Galantino il traghettatore

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La nomina di mons. Nunzio Galatino ai vertici dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Santa Sede) chiude la sua stagione di segretario della CEI. Era stato nominato il 30 dicembre 2013, come successore di mons. Mariano Crociata.

Quattro anni e mezzo che hanno segnato lo sforzo di adeguare attività e indirizzi dell’insieme dei vescovi italiani agli orientamenti espressi da papa Francesco, soprattutto nell’Evangelii gaudium. Compito perseguito a passo di marcia con il duplice indirizzo, a tratti oppositivo: da un lato, smagrire la parte burocratica della CEI, accusata di eccessiva intrusione nella vita delle Chiese locali e, dall’altro, favorire la recezione italiana degli impulsi papali all’attenzione ai poveri, alle riforme ecclesiali e ai segni dei tempi.

L’intensa e personale collaborazione con il papa ha dato autorevolezza alle sue parole e decisioni, ma anche creato qualche difficoltà nei rapporti istituzionali sul versante civile e alimentato perplessità sul fronte interno. La successiva nomina del card. Gualtiero Bassetti a presidente ha reso omogenea la presidenza senza tuttavia annullare le differenze.

L’immagine mediale di una frattura fra lui e il predecessore, mons. Crociata, che avrebbe rappresentato la “vecchia guardia”, è del tutto inadeguata.

Ha ereditato importanti indicazioni come l’attenzione al vissuto dei credenti nell’azione pastorale (Verona), l’urgenza dell’atto educativo e l’emergenza dell’annuncio nel contesto di un nuovo umanesimo.

E, dal punto di vista del rapporto coi vescovi, ha dovuto coniugare la partecipazione di tutti all’efficacia delle decisioni, il coordinamento fra programmi locali, regionali e nazionali, l’alimentazione di quell’affectus collegialis la cui assenza ha talora, nel passato, divisi la presidenza e gli uffici dall’insieme dell’assemblea.

Tutte le sue attività di segretario sono state segnate dal proprio stile: dai viaggi (dall’Iraq alla Colombia, dal Cile al Perù, alla Giordania) alle comunicazioni (una collaborazione settimanale con il Sole 24 ore), dalla presenza ai convegni delle varie categorie ecclesiali (sino a risultare abrasivo) alla polemica pubblica.

Del tutto franco sia nei confronti di alcune espressioni del mondo cattolico (è rimasta celebre l’espressione «visi inespressivi» a proposito di alcuni oppositori conclamati all’aborto, come anche l’accusa ai clericali di essere dei «replicanti»), sia nei confronti dei media e dell’accademia («abbiamo delle mezze calzette sul piano culturale»), sia nei confronti coi politici.

Di Berlusconi, assolto dall’accusa di prostituzione minorile, dice: «La legge arriva sino ad un certo punto, ma il discorso morale è un altro». Della decisione di Ignazio Marino che a Roma riconosce le unioni civili omosessuali parla come di un «diversivo». Lega e Cinque stelle «dicono cose straordinariamente insulse». Più in generale sulla politica: «un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi». Una libertà di parola che gli ha procurato sui social cose «che davvero mi hanno fatto male». Del resto, il suo poco entusiasmo per il Family day gli causò una valanga di insulti sul telefonino.

Una delle fatiche maggiori e uno dei frutti migliori è stato il convegno ecclesiale nazionale a Firenze (novembre 2015) di cui sottolinea la novità del metodo e dei contenuti, con l’affermazione di una dimensione sinodale chiamata a innervare tutte le Chiese locali.

Nominato per gestire il patrimonio della Santa Sede, ricorderà la quinta piaga ecclesiale del beato A. Rosmini ne Le cinque piaghe della Chiesa (di cui è uno dei massimi conoscitori): la servitù dei beni ecclesiastici allontana dal modello della primitiva comunità cristiana. I beni sono utili per servire e non per asservirsi a loro. La trasparenza ottenuta alla CEI in ordine al bilancio dell’otto per mille è un buon viatico.

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