Luca, lo storico di Dio

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Lo storico di Dio

Il volume raccoglie in traduzione italiana 17 studi apparsi in precedenza in riviste specializzate (14 in originale francese e due in originale inglese), tranne uno, un inedito in italiano.

La prima parte (pp. 11-108) raccoglie cinque articoli riguardante il tema “Storia e teologia” (il secondo è il più impegnativo di tutto il libro); la seconda parte (pp. 109-258) ne raccoglie otto dedicati all’analisi di specifici brani di Luca-Atti; la terza parte (pp. 261-346) raggruppa quattro contributi vertenti sul rapporto tra Paolo e Luca.

Dopo la lista delle Abbreviazioni (pp. 347-351), seguono la Bibliografia generale (pp. 351-374), l’Indice dei nomi (pp. 375-382), L’Indice dei testi citati (pp. 383-406) e le fonti dei vari saggi ora pubblicati in traduzione e raccolti in un unico volume (pp. 407-409).

Questi materiali preparatori sono confluiti evidentemente nell’ottimo Commentario agli Atti degli Apostoli preparato da Marguerat (EDB, 2 voll., Bologna 2011.2015; or. fr. 2007.2015; Gèneve 22015).

Luca, storico e teologo di Dio

Dopo aver dipinto l’immagine di Luca, un vero ritratto d’autore, Marguerat sottolinea come Luca sia il vero pioniere della storiografia cristiana, che precede di gran lunga Eusebio di Cesarea. Luca è lo storico e il teologo di Dio. Nel prologo al Vangelo (Lc 1,1-4) egli descrive la sua metodologia dei ricerca dei materiali (“akribōs/accuratamente”), la loro stesura ordinata, la finalità che si è proposto: confermare il destinatario della sua opera doppia, Teofilo – probabilmente un suo benestante mecenate – nella stabilità della fede negli insegnamenti nei quali è stato catechizzato.

La metodologica storica e lo statuto epistemologico seguito da Luca lo costituiscono un protagonista nell’ambito della storiografia greca ellenistica. La strategia narrativa di Luca è infatti conforme a quella della storiografia coeva, una successione di episodi narrativi significativi (Episodenstil). Attraverso una serie di episodi simbolici significativi (Episodenstil) egli intende narrare la storia della nascita del movimento cristiano, a partire dalla realizzazione (compiuta da Dio, passivo divino, Lc 1,3) dei fatti-parole gravidi di significato che erano stati preannunciati nell’AT e nella predicazione di Gesù. Essi sono stati visti da testimoni oculari, fatti oggetto di una prima redazione scritta da autori della seconda generazione e ora posti in un racconto ordinato da Luca.

Storiografo ellenistico particolare

Nella sua opera egli descrive l’“invenzione” del cristianesimo che parte da Gesù e giunge fino a Paolo. Luca si sente scrittore onesto, preparato, corretto, che intende narrare però non la storia di figure illustri (cf. Le vite parallele – degli imperatori –, redatte da Polibio), o quella di tematiche nobili, affascinanti e piacevoli – e in questo si discosta dalla storiografia greca – ma una storia dal basso.

Egli narra l’evolversi e l’emergere di un movimento di vita, composto perlopiù da gente semplice, che parte dalla figura di Gesù, passa per la sua risurrezione e l’effusione del dono dello Spirito a Pentecoste. Questo evento mette in moto la corsa della parola di Dio, vera protagonista della seconda parte della sua opera, gli Atti degli Apostoli. In questo percorso la risurrezione non è per Luca un tema cardine della storia, ma la sua chiave di lettura decisiva.

Storia narrativa confessante

La ricostruzione della storia è sempre un’interpretazione di essa. Questo vale per tutti gli storici, di tutti i tempi. Non potrebbe essere altrimenti. Luca vede il succedersi degli eventi come operati dalla potenza divina, tramite la forza dello Spirito che agisce in sinergia (e non puro mezzo strumentale) con l’azione missionaria degli apostoli. La sua storia è documentaria, esplicativa e anche poetica (dal verbo poiein, fare), creatrice cioè di una narrazione che fornisce la consapevolezza di sé a un gruppo di lettori.

Luca è uno storico perché parte dalla consapevolezza che la Parola si è fatta carne, facendo proprio un destino umano che va raccontato. Allo stesso tempo, e non in alternativa, Luca è un teologo perché considera la storia come luogo della rivelazione divina e nella sua scrittura la storia diventa kerygma e il kerygma si declina nella storia. Luca ha voluto essere lo storico di Dio.

La storiografia ellenistica narra una storia illuminante, che spiega le ragioni degli eventi; quella di Luca appare essere invece una storiografia confessante, che riconosce e confessa Dio come autore ultimo degli eventi colmi di significato che sono stati portati a compimento (non tanto «si sono compiuti», CEI 2008) ai suoi giorni (cf. Lc 1,1). La sua ricostruzione del passato è creatrice, narrativamente creativa. Non crea dal nulla, ma seleziona, completa, orienta e modifica.

