Nembro, un racconto

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Raffaella Mezzetti è responsabile del Centro di ascolto delle povertà Caritas nell’unità pastorale di Nembro nella diocesi di Bergamo: una delle zone più colpite da Covid-19.

Cara Raffaella, il tuo paese Nembro è stato ed è tuttora spesso citato nella cronaca della drammatica situazione determinata dalla pandemia da Covid-19. Vuoi brevemente ricordare che cosa è accaduto e accade a Nembro? Hai qualche dato o storie da presentare?

A Nembro il 23 febbraio, domenica di carnevale, abbiamo cominciato a renderci conto di quanto seria fosse la faccenda del coronavirus. Nel mese di gennaio già il numero dei decessi era risultato elevato, troppo elevato. In parrocchia eravamo molto sorpresi di questo, pensavamo alla solita influenza, divenuta particolarmente aggressiva. Pure nostri amici, anche giovani, erano colpiti da sintomi influenzali molto forti e di lunga durata. Non capivamo.

Il 23 febbraio, appunto, il caso è diventato straordinariamente evidente con i ricoveri ripetuti presso l’ospedale di Alzano Lombardo che per qualche ora ha dovuto chiudere gli accessi, per poi riaprirli. Non sapevamo che fare. Era un susseguirsi di notizie di amici, parenti, conoscenti, mamme e papà… tutti nostri conoscenti e amici ricoverati in condizioni gravi. Molti venivano trasferiti in ospedali lontani da Bergamo, le cui strutture ospedaliere erano già allora vicine al collasso.

Cosa contare?

Nei giorni successivi il numero dei decessi e dei ricoveri è andato aumentando sempre più. Nelle case sapevamo di decine di persone con febbre alta, tosse e con difficoltà respiratorie. Chiaramente in una situazione normale queste persone sarebbero state ricoverate, ma così non poteva avvenire.

Dall’inizio di questo anno ad oggi a Nembro sono decedute 160 persone circa, quando in tutto l’anno precedente, 2019, sono risultate 121 in totale. Non abbiamo mai troppo considerato il numero dei contagi qui in paese, bensì il numero evidente dei decessi: i dati ufficiali dei contagi sono sicuramente stati sempre inferiori rispetto al reale.  La realtà più propria è viene percepita tenendoci in contatto in paese tra di noi.

Tuttora non comprendiamo perché la zona di Nembro e di Alzano, in quella data di febbraio, non sia stata chiusa come la prima zona del lodigiano, visto che i numeri erano quantomeno gli stessi. Vorremmo una spiegazione, non per fare polemica, ma per darci una ragione, per coloro che non ce l’hanno fatta, per gli ammalati e per i loro familiari, per tutta questa sofferenza.

Senza congedo

Le storie personali da raccontare potrebbero essere tante. Qui in paese ci conosciamo tutti e il cuore è spezzato per ogni singola persona che faceva parte della nostra vita, della nostra quotidianità. Ogni presenza paesana era cara e ritenuta scontata.

Nel nostro Centro di Ascolto Caritas abbiamo perduto un carissimo amico, un nostro volontario e un nostro punto di forza, Tullio Carrara. È stato un duro colpo. Abbiamo sperato e pregato fino all’ultimo. Il pensiero che dà una fitta profondissima al cuore è per coloro che hanno visto uscire da casa i propri congiunti e non li ha rivisti mai più, per ritrovarsi poi di fronte ad una bara o ad un’urna cineraria per una breve benedizione – dopo settimane –  al cimitero.

Penso spesso a quando cinque anni fa è morto il mio papà: ero circondata dall’affetto e dagli abbracci di amici e parenti: una vera grazia di consolazione che molti non hanno ricevuto in queste drammatiche circostanze.

Tu sei responsabile del Centro di ascolto Caritas. Qual era la consueta attività del Centro ed ora che cosa vi succede ogni giorno?

Prima di questa fase al Centro Ascolto si faceva ciò che più o meno si fa in tutti i centri parrocchiali per la povera gente: si gestiva lo sportello di ascolto delle persone due volte alla settimana e si distribuivano il pane e i generi alimentari una volta alla settimana. Ogni lunedì pomeriggio si teneva la riunione di gruppo necessaria per il confronto tra noi e per stabilire come muoverci insieme nelle situazioni incontrate. Ora si lavora in modo diverso.

Sul terriotrio: comune e parrocchia insieme

Abbiamo convenuto che il servizio sociale del comune – col quale già in precedenza era instaurata un’ottima collaborazione – faccia da regia dell’emergenza. Dal comune giungono quindi tutte le segnalazioni. Con gli operatori del comune ci confrontiamo più volte al giorno sulle singole necessità. Il servizio sociale chiaramente si occupa dell’aspetto sociale e concorre su quello sanitario. Noi cerchiamo di fare la nostra parte come ci compete.

