La crisi nel Tigray

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Dal rapporto UN OCHA del 13/04/2021 si possono leggere problematiche e criticità umanitarie in Tigray.

La situazione degli accessi umanitari è in continua evoluzione. Nonostante i recenti miglioramenti nell’ accesso, questa settimana il conflitto attivo in varie aree ha limitato la risposta umanitaria.

Oltre all’ insicurezza in cui operano i partner umanitari, segnalano l’ insufficienza di risorse, (di beni di prima necessità, acqua, cibo, di medicinali di base…) da destinare a tutti le persone che in questo momento hanno bisogno di cure e supporto in tutto il Tigray.

Se la sicurezza lo consente, gli aiuti umanitari cercano, con le forze e le poche risorse a disposizione, di espandere il loro supporto per raggiungere le aree rurali che sono tutt’ora scoperte dall’assistenza.

Il governo etiope sta lavorando per cercare di raggiungere sei distretti (Chila, Rama, Ahsea, Egela, Adet e Hahayle circa 300.000 persone) che non hanno ricevuto assistenza alimentare.

Le donne e le ragazze coinvolte nel conflitto continuano a cadere vittima di violenze e stupri.

Dai dati in costante aggiornamento si può leggere che da inizio conflitto si sono create 950.000 persone bisognose di aiuti, di cure e di supporto e che ci sono 62.225 profugi, rifugiati in Sudan.

Proseguendo nel report si può apprendere più in dettaglio che:

  • nell’ ultima settimana gli operatori umanitari erano riusciti a notare un certo seppur minimo miglioramento, ma negli ultimi giorni la situazione è decaduta nuovamente diventando molto più critica e per la diffusa insicurezza ha limitato la capacità degli operatori di muoversi per portare aiuti.
  • il conflitto è tutt’ ora attivo e si riportano casi di attacchi di gruppi armati non identificati anche verso i veicoli delle agenzie umanitarie ben distinguibili e contrassegnati.
  • il dipartimento di sicurezza e protezione delle Nazioni Unite, OCHA e il cluster logistico di Mekelle stanno elaborando un piano operativo: l’obiettivo generale del piano è mitigare l’impatto di future interruzioni sulle operazioni umanitarie salvavita.

Il numero complessivo di persone sfollate dal conflitto nel Tigray non è ancora noto in modo definitivo, ma secondo l’Ufficio regionale del lavoro e degli affari sociali (BOLSA), dal 27 marzo ci sono circa 1,7 milioni di sfollati in tutta la regione.

Nonostante il numero di 186 membri del personale umanitariodelle Nazioni Unite più 1500 operatori internazionali ed di ONG nazionali, l’ insicurezza regionale in Tigray è peggiorata, soprattutto da quando il conflitto è scoppiato durante la stagione del raccolto.

Il report recente della WPF – World Peace Foundation ipotizza una carestia nel prossimo futuro, tenendo presente che sta arrivando la stagione delle piogge.

Il WFP – World Food Programme ha iniziato a fornire assistenza dal punto di vista di supporto alimentare, chiedendo 170 milioni di dollari per poter soddisfare le esigenze alimentari dei prossimi 6 mesi, tuttavia ha sollevato preoccupazioni in quanto molte aree del Tigray hanno ricevuto solo supporto alimentare, ma non arrivando a soddisfare l’intera popolazione.

Queste considerazioni si basano su dati parziali in quanto riferiti solo sul 50/60% della popolazione e a molti di loro questo supporto è stato fornito solo 1 o 2 volte nell’arco di 4 mesi.

I partner di Shelter Cluster hanno segnalato limitazioni logistiche e di capacità di fornitura, con un divario di risposta stimato di circa il 64%.

Sebbene l’approvvigionamento idrico a Shire sia stato ripristinato e basato sull’ autotrasporto, come segnalato da MSF e partners, la qualità dell’acqua non è alta e c’è il rischio di focolai di malattie in previsione della prossima stagione delle piogge.

