
Leone XIV a Tor Vergata per il Giubileo dei giovani (AP Photo/Andrew Medichini, File)
«Solo da un esercizio umile e continuato della sinodalità può nascere una mentalità e una forma sinodale di Chiesa; più in concreto, può crescere un’effettiva partecipazione e corresponsabilità di tutti. Perché ciò avvenga, bisogna che i pastori si facciano carico di questa sfida. Sempre, nella storia della Chiesa, ogni riforma è dipesa dai pastori che l’hanno promossa. Bisogna che maturi nella Chiesa un profilo sinodale dei pastori: dei preti, soprattutto dei parroci, per la loro responsabilità diretta delle comunità cristiane; dei vescovi, in quanto principio e fondamento dell’unità della Chiesa locale; del papa, in quanto principio e fondamento visibile dell’unità della Chiesa tutta».
Ne è più che mai convinto Dario Vitali,[1] consultore della Segreteria generale del Sinodo, coordinatore degli esperti teologi durante la prima e seconda fase del Sinodo e docente ordinario di ecclesiologia alla Pontificia Università Gregoriana. Il quale concorda[2] con quanto affermato dallo scrittore spagnolo Javier Cercas secondo il quale Francesco sarà ricordato per una parola: sinodalità.[3]
Leone XIV, appena eletto vescovo di Roma, affacciandosi l’8 maggio 2025 alla loggia centrale della Basilica di San Pietro, disse che «vogliamo essere un Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono». Incontrando il 10 ottobre 2025 i partecipanti al giubileo della vita consacrata, li ha esortati ad impegnarsi «a diventare, giorno per giorno, sempre più esperti di sinodalità, per esserne profeti al servizio del popolo di Dio». Dopo l’Angelus del 14 settembre 2025, rivolgendosi ai fedeli di Piazza San Pietro, ha auspicato che la ricorrenza del 60° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi – intuizione profetica di Paolo VI – «susciti un rinnovato impegno per l’unità, per la sinodalità e per la missione della Chiesa».
Chissà, dunque, se il nuovo vescovo di Roma sarà ricordato non per una, ma per sei parole: consolidamento di una Chiesa costitutivamente sinodale?
È possibile. Stando almeno ai suoi primi discorsi e soprattutto alle sue prime scelte operative, la più importante delle quali è certamente l’aver confermato le procedure di realizzazione della terza fase del Sinodo della Chiesa universale indicate l’11 marzo 2025 da papa Francesco. Preceduta da percorsi di accompagnamento e di valutazione da realizzare a vari livelli della comunità ecclesiale entro il giugno 2028, la terza fase si concluderà in Vaticano nell’ottobre 2028 con la celebrazione di un’assemblea ecclesiale.
Obiettivo delle presenti note è quello di richiamare alla memoria il magistero di papa Leone in tema di sinodalità che risulta essere in profonda sintonia con il Documento finale del Sinodo 2021-2024 il quale – è sempre utile ricordarlo –, partecipando del magistero ordinario del successore di Pietro, rappresenta una forma di esercizio dell’insegnamento autentico del vescovo di Roma e impegna le Chiese a fare scelte coerenti con quanto in esso contenuto.[4]
“Sulla scia del Concilio Vaticano II”
Incontrando il 10 maggio 2025 il collegio cardinalizio, papa Leone esplicita la volontà di aderire pienamente alla via percorsa da decenni dalla Chiesa universale sulla scia del Concilio Vaticano II, secondo quanto indicato da papa Francesco in alcune istanze fondamentali contenute nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium: il primato di Cristo nell’annuncio; la conversione missionaria dell’intera comunità cristiana; la crescita nella collegialità e nella sinodalità; l’attenzione al sensus fidei; la cura amorevole degli ultimi e degli scartati; il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà.
In proposito, si può ricordare quanto afferma il Documento finale del Sinodo 2021-2024: «L’intero cammino sinodale, radicato nella Tradizione della Chiesa, si è svolto nella luce del magistero conciliare. Il Concilio Vaticano II è stato, infatti, come un seme gettato nel campo del mondo e della Chiesa. La vita quotidiana dei credenti, l’esperienza delle Chiese in ogni popolo e cultura, le molteplici testimonianze di santità, la riflessione dei teologi sono stati il terreno in cui esso è germogliato e cresciuto».[5]
“Sinodalità ed ecumenismo strettamente collegate”
Incontrando il 19 maggio 2025 i rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali e di altre religioni, Leone XIV afferma non solo di essere consapevole «che sinodalità ed ecumenismo sono strettamente collegati», ma anche di essere intenzionato a «proseguire l’impegno di papa Francesco nella promozione del carattere sinodale della Chiesa cattolica e nello sviluppo di forme nuove e concrete per una sempre più intensa sinodalità in campo ecumenico».