Ci stiamo impegnando molto, ad esempio, ad andare incontro alle situazioni di povertà e debolezza per quanto riguarda la consegna degli alimenti, le spese mediche e il pagamento delle utenze domestiche. I nostri volontari interpellano regolarmente per telefono le persone che già si sono avvicinate al Centro almeno una volta, chiedendo loro come stanno e che fatiche stanno incontrando. In sostanza facciamo ascolto al telefono e poi, se richiesto, interveniamo.

Settimanalmente teniamo una riunione di comunità “on line” tra i componenti della Caritas parrocchiale e del centro di ascolto dei poveri.

Tra quotidianità e preghiera

Come passano le tue giornate? Non ti chiedo solo in quali attività sei impegnata, ma anche quali pensieri e quali preghiere stai portando.

Francamente arriva la sera che neppure mi accorgo. Per dare un ordine e un senso ben preciso a queste giornate, ho deciso di darmi dei tempi, sinché possibile. Quindi, a parte le telefonate per il servizio della carità durante tutto il corso della giornata, al mattino seguo la Messa del Papa da Santa Marta, sbrigo qualche lavoro di casa, faccio telefonate o videochiamate ad amici e parenti che vivono momenti di gioia o di sconforto, leggo, ascolto il messaggio quotidiano dei nostri preti, attendo la chiamata, verso sera, del nostro sindaco che informa e tiene unita tutta la cittadinanza.

Alle 18 c’è l’appuntamento con il rosario: e questo momento di preghiera è per me davvero per una novità di questi giorni!

Papa Francesco ha parlato Domenica delle persone che in questa situazione cominciano persino a soffrire la fame. Anche tu rilevi questo a Nembro? Cosa potete fare?

In questi giorni si comincia davvero a parlare seriamente dei problemi delle persone più povere e fragili, delle persone che già incontravamo ogni giorno, ma che ora sono in estrema difficoltà. Nei primissimi giorni – quelli della forte emergenza sanitaria – arrivavano donazioni al Comune.

Solitudine e povertà

Con l’assistente sociale abbiamo condiviso pensieri da addetti ai lavori: “stiamo attente a non spendere tutto ora, calcoliamo per quanto possibile, i soldi che serviranno per necessità ancora più grandi, perché presto scoppierà l’emergenza sociale. Prima o poi la situazione sanitaria migliorerà, ma quella sociale peggiorerà. Avremo bisogno di molte risorse economiche”. In questi giorni, in effetti, abbiamo conosciuto nuove famiglie, persone che sino a poche settimane fa cercavano di cavarsela autonomamente con lavoretti precari o con l’aiuto di chi ora non c’è più, persone che non avevano mai osato chiedere aiuto ai servizi sociali o alla Caritas.

In molti di questi casi c’è un vissuto di solitudine, invisibile, solo immaginabile per i nostri occhi: non sempre siamo riusciti ad intercettarlo. In questo momento si cerca di aiutare chiunque ci chieda aiuto, senza porci troppe domande. Successivamente ci organizzeremo meglio, incontrando le persone una ad una, valutando meglio i loro bisogni, in rete, come si dice, con il comune e gli altri enti e le associazioni di volontariato che vogliono bene. Sicuramente avremo bisogno di molte risorse economiche da utilizzare in modo equo e mirato.

Cosa vuol dire essere comunità cristiana in questo momento? Qual è lo stile della testimonianza nell’ascolto dei poveri e  nel  “farsi loro prossimi” in un tale inedito contesto?

Con tutti i limiti umani, avevamo la percezione di essere una bella comunità umana a Nembro, sia dal punto di vista parrocchiale che civile. Tante sono sempre state le iniziative sociali, culturali e religiose, quali numerose occasioni d’incontro, di conoscenza e di confronto.

La comunità

Ora ne abbiamo la certezza. In questa tragedia la comunità è venuta fuori nel suo meglio. Penso che alla fine sarà questa la risorsa fondamentale che ci salverà.

Dai vari media sono stati trasmessi servizi su come Nembro abbia attivato tanti servizi di volontariato, saggiamente coordinati dal comune. Tutti stanno dando il loro contributo per soccorrere, per quanto possibile, le persone in difficoltà sanitaria, sociale ed economica.

Ci sono decine di persone che – tutelandosi con i presidi di sicurezza dal contagio – vanno coraggiosamente nelle case a portare medicine, altri sanitari e alimenti, oppure portano gli ammalati, anche positivi, a fare le loro terapie salvavita, tipo la dialisi. Il cuore dei nembresi si sta rivelando davvero saggio e grande. La tanta formazione pastorale e spirituale non è cosa vana. Il Signore ci assiste.


Testimonianze
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