Dichiarazione congiunta sull’invasione militare di Gaza

di:

patriarchi

Dichiarazione congiunta del Patriarcato Greco Ortodosso di Gerusalemme e del Patriarcato Latino di Gerusalemme (Gerusalemme, 26 agosto 2025)

«Sui sentieri della giustizia si trova la vita, la sua strada non va mai alla morte»
(Proverbi 12,28)

Qualche settimana fa, il Governo israeliano ha annunciato la sua decisione di prendere il pieno controllo della città di Gaza.

Negli ultimi giorni, i media hanno ripetutamente riferito di una massiccia mobilitazione militare e dei preparativi per un’imminente offensiva. Le stesse notizie indicano che la popolazione della città di Gaza, dove vivono centinaia di migliaia di civili − e dove si trova la nostra comunità cristiana − sarà evacuata e trasferita a Sud della Striscia.

Al momento della presente dichiarazione, sono già stati emessi ordini di evacuazione per diversi quartieri della città di Gaza. Continuano ad arrivare notizie di pesanti bombardamenti. Si registrano ulteriori distruzioni e morti in una situazione già drammatica prima dell’inizio dell’operazione. Sembra che l’annuncio del Governo israeliano secondo cui «si apriranno le porte dell’inferno» stia effettivamente assumendo contorni tragici. L’esperienza delle passate campagne a Gaza, le intenzioni dichiarate dal Governo israeliano riguardo all’operazione in corso e le notizie che ci giungono dal terreno dimostrano che l’operazione non è solo una minaccia, ma una realtà che è già in fase di attuazione.

Dallo scoppio della guerra, il complesso greco-ortodosso di San Porfirio e quello latino della Sacra Famiglia sono stati un rifugio per centinaia di civili. Tra loro ci sono anziani, donne e bambini. Nel complesso latino ospitiamo da molti anni persone con disabilità, assistite dalle Suore Missionarie della Carità. Come gli altri abitanti della città di Gaza, anche i rifugiati che vivono nella struttura dovranno decidere secondo coscienza cosa fare. Tra coloro che hanno cercato riparo all’interno delle mura dei complessi, molti sono indeboliti e malnutriti a causa delle difficoltà degli ultimi mesi. Lasciare Gaza City e cercare di fuggire verso Sud equivarrebbe a una condanna a morte. Per questo motivo, i sacerdoti e le suore hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che si troveranno nei due complessi.

Non sappiamo esattamente cosa accadrà sul posto, non solo per la nostra comunità, ma per l’intera popolazione. Possiamo solo ripetere ciò che abbiamo già detto: non può esserci futuro basato sulla prigionia, lo sfollamento dei palestinesi o la vendetta. Facciamo eco alle parole pronunciate pochi giorni fa da Papa Leone XIV: «Tutti i popoli, anche i più piccoli e i più deboli, devono essere rispettati dai potenti nella loro identità e nei loro diritti, in particolare il diritto di vivere nelle proprie terre; e nessuno può costringerli a un esilio forzato» (Discorso al gruppo di rifugiati delle Chagos, 23.8.2025).

Non è questa la giusta via. Non vi è alcuna ragione che giustifichi lo sfollamento deliberato e forzato di civili.  

È tempo di porre fine a questa spirale di violenza, di porre fine alla guerra e di dare priorità al bene comune delle persone. C’è stata abbastanza devastazione, nei territori e nella vita delle persone. Non vi è alcuna ragione che giustifichi tenere dei civili prigionieri o ostaggi in condizioni drammatiche. È ora che le famiglie di tutte le parti in causa, che hanno sofferto a lungo, possano avviare percorsi di guarigione.  

Con uguale urgenza, facciamo appello alla comunità internazionale affinché agisca per porre fine a questa guerra insensata e distruttiva, e affinché le persone scomparse e gli ostaggi israeliani possano tornare a casa.

«Sui sentieri della giustizia si trova la vita, la sua strada non va mai alla morte» (Proverbi 12,28). Preghiamo affinché tutti i nostri cuori si convertano, per camminare sui sentieri della giustizia e della vita, per Gaza e per tutta la Terra Santa.

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