Sul punto, il Documento finale ricorda quanto Francesco disse il 19 novembre 2022 a sua santità Mar Awa III, Catholicos Patriarca della Chiesa assira d’Oriente: «Il cammino della sinodalità, che la Chiesa cattolica sta percorrendo, è e deve essere ecumenico, così come il cammino ecumenico è sinodale».[6]
“Mettere in pratica forme di sinodalità tra Cristiani di tutte le tradizioni”
«Il Concilio di Nicea ha inaugurato un cammino sinodale per la Chiesa da seguire nella gestione delle questioni teologiche e canoniche a livello universale. Il contributo dei delegati fraterni delle Chiese e delle comunità ecclesiali dell’Oriente e dell’Occidente al recente Sinodo sulla sinodalità, tenutosi qui in Vaticano, è stato uno stimolo prezioso per una maggiore riflessione sulla natura e sulla pratica della sinodalità».
È parte del discorso fatto il 7 giugno 2025 ai partecipanti al Simposio “Nicea e la Chiesa del terzo millennio: verso l’unità cattolica-ortodossa” tenutosi presso l’Università Pontificia San Tommaso d’Aquino.
Nell’occasione viene citato il Documento finale del Sinodo là dove evidenzia che «il dialogo ecumenico è fondamentale per sviluppare la comprensione della sinodalità e dell’unità della Chiesa» e incoraggia lo sviluppo di «pratiche sinodali ecumeniche, fino a forme di consultazione e di discernimento su questioni di interesse condiviso e urgente».[7]
“La sinodalità diventi mentalità”
Il 17 giugno 2025 ai vescovi della Conferenza episcopale italiana, convocati per l’adempimento di alcuni obblighi statutari, sono consegnate alcune esortazioni per il prossimo futuro: «Andate avanti nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale […]. Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire […]. Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose!».
Nel Documento finale si afferma che la sinodalità può diventare mentalità nella misura in cui «la formazione sinodale condivisa per tutti i battezzati costituisce l’orizzonte entro cui comprendere e praticare la formazione specifica necessaria per i singoli ministeri e per le diverse forme di vita. Perché ciò avvenga, è necessario che questa si attui come scambio di doni tra vocazioni diverse (comunione), nell’ottica di un servizio da svolgere (missione) e in uno stile di coinvolgimento e di educazione alla corresponsabilità differenziata (partecipazione)».[8]
“Sinodalità è vivere da fratelli tra presbiteri e vescovi”
Il 26 giugno 2025, nell’ambito di un incontro internazionale promosso dal Dicastero per il clero, coloro che sono impegnati nella pastorale vocazionale e nella formazione nei seminari sono esortati a riflettere sul fatto che «la fraternità è uno stile essenziale di vita presbiterale. Diventare amici di Cristo comporta vivere da fratelli tra presbiteri e tra vescovi, non come concorrenti o da individualisti. La formazione deve allora aiutare a costruire legami solidi nel presbiterio come espressione di una Chiesa sinodale, nella quale si cresce insieme condividendo fatiche e gioie del ministero». Come potrebbero i presbiteri essere costruttori di comunità vive, se non regnasse prima di tutto fra di loro un’effettiva e sincera fraternità?
Nel Documento finale si legge che, «in una Chiesa sinodale, i presbiteri sono chiamati a vivere il proprio servizio in un atteggiamento di vicinanza alle persone, di accoglienza e di ascolto di tutti, aprendosi a uno stile sinodale […] e sono chiamati a vivere la fraternità presbiterale e a camminare insieme nel servizio pastorale».[9]
“La sinodalità come stile e atteggiamento che ci aiuta ad essere Chiesa”
Sempre il 26 giugno 2025, incontrando i membri del Consiglio ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, esprime la convinzione che papa Francesco abbia dato «un nuovo impulso al Sinodo dei vescovi», lasciandoci soprattutto come preziosa eredità il seguente insegnamento: «la sinodalità è uno stile, un atteggiamento che ci aiuta ad essere Chiesa, promuovendo autentiche esperienze di partecipazione e di comunione».
