
Cosa può o potrebbe dire la teologia morale sulle guerre in corso e sui conflitti nel mondo? Mons. Vincenzo Paglia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, risponde a partire dal libro La Gioia della Vita (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2024), di cui ha curato l’introduzione ed è l’ispiratore del lavoro svolto da un gruppo di teologi (C. Casalone, M. Chiodi, R. Dell’Oro, P. D. Guenzi, A.-M. Pelletier, P. Sequeri, M.-J. Thiel, A. Thomasset) che nel libro rileggono la teologia morale nei suoi diversi aspetti e temi. Il testo degli otto teologi, in precedenza, era stato discusso nel volume Etica Teologica della Vita. Scrittura, tradizione, sfide pratiche, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2022. Mons. Vincenzo Paglia ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande, a partire dai due testi sopra ricordati.
- Cosa dice la teologia morale, o cosa potrebbe dire la teologia morale, secondo l’approccio di Etica Teologica della Vita, sulla guerra in Ucraina?
Sono più di tre anni che questa guerra continua senza che ci sia ancora una, luce alla fine del tunnel. Anzi, ultimamente si sta rivelando come una prova crudele per testare le guerre contemporanee: l’uso sempre più massiccio dei droni rivela l’inammissibilità di qualsiasi guerra moderna. A morire sono sempre più le popolazioni civili. Questo dovrebbe portare a condannare definitivamente la guerra: è sempre ingiusta! C’è poi una seconda riflessione. È un conflitto ancora una volta in Europa.
Non dobbiamo dimenticare che le prime due guerre mondiali sono iniziate in Europa e questo conflitto – anch’esso iniziato in Europa – rischia di provocare la «terza» guerra mondiale. Il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha messo sull’avviso. Come aveva fatto in realtà lo stesso Papa Francesco.
Una ulteriore considerazione va fatta considerando che si tratta ancora una volta dii un conflitto tra popolazioni cristiane che sta provocando tragedie incalcolabili come, per fare un esempio che poco viene preso in considerazione, la divisione tra il Patriarcato di Costantinopoli e quello di Mosca. Mentre sono «senza voce alcuna» gli episcopati europei. Unico è il Papa, prima Francesco e ora Leone, che ogni domenica non cessano di far sentire la loro voce. Mi chiedo: i cristiani europei non dovrebbero mostrare il loro sdegno? Non corriamo il rischio di lasciare il Papa da solo?
- E la teologia morale che valutazione potrebbe dare del conflitto in Medio Oriente?
Forse qui la situazione è ancora peggiore. Aldilà delle considerazioni di ordine politico, quel che i credenti dovrebbero rilevare è il rischio ferire grevemente quello che dal 1986 si chiama lo «spirito di Assisi», ossia la capacità dei credenti delle diverse religioni di incontrarsi e di dialogare in pace e per la pace. Il rischio è che i credenti estremisti, in questo caso musulmani ed ebrei, si prestino ad essere strumento della violenza della politica. Le tre religioni abramitiche dovrebbero avere un sussulto interiore per promuovere il dialogo e l’incontro tra le rispettive comunità.
Non possiamo essere ostaggio di un pugno di fanatici politicanti. Si deve osare di più con gesti inequivocabili. La pace non è un’opzione tra le altre, è l’unica possibile. E la Chiesa deve dire che i conflitti sono il vero tradimento della Bibbia, del Vangelo, del Corano. La Chiesa può dirlo, perché ha fatto mea culpa delle sue colpe storiche, dalle Crociate alla approvazione della schiavitù e del colonialismo. Ma non si tratta di questo. Si tratta del fatto che vanno mobilitati 1,4 miliardi di cattolici nel mondo. Altrimenti non ci sarà futuro per nessuno.
- Di fronte alla potenza delle armi, di fronte alle vittime civili innocenti, si può ancora parlare di guerra giusta?
L’ho già detto all’inizio: la «guerra giusta» non esiste. Anzi le dirò: non è mai esistita. Ogni conflitto ha cause lontane e quando esplode vediamo la sintesi delle diverse cause sedimentate durante gli anni. È davvero difficile distinguere «nettamente» tra un aggressore e un aggredito, sono due parti di una medesima medaglia. In ogni caso, la tecnologia bellica – come accennavo all’inizio – sta rendendo moralmente inaccettabile qualsiasi conflitto.
Aveva ragione don Luigi Sturzo nell’esortare a mettere fuori legge la guerra come tale! Va ridato spazio al multilateralismo, alle soluzioni negoziate, ad una politica sapiente che abbia a cuore il bene comune, non il bene particolare di qualcuno a scapito di qualcun altro. I politici fanno fatica e una cultura «sovranista» fa prevalere sempre l’«io» (etnico o staturale) al «noi» della società umana.
