Hong Kong: ritirata la legge sull’estradizione

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Nonostante i duri interventi della polizia contro alcuni gruppi di manifestanti nel fine settimana mercoledì 4 settembre ha segnato una svolta molto importante a Hong Kong. Le autorità del territorio hanno annunciato il ritiro definitivo della proposta di legge sull’estradizione che due mesi fa accese l’ondata di proteste. La proposta era stata già sospesa ma l’opposizione chiedeva il ritiro definitivo come primo punto per fermare le manifestazioni.

Proprio nei giorni scorsi Carrie Lam, capo politico di Hong Kong e cattolica, accennava che si sarebbe dimessa, come chiedono da tempo i dimostranti, se Pechino glielo avesse concesso. Ma soprattutto il 2 settembre il semi ufficiale Global Times pubblicava un autorevole commento che per la prima volta in pubblico analizzava la complessità della situazione a Hong Kong. Il commento era in cinese quindi diretto non agli stranieri ma al pubblico che in Cina e a Hong Kong sta seguendo gli eventi nel territorio.

Il commento lascia alle spalle gli attacchi virulenti e propagandistici del passato per ammettere che non ci sono soluzioni facili e lineari per Hong Kong. Ciò, evidentemente, si muove per creare un nuovo consenso in Cina e a Hong Kong per una gestione complessa delle dimostrazioni. Ciò sembra allontanare lo spettro di una repressione militare, tipo 30 anni fa a Pechino con il movimento di Tiananmen, e comincia a dare sostanza all’approccio “alla QiaoShi” che indicavamo nei giorni scorsi.

Cioè sembra aprirsi una fase in cui Pechino vorrebbe favorire di fatto un dialogo politico con alcune parti del movimento mentre continuerebbe a reprimere in maniera però più selettiva gli elementi più violenti e radicali del movimento, coloro che compiono atti di teppismo o che sostengono politiche considerate tabù, come l’indipendenza di Hong Kong dalla Cina.

La scommessa è che dopo questa concessione le proteste diminuiscano di intensità nei prossimi giorni e settimane e la questione man mano rientri.

Ciò però lascia la possibilità che Pechino sia disposta a tollerare che le manifestazioni continuino anche durante la festa del 1° ottobre, quando la Repubblica popolare marcherà il suo 70° anniversario al potere. L’anniversario è particolarmente importante perché pare marcare un momento molto critico per la periodizzazione del potere del PC a Pechino.

Il 70° anniversario del potere del PC a Mosca, nel 1987, coincideva con l’ammissione russa di problemi fondamentali nel partito. Tali problemi al tempo furono affrontati da Gorbaciov con il lancio delle politiche della Perestrojka e Glasnost. Solo pochi anni dopo il PC sovietico perse il suo impero e il potere.

In Cina la situazione è oggi molto diversa, ma la politica dell’anti corruzione sembra una risposta di segno opposto alla liberalizzazione gorbacioviana, ma parallela nell’affrontare i problemi di potere del PC a Pechino.

Le differenze tra Cina oggi e URSS allora sono infinite. Una per tutte: oggi Pechino affronta una tensione crescente con l’estero e con l’Occidente in particolare; 30 anni fa Mosca aveva davanti un miglioramento dei rapporti con l’occidente. Ma dietro entrambi c’è sempre una economia in peggioramento e una questione irrisolta di un sistema politico chiuso che non riesce a trovare il modo di aprirsi.

A vantaggio della Cina di oggi, rispetto all’URSS dell’87, l’economia di Pechino, nonostante i problemi, funziona molto meglio di quella sovietica. Ma contro Pechino oggi c’è la ferita difficilissima da gestire di Hong Kong (che l’Urss non aveva), poi Mosca aveva una corona ampia di satelliti e alleati, che oggi Pechino non ha.