Per il Documento finale, «la formazione allo stile sinodale della Chiesa promuoverà la consapevolezza che i doni ricevuti nel battesimo sono talenti da far fruttificare per il bene di tutti: non possono essere nascosti o restare inoperosi».[10]
“Ascoltare le voci nostre e quelle dei poveri”
Nel videomessaggio del 29 agosto 2025 indirizzato alla provincia agostiniana di San Tommaso da Villanova (Stati Uniti d’America) si afferma che «sant’Agostino ci ricorda che, prima di parlare, dobbiamo ascoltare, e come Chiesa sinodale siamo incoraggiati a impegnarci nuovamente nell’arte di ascoltare attraverso la preghiera, il silenzio, il discernimento e la riflessione. Abbiamo l’opportunità e la responsabilità di ascoltare lo Spirito Santo; di ascoltarci gli uni gli altri; di ascoltare le voci dei poveri e delle persone ai margini, le cui voci hanno bisogno di essere udite».
Il Documento finale ricorda che «la disponibilità all’ascolto di tutti, specialmente dei poveri, si pone in netto contrasto con un mondo in cui la concentrazione del potere taglia fuori i poveri, gli emarginati, le minoranze e la terra, nostra casa comune. Sinodalità ed ecologia integrale assumono entrambe la prospettiva delle relazioni e insistono sulla necessità della cura dei legami: per questo si corrispondono e si integrano nel modo di vivere la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo».[11]
“Maria, donna sinodale, che ci chiama a camminare insieme come fratelli e sorelle”
Il 6 settembre 2025 ai partecipanti al congresso della Pontificia Accademia Mariana Internationalis rivolge queste parole: «Avete riconosciuto nel giubileo e nella sinodalità due categorie bibliche e teologiche per dire in maniera efficace la vocazione e la missione della Madre del Signore. Come donna giubilare, Maria ci appare capace sempre di ricominciare a partire dall’ascolto della Parola, secondo l’atteggiamento così descritto da sant’Agostino: Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre ode la risposta che vuole. Servo tuo più fedele è quello che non mira a udire da te ciò che vuole, ma a volere piuttosto ciò che da te ode (Confessioni, X, 26). Come donna sinodale, ella è pienamente e maternamente coinvolta nell’azione dello Spirito Santo, che chiama a camminare insieme, come fratelli e sorelle, coloro che prima ritenevano di avere ragioni per rimanere separati nella loro reciproca diffidenza e persino inimicizia (cf. Mt 5,43-48)».
Nel Documento finale leggiamo che, alla Vergine Maria, che porta lo splendido titolo di Odigitria, Colei che indica e guida il cammino, vengono affidati «i risultati del Sinodo. Lei, Madre della Chiesa, che nel Cenacolo ha aiutato la comunità nascente ad aprirsi alla novità di Pentecoste, ci insegni a essere un Popolo di discepoli missionari che camminano insieme: una Chiesa sinodale».[12]
“Vivere la sinodalità anche in famiglia”
Nel discorso rivolto il 19 settembre 2025 ai partecipanti all’incontro promosso dal Consiglio episcopale latinoamericano che aveva riflettuto con metodo sinodale su alcune questioni di attualità riguardanti la vita familiare, papa Leone invita ad applicare la categoria della sinodalità anche alla vita familiare: «Vivere la sinodalità nella famiglia richiede il camminare insieme, condividendo sofferenze e gioie, dialogando in modo rispettoso e sincero, tra tutti i suoi membri, imparando ad ascoltarsi e a prendere le decisioni familiari importanti per tutti».