In questa ricostruzione la risurrezione diventa la chiave di lettura della storia perché Luca collega alla risurrezione tematiche fondamentali della sua teologia: l’universalità del kerygma, la giustificazione dei credenti (cf. At 13,36-39, “il meteorite paolino”) e il potere di guarigione dei testimoni.

Eventi e discorsi

L’opera di Luca non è una riflessione teologica, come quella del suo maestro Paolo, del quale però ignora il corpus epistolare, ma una narrazione di eventi collegati più o meno strettamente tra loro, che pongono in rilievo sia la continuità che la discontinuità della “Via” rispetto al mondo giudaico di partenza.

C’è, inoltre, una serie di discorsi che punteggiano il tessuto di Atti. Essi non sono “inventati” da Luca, ma sono composti non a partire da una sua presenza ai fatti come testimone oculare, ma dalla predicazione trasmessa dalla Chiesa primitiva e da lui redatti secondo i criteri della storiografia ellenistica: porre sulla bocca del personaggio che parla il meglio che egli potesse dire in quella occasione, e nel modo migliore che lo potesse fare (cf. At 17,22-31, il discorso all’Areopago; At 20,17-35, il testamento pastorale di Paolo a Mileto, indirizzato gli anziani fatti arrivare da Efeso).

Atti: storia di una fondazione

Secondo Marguerat, il genere letterario di Lc-At può essere individuato come una storia di fondazione, impiegato per descrivere la fondazione delle varie colonie greche. I motivi salienti del genere erano sei:

1) i motivi della partenza (tensione sociale, per lo più),

2) la ricerca di una capo capace di mantenere buoni rapporti con la madre-patria,

3) il consulto dell’oracolo,

4) i preparativi della partenza,

5) il viaggio,

6) lo sbarco.

È impressionante la vicinanza di questi motivi con l’evolversi del movimento cristiano che, a partire da Gesù, vede una progressiva mondializzazione del giudaismo fino all’universalismo rappresentato dall’annuncio della Parola a tutti ai popoli. Tutto questo mantenendo un buon rapporto con la Chiesa madre, Gerusalemme e il giudaismo stesso (cf. At 28 con Paolo a Roma che parla con i giudei, ai quali alla fine rivolgerà però una parola severa, pur lasciando la porta aperta…).

Come testimoni resi attendibili dalle apparizioni del Risorto e competenti dalla recezione delle istruzioni di Gesù, gli apostoli testimoniano la parola con gesti e discorsi fino al centro dell’impero romano, la capitale Roma. I «confini della terra» (cf. At 1,8) – compito dato dal Risorto (cf. At 1,8), ma non compiuto…(!) – dovranno essere raggiunti… dal lettore!

Apologia pro-imperio

Luca descrive il legame del movimento cristiano con la Chiesa madre Gerusalemme e spiega i motivi della rottura, fra continuità e discontinuità. Per Marguerat, gli Atti degli apostoli non si presentano come un’apologia pro-ecclesia, per dimostrare agli imperatori romani che il movimento cristiano è inoffensivo e non costituisce un pericolo per l’impero, quanto un’“apologia pro-imperio”: l’autore si impegna a favorire l’integrazione sociale del cristianesimo nella società romana.

Luca e Paolo: una memoria biografica

Luca eredita una memoria biografica di Paolo, essenzialmente orale, dove il legame con la figura dell’Apostolo non è stabilito dai suoi scritti. Attento al dipanarsi narrativo della biografia di Paolo, Luca si serve anche di materiali come i “diari di viaggio”, che potrebbe far supporre una sua presenza ai viaggi di Paolo (cf. le “sezioni-noi” di Atti). Marguerat nega recisamente questa supposizione. Quella di Luca non è infatti una recezione documentaria di Paolo (cf. Lettere paoline), né una sua recezione dottorale (quale quella operata dalla letteratura pseudoepigrafica delle Deuteropaoline e Pastorali), ma una recezione biografica di Paolo (Luca- Atti).

Circa la conoscenza delle lettere paoline da parte di Luca, Marguerat afferma: «La loro presenza nelle comunità paoline e la copia di alcune lettere non poteva essere ignorata. Non si può, dunque, affermare con certezza che Luca non ne abbia avuto conoscenza. Tuttavia, sulla base della sua opera, dobbiamo constatare che le ha ignorate… nel momento in cui Luca scrive, il canone delle lettere paoline non è ancora costituito né tanto meno compiuto – è ancora in corso la redazione delle Pastorali – e neppure considerato quale corpus di riferimento per la memoria dell’apostolo» (p. 270).

È evidente che il ritratto di Paolo che emerge dalle sue sette lettere autentiche diverge da quello riportato in Atti, in cui egli appare più irenico verso il popolo ebraico e la Torah, con nessuna menzione di discussione sulla Legge e sulla giustificazione per fede. «Poiché Paolo, nella strategia lucana, è divenuto un’icona dell’identità cristiana, sono stati mantenuti quegli elementi che servivano a configurare questa identità alla fine del I secolo, ovvero quelli che attestavano la continuità con la storia di Dio e del suo popolo Israele» (p. 65).

