S. Alfonso: “Le Glorie di Maria”

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All’indomani del 2° centenario della morte di sant’Alfonso, Giovanni Paolo II scrisse: «Un posto tutto particolare nell’economia della salvezza è la devozione alla Madonna: mediatrice di grazia, socia della redenzione e perciò Madre, Avvocata e Regina. In realtà, Alfonso fu sempre tutto di Maria, dall’inizio della sua vita fino al termine».[1] Un santo mariano! Ha cercato nella sua lunga vita di annunciare il vangelo ricorrendo sempre e comunque alla Vergine santa.

Uno dei più grandi conoscitori della dottrina spirituale alfonsiana, l’alsaziano p. Carl Keusch, ha giustamente osservato che, nella vita di sant’Alfonso, peccherebbe chi tralasciasse di «far menzione della Madre del Signore e richiamar l’attenzione sull’importanza straordinaria che il culto mariano ha presso s. Alfonso».[2]

Il biografo di s. Alfonso, il pugliese p. Antonio Tannoia, non esita a descrivere visioni e incontri che il santo ebbe con la Vergine Maria. Quella, forse, più manifesta fu a Foggia nel dicembre del 1745 nella chiesa della Madonna dei sette veli. Durante la predica, sant’Alfonso si infervorò così tanto circa le glorie della Madre celeste che, ad un certo punto, «si vide da tutti un raggio di fuoco permanente che, uscendo dal volto di Maria Santissima, attraversando la Chiesa, andava a ferire Alfonso nel volto, ed egli nel tempo istesso, come uscito di sé, elevato da tre palmi sulla cattedra. Tutto il popolo, a tale spettacolo, diede un grido di gioja, e tale, che s’intese il fragore, come di un tumulto…».[3]

“Le Glorie di Maria”

L’amore e la devozione per la Vergine santa sfociano nella vita del santo nel libro Le Glorie di Maria, frutto maturo della devozione e della convinzione mariana di sant’Alfonso.

Il libro ha avuto una “gestazione” di ben 16 anni. Tra missioni e predicazioni, il santo non risparmia tempo per ricercare, leggere centinaia di libri sulla materia e donare ai lettori il meglio circa la mariologia del Settecento. In effetti, Le Glorie di Maria sono il libro per eccellenza della speranza e della confidenza filiale verso la Vergine.

Il santo non si discosta dalla tradizione, così nel testo emergono gradualmente citazioni delle opere dei santi padri, dei concili e della sacra Scrittura. Sceglie una via sicura: il commento alla Salve, o Regina, e inquadra tutta la dottrina sulla misericordia, sulla pietà e sulla potenza soccorritrice di Maria.

Dalla scelta, risulta chiara l’opposizione del santo dottore contro i negatori della dottrina che vede in Maria la Madre di misericordia, la vita, la dolcezza e la speranza nostra, l’onnipotenza per grazia, la mediatrice nostra.

Non è un mistero che già Lutero rifiutasse fortemente questi titoli attribuiti a Maria. Il riformatore di Eisleben diceva che la Salve, o Regina è una preghiera piena di scandalo e di empietà dandosi alla Vergine le proprietà di Dio.

Nel 1750 sant’Alfonso portò a termine il lungo e laborioso lavoro. Così al canonico don Giacomo Fontana di Napoli scrive il 12 ottobre 1750 da Ciorani: «Invio a V.S. Illma il mio povero contraddetto libro della Madonna, uscito finalmente dopo molti stenti, e dopo molti anni di fatica a raccogliere in breve quello che ci sta».[4]

Il libro è diviso in due parti. La prima parte ha come tema la grande pietà e la potente intercessione di Maria. Questo tema è sviluppato tenendo presente la Salve, o Regina, in 10 capitoli.

I dieci capitoli

Il primo capitolo tratta della regalità di Maria. Maria è Regina perché è Madre di Dio: «Poiché la gran Vergine Maria fu esaltata ad esser madre del Re dei re, con giusta ragione la s. Chiesa l’onora, e vuole che da tutti sia onorata col titolo glorioso di regina. Se il figlio è re, dice sant’Atanasio, giustamente la madre dee stimarsi e nominarsi regina».[5]

Il secondo capitolo mostra Maria quale nostra via, perché, quale vera Madre, ci ottiene la vita di grazia, la perseveranza, il paradiso: «Se segui Maria, non errerai la via della salute sempreché a lei ti raccomanderai, non sconfiderai. Se ella ti tiene non cadrai. Se ella ti protegge, non puoi temere di perderti. Se ella ti guida, senza fatica ti salverai. In somma, se Maria prende a difenderti, certamente giungerai al regno de’ beati. Sic fas et vives».[6]

Col terzo capitolo, sant’Alfonso prende netta posizione contro tutti gli eretici che gridano scandalizzati nel vedere chiamata Maria la Speranza nostra. Egli, perciò, non teme di tributare a Maria con la voce della Chiesa il titolo di Spes nostra, salve!

