AL: discernimento in foro interno

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Il 9 giugno 2021 papa Francesco inviava un videomessaggio in occasione del forum internazionale, organizzato dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, sul tema “A che punto siamo con Amoris laetitia? Strategie per l’applicazione dell’esortazione apostolica di papa Francesco” e in quella circostanza ha usato parole di grande incoraggiamento ai partecipanti ribadendo come «il percorso intrapreso con le Assemblee sinodali sulla famiglia ha aiutato la Chiesa a far emergere tante sfide concrete che le famiglie vivono: pressioni ideologiche che ostacolano i processi educativi, problemi relazionali, povertà materiali e spirituali e, in fondo, tanta solitudine per la difficoltà di percepire Dio nella propria vita. Alcune di queste sfide stentano ancora ad essere affrontate e richiedono un rinnovato slancio pastorale in alcuni ambiti particolari: penso alla preparazione al matrimonio, all’accompagnamento delle giovani coppie di sposi, all’educazione, all’attenzione nei confronti degli anziani, alla vicinanza alle famiglie ferite o a quelle che, in una nuova unione, desiderano vivere appieno l’esperienza cristiana».

L’opuscolo proposto da Emanuele Tupputi: Misericordia e giustizia. Per un cammino di discernimento in foro interno (disponibile qui), si inserisce all’interno di un solco ampio e ben collaudato di studi, ricerche, approfondimenti e attenzioni di carattere giuridico-morale e pastorale cui l’autore (d’ora in poi: A.) già da diverso tempo, in ragione della sua formazione accademico-culturale, dei suoi interessi di studio, degli incarichi che è stato chiamato a svolgere a servizio della Chiesa e della propria esperienza pastorale, sta dedicando una notevole e feconda profusione di energie.

Un tale, considerevole e indefesso lavoro è animato, nell’A., da una duplice consapevolezza: da una parte, l’esortazione apostolica Amoris laetititia (= AL ) e la promulgazione del motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus (= MIDI) da parte del santo padre Francesco hanno introdotto considerevoli mutamenti nell’ambito della valutazione morale e dell’approccio giuridico inerenti tanto il diritto canonico matrimoniale e la rispettiva prassi giudiziaria, quanto le cosiddette “situazioni irregolari”, ingenerando aspettative e dischiudendo orizzonti fino a qualche tempo prima sostanzialmente insperati; dall’altra parte, tali mutamenti esigono un’adeguata, opportuna e oculata opera di mediazione e di “digestione” sul piano pastorale.

Una situazione articolata e non sempre chiara

Ancorché, infatti, la valutazione della natura, dell’entità effettiva e delle concrete ricadute dei mutamenti sopra menzionati sia oggetto di sempre maggiori studio e approfondimento ermeneutico, resta tuttavia un’indiscutibile e incontrovertibile consapevolezza di fondo: vale a dire, il determinarsi di una dialettica polarizzata in cui, se, da una parte, si assiste a una sorta di “frenesia applicativa”, dall’altre parte – complici anche la mancanza di chiare e puntuali norme attuative nonché di una certa disomogeneità e difformità di pratiche pastorali messe in campo, a livello di base, da parte dei singoli pastori d’anime (specie in relazione agli orientamenti forniti da AL) –, non di rado si è determinata e perdura tra i fedeli (e tra gli stessi ministri ordinati, in non pochi casi) una fondamentale mancanza di chiarezza e un certo senso di disorientamento.

Questo in relazione soprattutto alle concrete modalità di evangelizzazione delle cosiddette “situazioni irregolari”, alla ricezione e traduzione operativa dei nuovi orientamenti maturati dal recente Magistero, alle prassi di accoglienza e di reinserimento, all’interno del tessuto vivo delle comunità cristiane, delle persone coinvolte nelle predette situazioni problematiche.

L’A., operando una sintesi efficace di quanto sinora ha potuto elaborare nel proprio percorso di approfondimento globale della materia in oggetto al presente opuscolo, si propone di offrire un agile e versatile strumento, destinato primariamente ai sacerdoti ma, in realtà, efficacemente estendibile a tutti gli operatori pastorali del settore.