Nella zona occidentale, il governo regionale di Amhara ha distribuito aiuti e scorte di cibo, ma dai funzionari locali purtroppo è stata segnalata inadeguata e parziale in quanto non è riuscita a raggiungere tutti i bisognosi.

In questa zona dall’ ottobre 2020 il sistema idrico non funziona a causa di interruzioni di corrente elettrica e mancanza di carburante. I residenti e gli sfollati utilizzano l’acqua da fonti non protette per bere e per altri scopi.

L’unica risposta al problema è stata la fornitura una tantum di 32.000 litri di carburante da parte di CARE Ethiopia a Maykadra e di fornitura limitata da parte di WASH NFI con il supporto del Regional Water Bureau e dell’UNICEF.

Ragazze e donne camminano per quasi 3 ore in andata e ritorno per cercare acqua nella totale insicurezza e con potenziali rischi di violenza di genere. (lo stupro come arma da guerra – riferito da testimonianze e report da fonti internazionali credibili e neutrali n.d.r.)

Il Tigray Bureau of Agriculture (TBoA) stima che le locuste del deserto abbiano distrutto circa il 25% del raccolto su circa 120.300 ettari di terreno in quattro zone (sud, sud-est, orientale e centrale), colpendo circa 122.000 famiglie.

Anche la stagione primaverile 2021 è stata insufficiente in tre zone (orientale, sud-orientale e meridionale), interessando almeno 26.000 ettari di terreno e circa 70.000 famiglie.

Il conflitto in corso nel Tigray ha colpito tutte e sei le zone (sud, sud-est, orientale, nord-occidentale, occidentale e centrale) durante la stagione del raccolto, lasciando le comunità colpite dala guerra senza scorte di cibo, semi, redditi e nella maggior parte dei casi bestiame da utilizzare per vendita o uso per attività agricole. (la fame come arma di guerra – da diverse fonti si apprende quasi quotidianamente di campi bruciati e bestiame ucciso dagli eserciti occupanti il Tigray, ENDF, truppe alleate amhara ed eritree n.d.r.)

Informazioni preliminari indicano che i mercati sono funzionali solo lungo le grandi città (un po come per i centri di accoglienza degli sfollati e per gli ospedali n.d.r) situate lungo le strade principali. Si stima che il conflitto abbia colpito circa 1,118milioni di famiglie. È molto probabile che le comunità perdano la principale stagione di produzione agricola (giugno-novembre 2021), rischiando un ulteriore deterioramento della sicurezza alimentare.

L’accesso al mangime per il bestiame è una sfida importante poiché le principali fonti di mangime / pascolo erano nelle zone occidentale e meridionale. Le esportazioni di carne, soprattutto nel Tigray meridionale, sono state interrotte. Vi è anche una capacità limitata di gestire i focolai di malattie del bestiame (PPR, SG e LSD). L’ 80% delle cliniche veterinarie è stato distrutto o saccheggiato. I servizi per la salute degli animali, in particolare i vaccini, sono urgentemente necessari per contenere gli attuali focolai di malattie.

Con queste premesse il Tigray rischia la balcanizzazione soprattutto perché da mesi le realtà internazionali come anche la diaspora stanno continuando a chiedere al governo etiope ed al Premier Abiy Ahmed, 3 semplici e fondamentali punti da rispettare per poter cercare di sedare la crisi in Tigray:

  • gli aiuti umanitari devono poter operare in totale sicurezza e poter raggiungere tutti i bisognosi sul territorio del Tigray;
  • le truppe eritree devono uscire dal territorio del Tigray;
  • servono indagini indipendenti per investigare, confutare e portare alla luce crimini di guerra e contro l’ umanità per poter consegnare alla giustizia i responsabili;

Anche se ci sono stati comunicati e dichiarazioni ufficiali, a queste richieste non è stata avanzata ancora un’azione pratica ed incisiva.

  • Ripreso dal sito Focus on Africa nel quadro della collaborazione con SettimanaNews.
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