Stele di un quasi vescovo di Pechino

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Il 12 giugno 2018, la signora Li Xiumei della scuola del Partito comunista di Pechino ha mandato un messaggio a un sacerdote, professore di latino della Beijing Foreign Studies University, riguardo una stele funeraria in pietra con scritte in latino venuta alla luce durante alcuni lavori di scavo all’interno della scuola del Partito comunista di Pechino.

La signora Li non sapeva che sia l’uomo della stele sia il sacerdote (don Michele Ferrero) erano di Cuneo.

La stele era originariamente sulla tomba di Filippo Grimaldi, nato a Cuneo il 27 settembre 1638. Dove siano ora le ossa, solo Dio lo sa, poiché le tombe furono distrutte due volte: nel 1900 dai Boxers e negli ‘60 dalla Rivoluzione culturale.

All’interno della scuola del partito ci sono altre 63 steli funerarie, compresa quella del famoso Matteo Ricci, poiché la scuola era in passato un seminario.

Filippo Grimaldi entrò nei gesuiti nel 1658, studiò a Genova e a Torino e nel 1655 si imbarcò a Lisbona per Macao. La religione cristiana era stata proibita in Cina con un decreto imperiale del 1665. Non potendo entrare in Cina, Filippo Grimaldi rimase a Macao.

Ventitré missionari erano stati confinati a Canton, ma un padre domenicano era andato via senza dirlo a nessuno. Filippo Grimaldi assunse allora il nome cinese (Min Mingwo) del domenicano e ne prese il posto, riuscendo così a entrare in Cina. Per i cinesi gli occidentali sembrano tutti uguali e non ci furono problemi. Nel 1671 l’imperatore Kangxi sollevò il divieto contro la religione cristiana e i missionari furono liberati.

Su suggerimento del gesuita belga Ferdinand Verbiest, Filippo Grimaldi fu condotto a Pechino come scienziato, dove giunse nel febbraio del 1672.

Filippo Grimaldi costruì affascinanti strumenti scientifici, fra cui una macchina idraulica che ebbe grande successo presso l’imperatore. Insieme a Verbiest costruì inoltre un modello di carro azionato da una turbina a vapore: è considerato il primo prototipo di automobile a vapore.

Nel 1686 fu nominato dall’imperatore cinese ambasciatore a Mosca (allora i diplomatici parlavano tutti latino) e quindi probabilmente trattò con lo zar l’accordo di Nerchinsk, scritto in latino, che per la prima volta tracciava un confine chiaro tra Russia e impero Qing in Siberia. Nel 1689 andò a Roma e nelle principali corti europee con lo scopo di ottenere protezione e sostegno per le missioni.

Nel 1694 tornò Pechino. Verbiest era morto e Filippo Grimaldi fu nominato presidente del tribunale di matematica.

Nel 1690 il governo portoghese mise il gesuita Filippo Grimaldi a capo della diocesi di Pechino con una discutibile procedura non confermata dalla Santa Sede. Fu un cuneese vescovo di Pechino? In Cina chi sia vescovo e dove, è una domanda che ancora oggi non sempre ha una risposta chiara.

Nel 1699 Filippo Grimaldi presentò un memoriale all’imperatore perché questi esprimesse le sue idee sul valore laico dei riti confuciani. Voleva risolvere il conflitto sul divieto papale alla partecipazione dei cristiani cinesi a tali riti. L’opinione dell’imperatore fu tradotta, stampata e inoltrata a Roma. Filippo Grimaldi pensava che scrivere lettere a Roma servisse.

Nel 1706 Monsignor Tournon, inviato in Cina per imporre i voleri di Roma, lo sollevò da ogni incarico. Poco dopo l’imperatore chiese a Monsignor Tournon di leggere una frase cinese. Tournon disse che non capiva il cinese. L’imperatore disse: «Evidentemente». E lo espulse. Il papa lo fece cardinale. Tournon tornò e Roma e intimò ai missionari di giurare fedeltà alle disposizioni della Santa Sede sui riti cinesi.

Filippo Grimaldi obbedì e morì probabilmente felice a Pechino l’8 o il 10 novembre 1712.

La sua storia si può leggere sul libro di G. Demaria e A. Rosso, Quattro gesuiti cuneesi. nella Cina di Kangxi. 1661 – 1722, Associazione Primalpe, Cuneo 2008 o in un libretto di quell’altro Cuneese, il salesiano Michele Ferrero, nel suo libro Sinologia Spirituale, LAS, Roma 2012.

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