“La Chiesa come laboratorio di sinodalità per realizzare fatti di Vangelo”
Ma è soprattutto nel discorso rivolto il 19 settembre 2025 in occasione dell’apertura del nuovo anno pastorale della diocesi di Roma che troviamo in termini organici e incisivi quello che papa Leone pensa della sinodalità. Lo si può esplicitare nei termini che seguono:
- Il Documento finale della XVI Assemblea sinodale del 24 novembre 2024 «contiene indicazioni che già ora possono essere recepite nelle Chiese locali, tenendo conto dei diversi contesti, di quello che già si è fatto e di quello che resta da fare per apprendere e sviluppare sempre meglio lo stile proprio della Chiesa sinodale missionaria»;
- «Attraverso il processo sinodale, lo Spirito ha suscitato la speranza di un rinnovamento ecclesiale, in grado di rivitalizzare le comunità, così che crescano nello stile evangelico, nella vicinanza a Dio e nella presenza di servizio e di testimonianza nel mondo»;
- «Il frutto del cammino sinodale, dopo un lungo periodo di ascolto e di confronto, è stato anzitutto l’impulso a valorizzare ministeri e carismi, attingendo alla vocazione battesimale, mettendo al centro la relazione con Cristo e l’accoglienza dei fratelli, a partire dai più poveri, condividendone le gioie e i dolori, le speranze e le fatiche»;
- «Una Chiesa sinodale in missione ha bisogno di abilitarsi a uno stile che valorizzi i doni di ciascuno e che comprenda la funzione di guida come un esercizio pacificante e armonioso, affinché, nella comunione suscitata dallo Spirito, il dialogo e la relazione ci aiutino a vincere le numerose spinte alla contrapposizione o all’isolamento difensivo»;
- Tocca ad ognuno di noi «metterci all’opera affinché le nostre Chiese locali diventino laboratorio di sinodalità, capace – con la grazia di Dio – di realizzare fatti di Vangelo, in contesti ecclesiali dove non mancano le fatiche, specialmente in ordine alla trasmissione della fede»;
- Per alimentare il dinamismo sinodale «nei contesti reali di ogni Chiesa locale», è necessario «lavorare per la partecipazione attiva di tutti alla vita della Chiesa», incrementando la visione di Chiesa sinodale e missionaria mediante gli organismi di partecipazione;
- Gli organismi di partecipazione «aiutano il Popolo di Dio a esercitare pienamente la sua identità battesimale, rafforzano il legame tra i ministri ordinati e la comunità e guidano il processo che va dal discernimento comunitario alle decisioni pastorali»;
- Bisogna «fare di questi organismi dei veri e propri spazi di vita comunitaria dove esercitare la comunione, luoghi di confronto in cui attuare il discernimento comunitario e la corresponsabilità battesimale e pastorale»;
- Vanno, pertanto, individuate e superate le resistenze che, soprattutto a livello parrocchiale, ne impediscono la nascita o il buon funzionamento;
- Tre gli obiettivi prioritari da perseguire con stile sinodale suggeriti da papa Leone:
(1) Curare il rapporto tra iniziazione cristiana ed evangelizzazione, «tenendo presente che la richiesta dei sacramenti sta diventando un’opzione sempre meno praticata. Iniziare alla vita cristiana è un processo che deve integrare l’esistenza nei suoi vari aspetti, abilitare gradualmente alla relazione con il Signore Gesù, rendere le persone confidenti nell’ascolto della Parola, desiderose di vivere la preghiera e di operare nella carità».
(2) Coinvolgere i giovani e le famiglie, impostando «una pastorale solidale, empatica, discreta, non giudicante, che sa accogliere tutti, e proporre percorsi il più possibile personalizzati, adatti alle diverse situazioni di vita dei destinatari […]. Si tratta – dobbiamo dirlo onestamente – di una pastorale che non ripete le cose di sempre, ma offre un nuovo apprendistato; una pastorale che diventa come una scuola capace di introdurre alla vita cristiana, di accompagnare le fasi della vita, di tessere relazioni umane significative e, così, di incidere anche nel tessuto sociale specialmente a servizio dei più poveri, dei più deboli».
(3) Potenziare la formazione a tutti i livelli. «Viviamo un’emergenza formativa e non dobbiamo illuderci che basti portare avanti qualche attività tradizionale per mantenere vitali le nostre comunità cristiane. Esse devono diventare generative: essere grembo che inizia alla fede e cuore che cerca coloro che l’hanno abbandonata. Nelle parrocchie c’è bisogno di formazione e, laddove non ci fossero, sarebbe importante inserire percorsi biblici e liturgici, senza tralasciare le questioni che intercettano le passioni delle nuove generazioni ma che interessano tutti noi: la giustizia sociale, la pace, il complesso fenomeno migratorio, la cura del creato, il buon esercizio della cittadinanza, il rispetto nella vita di coppia, la sofferenza mentale e le dipendenze, e tante altre sfide. Non possiamo di certo essere specialisti in tutto, ma dobbiamo riflettere su questi temi, magari mettendoci in ascolto delle tante competenze che la nostra città può offrire».
“Nella Chiesa nessuno è chiamato a comandare, tutti sono chiamati a servire”
Di rilevante interesse quanto detto da papa Leone il 26 ottobre 2025 alle équipes sinodali e degli organi di partecipazione, in occasione della celebrazione del loro giubileo.
