Ecco la data della tua morte

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«E dall’eterno arcano una voce maestosa gli rispose precisandogli l’anno, il mese e il giorno del termine della sua vita terrena». L’autore di questo libro racconta di un sogno in cui «chiedeva a Dio che gli rivelasse quando sarebbe morto». E Dio acconsentì.

Come passerà quest’uomo il tempo che gli rimane e che, inesorabilmente, diminuirà di giorno in giorno?

È a partire da questo interrogativo che Kostas Tsiropulos, raffinato scrittore, immagina e descrive come vivere questo tempo di attesa. È chiaramente una finzione letteraria. Non è un diario di chi, affetto da una malattia incurabile, annota di giorno in giorno fatti e sensazioni. Non è il testo di un pensatore o di un filosofo o di un teologo che indagano sul mistero della vita e sul suo epilogo. È la riflessione di un essere umano di fronte alla prospettiva della morte.

Sono pagine dense, letterariamente affascinanti, capitoli brevi in cui l’autore passa in rassegna la propria vita, si interroga, rivisita i suoi sogni, recupera volti ed emozioni.

L’ultimo periodo della vita l’autore lo descrive come un periodo amaro caratterizzato da delusioni, inganni, tradimenti, vissuti in «un alone di insostenibile solitudine», tanto da fargli considerare la morte come «insperatamente desiderabile», come una «inopinata liberazione», addirittura «come il miracolo supremo dell’esistere».

Mentre egli si sente come un pellegrino che deve abbandonare tutto e andarsene, incontra la ricchezza del verbo greco ipárcho (esisto), scomposto nella sua etimologia (ipò = sotto e árcho = comando), scoprendo il tal modo di essere subordinato ad un Altro che decide della sua vita. Quindi, non solo “esisteva”, ma “dipendeva”. E questo Altro gli aveva rivelato la misura dei suoi giorni.

Da questo punto in poi, il racconto di Kostas Tsiropulos è popolato di sogni, «sogni imperiosi, rivelatori, allusivi, misteriosi prolungamenti della vita cosciente».

Ritorna così il ricordo della madre, più raramente quella del padre, «amate ombre» che fiorivano nella solitudine del sogno.

Ritorna il ricordo delle esperienze vissute nel suo corpo di carne: al suo corpo di fanciullo, di giovane, di uomo maturo. «Quella notte egli ringraziò il proprio corpo e piangendo a dirotto lo bagnò con le sue lacrime…».

E percepiva che Qualcuno lo stava osservando, soprattutto durante la notte, «una presenza vigile, sublime, discreta e legittima». Chi era? Com’era? «La sua anima sognava Dio. Non lo temeva. Lo bramava». Nella notte la sua anima «cercava di sfiorarLo, di rivolgerGli parole di silenzio, parole della Sua lingua, che soltanto Lui può udire…».

libroA prepararlo all’ultimo passaggio gli era di consolazione la compagnia dei santi che aveva imparato a pregare, così come la presenza (sempre nei sogni notturni) delle voci e delle figure amate.

Esse lo esortavano ad affrontare il suo destino, ricordandogli che «anche il Dio-Uomo acconsentì ad entrare nella tomba affinché il Creato, perduto, fosse rifatto…».

I sogni gli fecero ricordare quanto aveva fatto e quanto avesse lavorato per elevarsi spiritualmente, riconoscendo che tre cose in particolare lo avevano sostenuto durante la vita: la bellezza degli uomini e della natura, la lingua con le sue parole liberatorie dalle molte accezioni, e la preghiera. Tutto questo aveva conferito «autenticità alla propria vita». Ma, se c’era un’esperienza che egli riteneva «più cara e più segreta di tutte… era il proprio comunicare con Dio, l’esperienza di Lui».

Negli ultimi giorni della sua vita terrena «capì l’incommensurabile ricchezza dei propri ricordi»: i luoghi che aveva frequentato, le chiese che aveva visitato, i musei in cui era ammassata tanta bellezza. E poi gli animali e le piante che gli avevano fatto compagnia.

Al termine di questo suo viaggio nella memoria scoprì che «fortunatamente non era vincolato a questa terra né dalla ricchezza né dalla gloria». Era pronto insomma a chiudere la propria avventura terrena.

Era ormai imminente la data della propria dipartita e sentiva che non era compiutamente preparato, «ma era del tutto disponibile a presentarsi al cospetto di Colui verso il cui abisso si sentiva attratto ogni notte, irresistibilmente».

Diede un’ultima occhiata alla sua vita, a tutte le cose che aveva vissuto «e le accettò tutte come una benedizione divina, come doni degli angeli, come contributo alla divina Liturgia del Creato».

Era pronto ormai per pronunciare le parole conclusive dell’Apocalisse: «Sì, vieni, Signore Gesù».

Una parola sull’autore di queste pagine intrise di poesia, di intensa umanità, di fede profonda. Kostas E. Tsiropulos è nato a Larissa (Grecia) nel 1930 ed morto nel 2017. Laureato in giurisprudenza, si è poi specializzato in Storia dell’arte. Molte le sue opere, che spaziano dalla poesia ai racconti, dai romanzi ai saggi. In italiano, da Servitium Editore, è stato pubblicato Dialogo sulla tenerezza.

  • KOSTAS E. TSIROPULOS, Appunti di prova generale. Come sarebbe stata la morte?, Collana “Le Belle Lettere” 42, Asterios Editore. Trieste 2020, pp. 120, € 15,00. ISBN 9788893131384.
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