Quella di Atti è una memoria delle origini del cristianesimo che, per la prima volta, collega esplicitamente la storia degli apostoli alla vita di Gesù. A partire da questa constatazione – conclude Marguerat –, l’opera doppia a Teofilo potrebbe essere considerata come “il primo Nuovo Testamento”.

Sinergia divino-umana, con la parola e la vita

Negli Atti gli apostoli sono tratteggiati come garanti della memoria collettiva, testimoni non solo con la parola ma anche con la vita, diventando essi stessi contenuto del kerygma. L’opera missionaria è vista infatti come un’opera che si attua in sinergia fra Dio e l’uomo, una collaborazione tra l’umano e il divino (cf. At 14,27; «riferivano [alla Chiesa di Antiochia] tutto quello che Dio ha fatto con loro – meta autōn» (e non semplicemente attraverso di loro (ci sarebbe dia autōn).

Attraverso Luca-Atti

Gli otto studi che costituiscono il corpo centrale del volume prendono in considerazione alcune tematiche emergenti da vari brani di Lc-At. Il discorso sulla ricchezza evolve e va seguito attraverso la trama narrativa che si stende lungo tutta l’opera doppia di Luca: da una sua condanna drastica come possibile idolo per molti e da un preciso criterio di rovesciamento seguito da Dio (cf. Magnificat, la parabola di Lazzaro e del ricco epulone ecc.), si termina in Atti – passando per la scena drammatica di Anania e Saffira di At 5 – con la lode di cristiani benestanti che aiutano i missionari.

In Atti si assiste alla nascita di un Dio universale, all’azione potente dello Spirito di testimonianza e di comunione proveniente da Gesù risorto (cf. At 2,33) e collegato strettamente al battesimo. L’evangelizzazione negli Atti è vista a partire dalla Pentecoste, atto di nascita delle Chiesa, in cui i Dodici sono resi testimoni attendibili e competenti della risurrezione, proclamatori di una salvezza incarnata nel sociale, che comprende l’accoglienza incondizionata dell’altro e un rapporto profondo con Dio nell’intimo ma anche nel sociale.

I temi teologici di Luca non vanno in ogni caso rapportati esclusivamente ad alcuni brani specifici, ma vanno seguito nel loro evolversi narrativo lungo l’intero arco di Lc-At (l’articolo sulla ricchezza illustra bene questo aspetto).

Gli ultimi quattro contributi della terza parte trattano il rapporto esistente far Luca e Paolo. Luca attua una recezione biografica di Paolo, non documentaria o dottorale. Luca opera una recezione differenziata di Paolo, con un rapporto diversificato dei popoli con la Torah rispetto a quello dei giudeo-cristiani. Atti testimonia il motivo di un finale che non racconta la morte di Paolo. La Parola ha fatto la sua corsa; raggiungere i confini del mondo spetta al lettore…

Il lettore avrà modo di gustare il dettato di Marguerat: informato, asciutto, sintetico, attento. Egli attua un approccio narrativo a Luca-Atti, molto adatto alla trama narrativa messa in atto da Luca. Indovinata è stata la decisione di anteporre ai vari articoli un breve sommario e di mettere in carattere corsivo le frasi sintetiche decisive, riassuntive delle varie tematiche o espressive dei vari snodi dell’argomentazione.

La personalità di Luca emerge dalla sua opera doppia (e dal volume di Marguerat) come un campione pionieristico della storiografia cristiana, colui che, davanti al mondo greco-romano, ha illustrato la particolarità e la dignità di un movimento dalle radici antiche (e quindi da non considerare come una superstitio nova…), ma che, a partire dalla sua matrice giudaica, si è aperto alla mondializzazione del compimento delle promesse divine. I cristiani possono integrarsi bene nel tessuto civile-politico-economico dell’impero. Nella sua corsa la Parola annuncia infatti un kerygma, ma opera anche opere potenti a favore del bene delle persone e della società intera.

 A p. 165 r 3 1Cor 10,21 e non 1,21; p. 168 r 12 leggasi sunkrisis e non suncrisis (così anche a p. 342 r 11 e p. 343 r 2) ; p. 168 nota 57 ultima leggasi “commento” e non “commentio”; si suggerisce di uniformare le diciture (già peraltro presenti passim) in “giudeo-cristiano/i/a” (e non “ebreo-cristiano/i/a”) ed “etnico-cristiano/i/a” (e non “pagano-cristiano/i/a”).

A p. 222 r 6 al posto di Pietro leggasi Paolo. A p. 323 r-5 leggasi  28,17-22 e non 23,17-22; a p. 324 r 17 leggasi 28,18-28 e non 23,18-28.

Daniel Marguerat, Lo storico di Dio. Luca e gli Atti degli apostoli (Strumenti 74 Biblica), Claudiana, Torino 2019, pp. 420, € 44,00, ISBN 978-88-6898-185-3

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