Il quarto capitolo dimostra la materna sollecitudine di Maria e la sua potenza nel soccorrerci e nel liberarci dalle tentazioni del demonio, mentre il quinto fissa la dottrina centrale di tutta l’opera, la Mediazione universale di Maria. Scrive il santo: «Chi ripone la sua speranza nella creatura indipendentemente da Dio, questi certamente vien maledetto da Dio, poiché Dio è l’unica fonte e dispensatore d’ogni bene; e la creatura senza Dio non ha niente né può dar niente. Ma se il Signore ha disposto, secondo abbiam provato, che tutte le grazie passino per Maria, come per un canale di misericordia…».[7]

Il capitolo VI, stabilisce una conseguenza teologica della mediazione mariana. Ella è un’Avvocata che, con la sua potenza di Madre sul cuore di Dio, può salvare tutti, che porta la pace tra Dio e il peccatore: «O certamente immensa ed ammirabile bontà del nostro Dio, che a noi miseri rei ha voluto concedere voi Signora nostra per avvocata, acciocché possiate colla vostra potente intercessione ottenerci di bene, quanto voi volete».[8]

Sullo stesso argomento si sviluppa il VII capitolo che ci mostra in Maria «la Faccendiera del Paradiso, che continuamente sta in faccende di misericordia impetrando grazia a tutti, ai giusti e peccatori».[9]

Sulla stessa materia si muovono i capitoli VIII e IX, restringendosi alla cerchia dei devoti di Maria. Nell’ottavo Alfonso presenta la grande tesi: «È impossibile che si danni un divoto di Maria, che fedelmente l’ossequia e a lei si raccomanda».[10]

Il decimo e ultimo capitolo della prima parte tratta la grandezza, la potenza e la dolcezza del nome di Maria. È un’applicazione pratica del V capitolo che parla, oltre che del soccorso di Maria, del nostro ricorso a lei. Ricorso continuo, in vita e in morte, racchiuso in una preghiera, l’invocazione dei nomi di Gesù e di Maria.

La seconda parte del libro tratta delle feste principali di Maria e dei suoi dolori; ivi è raccolta in massima parte la dottrina alfonsiana sulla Corredentrice, e sulle virtù di Maria – è la parte più strettamente ascetica –, degli ossequi da praticarsi in onore di lei e della raccolta di vari esempi appartenenti alla santa Vergine.

Un “best seller” del ’700

Le Glorie di Maria sono un best seller del Settecento in materia mariologica. Sant’Alfonso l’ha scritto raccogliendo il meglio, pensando di aiutare i poveri e i peccatori. Quando raccomanda alla Madre misericordiosa i poveri, i piccoli e i peccatori, quando parla a chi cerca la salvezza e la fiducia, sant’Alfonso conferma il suo anelito pastorale e missionario di andare al popolo.

Da Le Glorie di Maria possiamo tirar fuori le più belle litanie della speranza in Maria: «Confidenza in Maria, perché è, verso i più sventurati, regina e Madre di misericordia» (cap. I). Confidenza in Maria, perché segue l’anima caduta che a lei si rivolge. Aiuta gli infelici a rialzarsi, assicura la sua perseveranza, assiste in morte e presenta in morte al suo giudice. Confidenza in Maria perché può tutto contro Satana. Maria è madre di bontà verso i peccatori e i più miserabili.

Il nostro santo napoletano vuole inculcare a tutti questa profonda verità: Maria è mediatrice di grazie, vuole raggiungere tutti specialmente i più peccatori e questo genera confidenza e conversione: «Questa è una verità di gran consolazione per le anime teneramente affezionate a Maria SS.ma, per li poveri peccatori che vogliono convertirsi».[11]

Ne Le Glorie di Maria la Vergine ha un ufficio proprio e importante: dispensare grazie redentrici: «tutte le grazie sol per mano di Maria si dispensano… per necessaria conseguenza può dirsi che, dal predicare Maria e la confidenza nella sua intercessione, dipende la salute di tutti».[12]

Il santo chiama Maria la speranza delle nostre anime: «La santa Chiesa c’impone d’invocare e salutare la divina madre col gran nome di nostra speranza: Spes nostra, salve!».[13]

Papa Francesco ha più volte consigliato la lettura de Le Glorie di Maria, soprattutto la parte degli esempi in cui il santo riporta leggende e racconti (non storici) dove Maria è presentata come colei che aiuta i peccatori a salvarsi in casi impossibili.

