – esplicita il n. 74 della lettera –, proclamando come chiesa «quel “Davvero il Signore è risorto” (Lc 24,35) che è il canto perenne della Chiesa. Ma i testimoni del Risorto, diventando comunità sempre più numerosa ed estesa, grazie al diffondersi della Parola, hanno dovuto affrontare le sorprese e le domande della missione: a chi annunciare il Vangelo? Che cosa chiedere ai nuovi venuti? Che cosa fare quando avviene che «anche i pagani hanno accolto la parola di Dio» (cf. At 11,1)?… È quell’avventura dell’evangelizzazione, con i suoi problemi e le sue provocazioni, che è di tutte le Chiese e di tutti i tempi: anche della nostra Chiesa e del nostro tempo».

In un’intervista contemporanea alla pubblicazione del documento, il vescovo ha detto: «Credo che il cammino sinodale abbia incrementato ulteriormente un “camminare insieme” che trova già un’esperienza diffusa in diocesi attraverso l’introduzione delle collaborazioni pastorali, presenti ormai nei quattro quinti delle parrocchie. Il camminare insieme non dice una condivisione generica; dice la disponibilità a dialogare, riflettere, discernere tra “categorie” diverse, e cioè i diversi “stati di vita” (presbiteri, diaconi permanenti, consacrati, laici), ma anche persone con esperienze di fede, sensibilità, attenzioni diverse. La maturità cristiana di tanti laici, la loro responsabilità ed esperienza, la sapienza che nasce dalla loro vita, meritano di essere maggiormente riconosciute e messe a disposizione di tutti; (il che) vale anche per l’esperienza specifica delle persone consacrate, talora percepite solo come possibile “manovalanza pastorale”».

Infine – sottolinea il vescovo nella lettera – citando la preghiera a Maria che conclude la Evangelii gaudium – «il papa chiede, tra gli altri, un dono di cui abbiamo particolare bisogno. E io faccio nostra la sua preghiera alla Madre di Dio: Dacci la santa audacia di cercare nuove strade perché giunga a tutti il dono della bellezza che non si spegne».

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