Eppure proprio Hong Kong, per decenni ponte finanziario fra il mercato cinese chiuso e il mercato mondiale aperto, potrebbe essere d’aiuto. Oggi il sostegno potrebbe e forse dovrebbe essere politico. Riuscirà Pechino a imparare a gestire positivamente i problemi politici di Hong Kong?  Questo potrebbe avere un impatto positivo anche sulla difficile diatriba commerciale con gli Stati Uniti. Finora il presidente americano Donald Trump ha resistito alle pressioni di condannare Pechino per la repressione del movimento a Hong Kong. Se le cose degenerassero nel territorio però Trump dovrebbe condannare ufficialmente e questo comunque getterebbe un’ombra anche sulle trattative commerciali.

ritiro definitivo della proposta di legge sull’estradizione

Hong Kong: extradition law withdrawn

Despite tough police interventions against groups of protesters over the weekend, Wednesday 4 September marked a very important turning point in Hong Kong. Local authorities announced the definitive withdrawal of the extradition bill that two months ago ignited the wave of protests. The proposal had already been suspended but the opposition demanded the definitive withdrawal as the first point to stop the demonstrations.

Just a few days ago, Carrie Lam, the political leader of Hong Kong and catholic, mentioned that she would resign, as protesters have long been asking, if Beijing had granted it to him. But above all, on September 2, the semi-official Global Times published an authoritative commentary that for the first time in public analyzed the complexity of the situation in Hong Kong. The comment was in Chinese, therefore not directed to foreigners but to the public that in China and Hong Kong is following events in the territory.

The comment leaves behind the virulent and propagandistic attacks of the past to admit that there are no easy and straight solutions for Hong Kong. This evidently moves to create a new consensus in China and Hong Kong pointing to a complex management of demonstrations. This seems to distance the specter of military repression, like 30 years ago in Beijing with the Tiananmen movement, and begins to give substance to the “QiaoShi” approach that we referred to in recent days.

In other words, a phase seems to be opening in which Beijing would in fact favor a political dialogue with some parts of the movement while it would continue to repress, in a more selective way however, the most violent and radical elements of the movement, those who perform acts of hooliganism or who support policies considered taboo , like the independence of Hong Kong from China.
The bet is that after this concession the protests will decrease in intensity in the coming days and weeks and the question will gradually return.

However, this leaves the possibility that Beijing is willing to tolerate that the demonstrations continue even during the October 1st festival, when the People’s Republic will mark its 70th anniversary in power.

The anniversary is particularly important because it seems to mark a very critical moment for the periodization of PC power in Beijing.

The 70th anniversary of PC power in Moscow, in 1987, coincided with the Russian admission of fundamental problems in the Party. At the time these problems were addressed by Gorbachev with the launch of Perestroika and Glasnost policies. Only a few years later the Soviet PC lost its empire and power.

In China the situation is very different today, but the anti-corruption policy seems to be the opposite answer to the Gorbachev liberalization, but parallel in facing the PC power problems in Beijing.
The differences between China today and then USSR are endless. One for all: today Beijing faces a growing tension with foreign countries and with the West in particular; 30 years ago Moscow had an improvement in relations with the West.

But behind both there is always a worsening economy and an unresolved question of a closed political system that cannot find a way to open up.

For the benefit of today’s China, compared to the USSR in ’87, Beijing’s economy, despite the problems, works much better than the Soviet one. But against Beijing today there is the extremely difficult wound to manage in Hong Kong (which the USSR did not have), moreover Moscow had a wide crown of satellites and allies, which Beijing today has not.

And yet Hong Kong, for decades a financial bridge between the closed Chinese market and the open world market, could help. Today the support could and perhaps should be political. Will Beijing learn to manage Hong Kong’s political problems positively? This could also have a positive impact on the difficult commercial dispute with the United States. So far, US President Donald Trump has resisted pressure to condemn Beijing for the repression of the movement in Hong Kong. If things degenerate in the territory, however, Trump should officially condemn and this would cast a shadow even on commercial negotiations.

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