Scopi e destinatari

Due sono, a mio avviso, le finalità principali che l’A. si prefigge di conseguire:

a) da una parte, dotare i pastori d’anime e i loro collaboratori di uno strumento che funga da “prontuario” regolativo, specie in ordine all’impostazione e all’elaborazione di programmi e strategie di accoglienza e di accompagnamento (sia a livello personale sia comunitario), che tenga conto il più possibile tanto della fedeltà al Magistero e alle norme morali e giuridico-pastorali, quanto della specificità della situazione di ciascuno;

b) dall’altra parte, presentare una mediazione pastorale adeguatamente ponderata di una materia complessa e costantemente in evoluzione, che tocca il vissuto di fede (personale e ecclesiale) e la storia delle singole persone a vari livelli e che, pertanto, deve evitare tanto riduzionismi facili e approssimativi quanto applicazioni ondivaghe e temerarie.

Si può dire che, in sintesi, il principio-guida fondamentale che regge l’opuscolo è quello di una fedeltà declinata a un triplice livello: fedeltà a Dio e al deposito della fede; fedeltà alla Chiesa e alla globalità del suo Magistero e della sua dottrina; fedeltà all’uomo e, in particolare, al progetto di Dio sulla coppia umana nella prospettiva di un’antropologia imperniata sull’idea della ratio fide illuminata.

Quest’ultimo livello esige una doverosa puntualizzazione. Come l’A. mostra efficacemente in tutto il percorso proposto dall’opuscolo nelle differenti unità tematiche che lo compongono, se, da una parte, è imprescindibile il riferimento al contesto teologico-sacramentale in relazione alla piena ed efficace comprensione e attuazione del “mistero grande” dell’amore all’interno della coppia umana, dall’altra parte, si deve prendere atto del fatto che questo amore, oggi più che mai, si trova esposto ed è intrinsecamente latore di una grande e costitutiva fragilità fondamentale, che esige di essere “riparata” ma, al tempo stesso, integrata (cf. pp. 9-10) e superata nella prospettiva di un’ulteriorità trascendente che non annulla la fragilità, ma, secondo un’ottica di ispirazione “sapienziale”, ne fa tesoro e la valorizza non in quanto tale, ma in quanto auspicabile presupposto di una nuova possibilità che la Chiesa concede ai suoi figli e che la vede, ai suoi diversi livelli, farsi carico in prima istanza della singolarità e della specificità di ogni situazione matrimoniale “fallimentare”.

La Chiesa, insomma, senza rinunciare a essere Mater et magistra e, quindi, senza abdicare al compito fondamentale dell’evangelizzazione di ogni aspetto della realtà umana, secondo lo stile della fedeltà a Cristo e dell’irrinunciabile parresia che deve caratterizzare l’annuncio, tuttavia si scopre e ri-scopre nella veste di compagna di viaggio che, nell’atto stesso di accompagnare i passi dei propri figli (specie i più deboli, fragili e claudicanti), li evangelizza, facendo loro dono del suo tesoro più grande: il messaggio di Gesù Cristo, declinato nelle diverse sfaccettature della vita quotidiana.

Si tratta, in altre parole, della maturazione di una nuova consapevolezza ecclesiale: si può e si deve evangelizzare accompagnando; senza, cioè, che il dovere e la missione evangelizzatrici comportino necessariamente un conflitto o un contrasto con la necessità di porsi accanto a ciascuno con una disposizione d’animo benevolente, cordiale, fraterna, gratuita e improntata alla circolarità virtuosa tra un ascolto attento e sapiente, una dialogicità irrinunciabile e un annuncio veritiero, fedele ma, al tempo stesso, calibrato alle esigenze e alle situazioni di ciascuno (cf. p. 20).

Accanto al principio-guida della triplice fedeltà, sopra enucleato, due sono stati i “volani” che hanno concretamente guidato l’estensione e lo sviluppo dell’opuscolo nelle sue articolazioni interne:

  1. in primo luogo, la necessità di fornire indicazioni e suggerimenti pratico-operativi non soltanto sul piano strettamente giudiziale-canonico-normativo ma, più profondamente, su quello di carattere morale e spirituale, al fine di coniugare sapientemente gli orientamenti di AL con la plurisecolare pratica del giudizio morale particolare, nella quale la stessa esortazione apostolica si radica e trova uno dei suoi maggiori punti di forza. In questo senso, particolarmente fruttuosa appare la precisazione contenuta nella nota n. 1, in merito all’accezione morale (con evidente apertura sacramentale) attribuita al termine «foro interno» (cf. p. 24);
  2. in secondo luogo, la valorizzazione della coscienza del fedele, illuminata dalla retta fede e dalla fedeltà alla dottrina e al Magistero, come vero e proprio luogo teologico ed ermeneutico in cui maturano e si compiono il discernimento e il giudizio prudenziale particolare, al fine di una mediazione sapienziale tra le istanze della norma e la particolarità della situazione storica concreta, in cui è maturato il fallimento dell’amore coniugale e di coppia (cf. pp. 3.15)
Accogliere, discernere, integrare

Decisamente condivisibile appare la scansione dell’opuscolo secondo le tre tappe in cui l’A. propone di articolare il cammino di accompagnamento: accoglienza-discernimento-integrazione.

