La qualità di vita dei preti americani

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Nei giorni scorsi sono stati presentati i dati dell’indagine statistica “Benessere, fiducia e procedure in tempo di crisi” riguardante i preti statunitensi – condotta dal The Catholic Project dell’Università cattolica americana.

Se il benessere medio dei preti è superiore a quello della popolazione del paese, bisogna registrare che il 45% dei partecipanti all’indagine ha dichiarato di avere fatto esperienza, con uno o più sintomi, di burnout. La percentuale è maggiore tra i preti diocesani (50%) che tra quelli appartenenti a un ordine religioso (33%).

Anche l’età è un fattore rilevante in merito: il 60% dei preti diocesani sotto i 45 anni ha vissuto fasi di burnout, mentre tra i religiosi la percentuale si attesta intorno al 40%.

Le cause indicate sono l’aumento della secolarizzazione della società americana, l’insicurezza nel dover farsi carico di compiti amministrativi accanto alla pastorale, la diminuzione della partecipazione dei fedeli alla vita parrocchiale. Confermando, in questo modo, trend e ragioni già evidenziati in studi precedenti.

Un aspetto che influisce in maniera particolare sulla qualità di vita dei preti americani è la fiducia nei confronti dei vescovi o dei propri superiori. Se nel 2001 (anno in cui è esploso per la prima volta lo scandalo degli abusi nella Chiesa cattolica degli Stati Uniti)  i preti che dichiaravano di avere molta fiducia nei loro vescovi era il 63%, in un ventennio questa è calata al 49%.

Drammaticamente bassa è poi la fiducia dei preti verso il corpo episcopale statunitense nel suo complesso: con solo il 24% dei preti che dichiara di fidarsi dei vescovi americani in generale.

Anche per quanto riguarda la fiducia verso i superiori, i preti religiosi hanno un tasso decisamente più di quello dei diocesani: 67% contro 49%. Per i preti diocesani, nel loro rapporto fiduciale coi propri vescovi, un fattore importante è quello della dimensione della diocesi: più questa è piccola più sale il tasso di fiducia.

In caso di bisogno o di difficoltà dei preti americani, il rivolgersi ai propri vescovi cade ben dietro altre figure di riferimento come gli amici, la famiglia e i parrocchiani (dalle quali ricevono il supporto più importante).

Su questo tema, l’indagine registra una sorta di schizofrenia fra l’immaginazione dei vescovi e l’esperienza dei preti: infatti, per quanto riguarda la disponibilità del vescovo a supportare dovutamente un prete in difficoltà, il 92% dei vescovi ha risposto positivamente, mentre tra i preti si registra solo un 36%. I due mondi, e le due esperienze, divergono tra di loro di quasi il 60%.

Le procedure messe in campo per combattere gli abusi sessuali nella Chiesa americana trovano un certo consenso tra i preti: il 67% le riconosce valide per proteggere i più deboli, e il 66% adeguate per riguadagnare fiducia da parte dell’opinione pubblica e dei fedeli. Ma il 40% degli intervistati ha affermato che esse sono troppo dure.

Una percentuale molto alta dei preti americani (82%) teme di essere falsamente accusata di abusi sessuali; questo anche se le denunce che si rivelano essere infondate e non veritiere sono solo l’1,5% del totale. Nel caso di accuse false, molti preti temono di essere abbandonati al loro destino dai propri vescovi, che sembrano essere oggi più amministratori delegati di un’azienda, tutori legali della diocesi al fine di preservarne il patrimonio finanziario, anziché padri e fratelli nella fede.

Per superare questa condizione di fatto, si suggerisce di rafforzare il rapporto personale tra i preti e il vescovo, aumentare la comunicazione e renderla trasparente, e fare in modo che i vescovi debbano dare ragione apertamente delle loro scelte e condotte.

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4 Commenti

  1. don Luca B. 27 ottobre 2022
    • anima errante 28 ottobre 2022
  2. Fabio Cittadini 24 ottobre 2022

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