Purtroppo la guerra, oggi, è stata come sdoganata. E si sta riaffermando una economia ad essa confacente. Va dimostrato il contrario. È solo pace a favorire uno sviluppo stabile. E le dimostrazioni ci sono. Penso al gesuita economista Gael Giraud che ha pubblicato testi illuminanti o anche alla economista Mariana Mazzucato che dimostra la via alternativa a questo capitalismo odierno. Se non seguiamo queste strade, ci autodistruggiamo e non ci sarà più pane per nessuno. Anche la Chiesa deve fare di più. La sua parte – sulla scia di don Sturzo – è gridare: ogni conflitto è fuorilegge.
- Il Papa ogni giorno, in ogni occasione, si esprime contro la guerra. Lo faceva anche Papa Francesco. Perché non c’è un impegno uguale da parte dei vescovi e soprattutto da parte dei teologi?
La teologia morale mi sembra oggi molto debole. Non è incisiva, non si fa sentire. Certo ci sono stati dei dibattiti in questi mesi. Penso a don Severino Dianich che l’anno scorso invitava i teologi a intervenire sui temi di attualità. Non ho visto nulla. Ho cercato anch’io di offrire un piccolo contributo con il volume Sperare in un mondo a pezzi (Sanpino Editore) scritto in dialogo con Domenico Quirico, per cercare di dare una parola di speranza in un contesto difficile e angosciante.
Ho cercato dal 2022, con un’iniziativa e un appello di alcuni teologi, perché si favorisse una lettura seria di Fratelli Tutti e aiutare il pensiero teologico a rinnovarsi. Un appello non solo ai credenti ma a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Certo dobbiamo fare di più. Ora come lei sa sono in pensione, ma su questi temi centrali, indispensabili per la sopravvivenza di tutta l’umanità, la Chiesa deve essere più audace e creativa.
- Di fronte ai drammi delle guerre, della fame, delle ingiustizie, che sono spesso collegate alle guerre, la teologia morale non dovrebbe diventare la disciplina teologica principale? Che ne pensa di questa affermazione, a partire proprio da “Etica Teologica della Vita“?
Con la riflessione contenuta in Etica Teologica della Vita un gruppo di teologi ha voluto ripensare tutti gli aspetti della teologia morale. È un inizio. È stato incoraggiante Papa Francesco, che ha voluto fortemente questo lavoro e ci ha spinto ad andare avanti, mi ha spinto personalmente a non curarmi delle critiche e proseguire.
Sono d’accordo con lei. La teologia morale deve ritrovare il suo spazio nella riflessione teologica. A poco servirebbe, altrimenti, la prospettiva di una teologia dell’incarnazione se non vediamo che nell’umanità di Gesù siamo chiamati a comportarci con pazienza, misericordia, attenzione. A che servirebbe una teologia sacramentale se non si rende concreto il perdono e il cambiamento profondo degli animi? Insomma, c’è ancora molta strada da fare. Ma è indispensabile iniziarla e percorrerla.






Gesù non si è opposto alla violenza su di Lui. Ha chiesto a Pietro di non usare la spada. E a chi gliene presentava due dice: “Basta!” Eppure aveva prima detto che non era venuto a portare la pace, ma la spada. È evidente, allora, che il cristiano deve essere munito della spada dello Spirito. Che si acquista (sempre citando Gesù …), vendendo il mantello che ci protegge. insomma: il cristiano dia la vita, perché la riavrà per la vita eterna. I martiri dei primi secoli avevano chiarissimo questo concetto. Che mi sembra, invece, che i moralisti di oggi fatichino a comprendere … 😔
Quanto avrei voluto che Mons. Paglia nascesse al tempo dei miei genitori ,quando ci fu la Seconda Guerra Mondiale . Magari in una parte dell’ Italia occupata dai nazisti . Il pacifista Paglia che avrebbe fatto ? Avrebbe predicato ai suoi parrocchiani che non esiste una guerra giusta ,quindi anche la guerra contro i nazisti non era giusta e quindi i cristiani dovevano stare ,coerentemente, come i quaccheri a braccia conserte e non prendere alcuna parte a cio’ che accadeva intorno a loro . Gli ammazzassero pure la famiglia ,sterminassero pure gli ebrei , i pacifisti dovrebbero stare a braccia conserte e non fare NULLA ! Caro Paglia buon per lei che e’ nato in un mondo dove non si devono prendere decisioni drammatiche e basta dire degli dlog per sembrare intelligenti .
Putin vive fuori dalla realtà, ma anche Paglia non scherza
Due testi del magistero, citati da Mons. Castellucci nella sua ultima Lettera pastorale, secondo me chiariscono e precisano le parole di Mons Paglia. «La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto» (Gaudium et Spes, 79). : «Ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani, come pure dalle conseguenze delle crisi umanitarie, provocate sia dalla natura che dall’uomo. Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali» (Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea dell’ONU,18 aprile 2008).