In particolare, fruttuosa e lodevole appare la scelta di strutturare ciascuna di queste tre parti secondo una prospettiva di ampio respiro, proponendo icone bibliche che orientano la riflessione, spunti spirituali per il discernimento personale, comunitario e anche sacramentale (si pensi, in particolare, al sacramento della Penitenza) e un testo adeguato di AL per contestualizzare ogni tappa all’interno di una corretta ermeneutica del documento, onde evitare facili riduzionismi, inutili confusioni e/o disorientamenti, improvvide fughe in avanti e altrettanto repentine battute d’arresto e reflussi all’indietro.

Si può dire, senza timore di smentita, che, a ben guardare, in ogni singola tappa sia ravvisabile la triade dinamica: accoglienza-discernimento-integrazione, sopra enucleata, per cui ogni singola tappa è, in qualche modo, preparatoria e inclusiva delle altre due.

Utili precisazioni e chiarimenti

Estremamente calzanti, opportune e illuminanti risultano, poi, i due allegati finali (di natura più specificamente canonistica e dogmatica) concernenti, rispettivamente, la corretta interpretazione della situazione dei divorziati risposati, sulla base del can. 915 CIC/83 e delle indicazioni di AL, e la questione se la mancanza di fede tra battezzati renda ipso facto e ipso iure nullo il matrimonio, sulla base di un’errata vulgata interpretativa del §1 dell’art. 14 delle Regole procedurali contenute nel m.p. MIDI.

Per quanto attiene il primo allegato, mi sembra estremamente preziosa e feconda la puntualizzazione operata dall’A. circa il vero progresso nella dottrina e nella prassi disciplinare introdotto da papa Francesco con AL, alla luce dell’intero deposito della fede che anima e guida la vita della Chiesa: anziché limitarsi all’applicazione di uno schema assoluto e incentrato su un’oggettività fissa e quasi “immutabile”, AL «in pieno stile conciliare, non vuole ridire ciò che già si sa, ma intende aprire strade nuove per la crescita della famiglia. […]» (p.11).

Pertanto, la sua principale e autentica novità consiste «nell’aver considerato nel loro insieme gli elementi oggettivi e soggettivi richiesti dalla dottrina tradizionale della Chiesa cattolica per valutare la moralità degli atti umani. Superando la precedente pratica pastorale di applicare a tutte queste situazioni uno stesso schema “oggettivo” chiuso, AL consente che le concrete situazioni possano essere singolarmente vagliate e, soprattutto, che vengano coinvolti gli stessi soggetti interessati, perché siano loro a emettere un giudizio di coscienza retta e delicata sulla verità della loro concreta situazione familiare e, di conseguenza, con tale retto giudizio, sulla possibilità di ricevere il sacramento dell’eucaristia nelle condizioni richieste dalla dottrina cattolica» (p. 14).

Tutto ciò, chiaramente, va ben oltre la semplicistica alternativa: “assoluzione sì/assoluzione no”, “comunione sì/comunione no”, cui tante volte viene superficialmente ricondotta/ridotta la problematica in esame (cf. pp. 14-15), complici, talora, un atteggiamento eccessivamente sbrigativo e approssimativo da parte dei pastori d’anime, che si riflette nella ricerca di altrettanto sbrigative e approssimative ricette risolutive da parte delle persone coinvolte, senza che ciò abbia innescato né una vera presa di coscienza per le colpe di ciascuno nel contesto del fallimento, né un maturo proposito di conversione, né un autentico impegno e un adeguato coinvolgimento nel vissuto ecclesiale, in cui deve operarsi e consolidarsi la positiva integrazione del fallimento nell’insieme di una rinnovata condotta di vita.

In merito, poi, al secondo allegato, è quanto mai opportuna e chiara la parola circa il modo corretto di intendere il rapporto tra fede personale e sacramento del matrimonio.