Il 12 marzo di quest’anno, nell’Aula Paolo VI, rivolto ai partecipanti al Corso annuale sul foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, a braccio ha detto: «A me piace tanto leggere le Storie di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, e i diversi capitoli del suo libro Le Glorie di Maria. Queste storie della Madonna, che sempre è il rifugio dei peccatori e cerca la strada perché il Signore perdoni tutto».

Ne Le Glorie di Maria troviamo complessivamente 130 esempi; 41 chiudono i capitoli, mentre gli 89 paragrafi fanno corpo a sé. Gli “esempi” non hanno nulla di storico, sono un tesoro ascetico, omiletico, donato dagli autori del seicento che hanno attinto nel medioevo, hanno il fine di insegnare una verità spirituale in modo sensibile, già precedentemente provata teologicamente. Scrive P. Cacciatore, esperto di cose alfonsiane: «I racconti di s. Alfonso completano o estendono un insegnamento, lo ripresentano [in modo pratico]…».[14]

Con Le Glorie di Maria, sant’Alfonso vuole lodare la Vergine e farle onore. Vuole rispondere e farci rispondere sempre meglio a quel passo evangelico che dice: «tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Questo libro ha aiutato e aiuta milioni di fedeli ad avvicinarsi a Maria madre di Misericordia, speranza nostra.

“Chi ha scritto questo libro?”

Ottantenne, vecchio e consumato dall’artrite deformante, sant’Alfonso non poteva più celebrare la messa, però si faceva portare la comunione ogni giorno e ogni giorno recitava più volte il rosario.

Il 24 ottobre del 1778, chiese, come al suo solito, al fratello laico di leggergli qualche libro sulla Madonna. Francescantonio prese un libro e lesse. Alfonso ascoltò, si entusiasmò, finendo con l’esclamare: «“Che bello! Che libro è questo che mi leggi? Chi lo ha composto?”. Monsignore, siete stato voi che avete composto questo libro: sono Le Glorie di Maria. “Gesù mio – disse allora Alfonso tutto intenerito –, ti ringrazio che mi hai fatto scrivere della Madre tua”».

Non era finito il Settecento che già il libro aveva raggiunto una diffusione prodigiosa. Le Glorie di Maria hanno creato una tenerezza nuova, più struggente e più insaziabile nei fedeli. Ha detto e fatto dire a milioni di anime le parole più alte e più dolci alla Madonna e sulla Madonna.[15]

Quelle semplici e dolci parole, suggerite dal più santo dei napoletani e dal più napoletano dei santi, ci legano alla devozione mariana come i bambini alla mamma. Così sant’Alfonso all’inizio del libro scrive: «I bambini tengono sempre in bocca il nome della mamma, e in ogni spavento che hanno, subito si sentono balzar la voce e dire: mamma! Mamma! Ah, Maria dolcissima, ah! Madre amorosissima: questo è appunto quello che tu desideri, che noi fatti bambini, chiamiamo sempre Te nei nostri percoli e ricorriamo sempre a Te».[16]


[1] Giovanni Paolo II, Lettera apostolica (del 1.8.1987), Spiritus Domini, 2.
[2] C. Keusch, La dottrina spirituale di sant’Alfonso, Milano 1931, 417.
[3] A.M. Tannoia, Della vita ed istituto del Venerabile Servo di Dio Alfonso M.a Liguori vescovo di S.Agata de’ Goti e fondatore della Congregazione de’ preti missionari del SS. Redentore, 3 voll., Napoli 1798-1802, I, 9. Ristampa anastatica, Materdomini, 1982. Tannoia, II, 172-173.
[4] Lettere, I, 178.
[5] S. Alfonso, Le Glorie di Maria, in Opere Ascetiche, Vol V, Roma 1936, 21. Abbr: GM.
[6] GM, 90.
[7] GM,185.
[8] GM, 215.
[9] GM, 241.
[10] GM, 254.
[11] GM, 12-13.
[12] GM, 18.
[13] GM, 184.
[14] S. Alfonso M. de’ Liguori, Opere ascetiche: Introduzione Generale, Roma 1960, 288.
[15] Cf. G. De Luca, Sant’Alfonso il mio maestro di vita cristiana, Roma 1983.
[16] GM, 23.

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