Si ma Mons. Paglia afferma anche alcune ovvietà, non esiste una guerra giusta ma la guerra è ammessa dalla Religione come male minore se, per la Religione è giusto tagliare il braccio in cancrena per salvare la vita del corpo… Poi non è una ulteriore guerra tra “cristiani” perché i Cristiani sono di tutti i colori. Questa in corso in Europa è una ulteriore guerra tra i biondi, e scatenata dai biondi come la prima e la seconda guerra mondiale. Questa precisazione dovrebbe essere notata poiché anche Schopenhauer osservò che i biondi europei sono una diffluenza genetica che esiste soltanto nel nord Europa quando la colorazione naturale della popolazione umana è di tendenza scura.
Invece di dire che è “davvero difficile distinguere «nettamente» tra un aggressore e un aggredito”, bisogna invece fare questa distinzione per dirigersi verso una direzione, verso un obiettivo: ristabilire la giustizia e la verità. La cosa peggiore è rimanere equidistanti perchè non cerchi la giustizia e corrobori la ingiustizia. Che poi agredito diventi carnefice è sempre possibile (come lo prova Israele), e perciò nessuno è immune dal male. Mentre il Vaticano si preocupa “della divisione tra il Patriarcato di Costantinopoli e quello di Mosca” l’esercito di mosca non si preoccupa affatto di uccidere quotidianamente le vite in Ucraina. Cosa ci preoccupa di più…?!
“Aggressore e aggredito sono due parti della stessa medaglia”. ma neppure un attimo. Questo è proprio il motivo per cui c’è tanta falsa informazione che inquina la verità. L’aggressore è colui che aggredisce e impone con la forza la propria volontà, l’aggredito è chi la violenza la subisce e cerca il modo per sopravvivere aiutandosi con le armi che servano ad allontanare il pericolo grave cui va incontro.
Nel caso della Ucraina è in gioco la sua indipendenza e la sua libertà. Ed è giusto gli gli ucraini la difendano con ogni mezzo.
Questi sofismi, questi dilemmi fondati sulle parole sono quanto di più nocivo in momenti come questo dove la disinformazione e la propaganda massiccia dell’aggressore impedisce di vedere chiaramente la realtà delle cose.
“A morire sono sempre più le popolazioni civili. Questo dovrebbe portare a condannare definitivamente la guerra: è sempre ingiusta! ” La frase intera è questa. Cioè se per difendere il diritto a farsi giustizia muoiono civili innocenti comincia a sfumare anche qualsiasi legittimità morale.
Del resto la Pacem in terris è stata scritta proprio nell’ottica dell’avanzamento tecnologico che sempre più ha coinvolto civili nei conflitti del novecento. Fino a due o tre secoli fa ci poteva pure stare che due eserciti si fronteggiassero per trovare un vincitore (e a quel punto è la vittoria stessa a giustificarti, perchè chi vince riscrive la storia e le leggi), ma oggi a pagare il prezzo sono sempre più persone che non c’entrano, che forse nemmeno vogliono veramente la guerra ecc.
Per il resto farei notare a Paglia che la teologia morale è in declino perchè veniamo da decenni di filosofia debole, che in tempi di abbondanza faceva comodo a tutti, non è caduta in disgrazia per caso..
“Aggressore e aggredito sono due parti della stessa medaglia”. Beh, pensiamoci. Non esiste l’uno senza l’altro, certo, ma uno è una causa, l’altro un effetto. Pensiamo al Belgio nel 1914 o alla Norvegia nel 1940 o ai partigiani di molte nazioni invase da eserciti nazisti/comunisti aggressori. Esiste una giusta resistenza all’ingiusto aggressore? E come resistere, senza i mezzi adeguati? Se non è possibile una giustizia dei conflitti, diceva un mio prof, deve esserlo una giustizia nei conflitti
Più che accanirsi sul giusto e l’ingiusto esiste anche la categoria della proporzionalità. E’ stato aggredito Israele il 7 di Ottobre? Si. E’ giusto che per difendere quei morti ne provochi un numero infinitamente peggiore? Sicuramente si può dubitarne. E’ certo che quand’anche riuscisse a liberare Gaza da ogni Palestinese sarebbe del tutto sicuro da futuri attentati? Anche lì non è certo, anzi è molto più facile che qualche ragazzino oggi costretto a condizioni disumane cresca coltivando un odio che magari colpirà domani.
In questo senso aggredito e aggressore sono parti dello stesso processo, dipende molto da quale momento decidiamo di prendere in considerazione, nel lungo scorrere dei rapporti internazionali.
Poi non è che si impedisca del tutto la difesa, piuttosto sarebbe corretto affidare questa difesa ad una forza di interposizione terza, non coinvolta nel conflitto ecc.