Richiamandosi alla dottrina e al Magistero della Chiesa nonché alla sua consolidata disciplina canonica (e giudiziaria), l’A., molto acutamente, sottolinea e ribadisce che sia l’ateismo ideologico che pratico (o, eventualmente, la coesistenza di entrambi), come pure posizioni a esso affini (quali, ad es., l’agnosticismo o un certo scetticismo in relazione alla fede e al vissuto di fede) non costituiscono in quanto tali né condizione invalidante il sacramento del matrimonio (e non lo sono mai stati) né, men che meno, un nuovo capo di nullità matrimoniale.

Semmai, tali posizioni di pensiero potranno rappresentare l’eventuale causa di un altro possibile capo di nullità e cioè il difetto di volontà: intendendo, con questa espressione, l’esclusione positiva, esplicita e diretta anche di uno solo dei fini, dei beni o delle proprietà essenziali del matrimonio-sacramento, in uno dei nubendi o anche in entrambi. Tale capo di nullità, dunque, comporta anche l’errore in merito alle proprietà essenziali del sacramento stesso (unità, indissolubilità, sacramentalità).

In altre parole: qualora una posizione personale di tipo ateo o affine (sia a livello ideologico o pratico, sia su entrambi i livelli) conducesse uno dei nubendi (o anche entrambi) a escludere dal proprio matrimonio, con un atto di volontà concreto, esplicito e deliberato, ciò che la Chiesa considera ontologicamente costitutivo del sacramento nuziale, in questo caso si verificherebbe un difetto di volontà nei nubendi in ordine alla volontà della Chiesa sul matrimonio.

La volontà dei nubendi e quella della Chiesa risulterebbero, di fatto, non solo irrimediabilmente contrastanti, ma oggettivamente agli antipodi e inconciliabili; il che costituisce, senza alcun dubbio, capo di nullità e obbliga i pastori d’anime a bloccare la previa istruttoria matrimoniale per invitare i nubendi a ulteriori riflessioni o, qualora queste ultime non sortiscano l’effetto sperato, a opporsi con fermezza alla celebrazione di un matrimonio, che certamente risulterebbe nullo in radice (cf. pp. 16-17).

Tuttavia, l’A. ha buon gioco nel sottolineare che l’eventuale mancanza di fede o, per lo meno, la debolezza della fede, benché non costituisca un capo di nullità per sé stessa, tuttavia incide notevolmente sul piano soggettivo, ossia in relazione alla fruttuosità del sacramento, cioè ai frutti di grazia che esso può produrre nella vita degli sposi.

È abbastanza intuitivo, infatti, che, pur salvaguardando la potenza della grazia di Dio effusa nella valida celebrazione del sacramento, un contesto umano di debolezza o assenza di fede potrà incidere in senso pesantemente negativo circa la qualità del vissuto cristiano di una determinata unione nuziale. Il che, chiaramente, impegna i pastori d’anime e le comunità cristiane a pensare continuamente iniziative adeguate di evangelizzazione e di catechesi pre e post-matrimoniali, affinché il matrimonio possa davvero configurarsi come un’occasione di conversione e santificazione per gli sposi che, liberamente, lo hanno assunto al cospetto di Dio, della Chiesa e della società (cf. 17).

Crescere nel progetto di amore di Dio, nonostante tutto

In definitiva, molteplici appaiono i meriti ascrivibili a questa piccola, ma preziosa pubblicazione, come non è difficile evincere dall’insieme delle riflessioni proposte; non ultimo – mi piace sottolinearlo – il senso di realtà e di umiltà dell’A., che non manca di riconoscere il carattere comunque provvisorio e necessitante di continuo studio, aggiornamento e approfondimento di quanto qui prende in esame (cf. pp. 11-12).

L’augurio è che questa pubblicazione, oltre che rappresentare una pietra miliare e un primo passo verso l’adozione sempre più forte, consolidata e convinta della mentalità nuova di AL, possa costituire un serio pungolo critico e operativo, al fine di un necessario ripensamento e di un concreto cambiamento dello stile pastorale verso le situazioni matrimoniali “irregolari”, affinché sia uno stile dottrinalmente, moralmente e giuridicamente fedele e corretto e, al tempo stesso, spiritualmente efficace; così che le persone coinvolte possano davvero sentirsi accolte e amate, figli di Dio e non scarti, tornando a riprendere in mano la propria dignità e il proprio futuro, crescendo nella consapevolezza che è possibile la coesistenza fra legge e grazia, fra giustizia e misericordia: misericordia animata da profonda e autentica giustizia, giustizia innervata e traboccante di concreta e fattiva misericordia.

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Un commento

  1. Fabio Cittadini 10 aprile 2022

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