«Nella Chiesa […] le relazioni non rispondono alle logiche del potere ma a quelle dell’amore […]. Regola suprema, nella Chiesa, è l’amore: nessuno è chiamato a comandare, tutti sono chiamati a servire; nessuno deve imporre le proprie idee, tutti dobbiamo reciprocamente ascoltarci; nessuno è escluso, tutti siamo chiamati a partecipare; nessuno possiede la verità tutta intera, tutti dobbiamo umilmente cercarla, e cercarla insieme».
«Essere Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede, ma si cerca insieme, lasciandosi guidare da un cuore inquieto e innamorato dell’Amore».
«Nella Chiesa dobbiamo tutti riconoscerci bisognosi di Dio e bisognosi gli uni degli altri, esercitandoci nell’amore vicendevole, nell’ascolto reciproco, nella gioia del camminare insieme, sapendo che “il Cristo appartiene a coloro che sentono umilmente, non a coloro che si innalzano al di sopra del gregge” (san Clemente Romano, Lettera ai Corinti, c. XVI). Le équipes sinodali e gli organi di partecipazione sono immagine di questa Chiesa che vive nella comunione. E oggi vorrei esortarvi: nell’ascolto dello Spirito, nel dialogo, nella fraternità e nella parresìa, aiutateci a comprendere che, nella Chiesa, prima di qualsiasi differenza, siamo chiamati a camminare insieme alla ricerca di Dio, per rivestirci dei sentimenti di Cristo; aiutateci ad allargare lo spazio ecclesiale perché esso diventi collegiale e accogliente».
Impegniamoci, allora, «a costruire una Chiesa tutta sinodale, tutta ministeriale, tutta attratta da Cristo e perciò protesa al servizio del mondo», invocando l’aiuto di Maria con le parole di Servo di Dio Tonino Bello: «Santa Maria, donna conviviale, alimenta nelle nostre Chiese lo spasimo di comunione. […] Aiutale a superare le divisioni interne. Intervieni quando nel loro grembo serpeggia il demone della discordia. Spegni i focolai delle fazioni. Ricomponi le reciproche contese. Stempera le loro rivalità. Fermale quando decidono di mettersi in proprio, trascurando la convergenza su progetti comuni» (Maria, Donna dei nostri giorni, Cinisello Balsamo 1993, 99).
[1] Cf. Vita pastorale n. 9 ottobre 2025 p. 17.
[2] Cf. Vita pastorale n. 6 giugno 2025 p. 17.
[3] Javier Cercas, Il folle di Dio alla fine del mondo, Guanda Editore, Milano 2025, p. 392.
[4] Cf. Nota in data 24/11/2024, a firma di papa Francesco, di accompagnamento del Documento finale «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione».
[5] Documento finale n. 5.
[6] Documento finale n. 23.
[7] Documento finale n. 138.
[8] Documento finale n. 147.
[9] Documento finale n. 72.
[10] Documento finale n. 141.
[11] Documento finale n. 48.
[12] Documento finale n. 155.






La via, il metodo e la prassi sinodale sono sempre esistiti nella Chiesa, non c’è una scoperta di papa Francesco; semplicemente chi abita le aule universitarie non si è accorto, se non ora, dell’evidenza, perché ha difeso unicamente una mentalità elitaria.
L’azione dello Spirito è però oggi contrastata dal narcisismo imperante nella società e nella Chiesa; per questo motivo si è visto che tanti presbiteri e vescovi hanno dimostrato disinteresse per questo tema e non hanno sostenuto gli sforzi finora compiuti. Anche molti laici, in special modo quelli di mentalità tradizionalista, nella paura di perdere quelle certezze su cui fondano la propria insicurezza umana e religiosa, continuano a bloccare il processo sinodale.
La via dell’umilta’ e del nascondimento, perseguita da papa Leone, è sicuramente quella vincente, perché combatte alla radice il protagonismo clericale e laicale, che blocca la sinodalita’. In questo modo egli favorisce la fraternità sia ecclesiale che universale.
Il punto messo da parte è attualmente quello della missione: come la sinodalita’ possa connettersi con l’evangelizzazione e favorirla. Temo che tutti rivendichino il diritto alla sinodalita’, ma pochi lavorino e s’impegnino nella missione di annunciare il Vangelo.
Leone ha una visione di missione che parte dal basso, basta leggere l’ultima lettera sulla “costellazione” educativa. Lettera ovviamente già bocciata, hai voglia poi parlare di Sinodalità se ognuno rimane nelle sue posizioni.
https://www.repubblica.it/cronaca/2025/11/07/news/cosi_l_ascesa_dei_single_ridisegnera_il_mondo-424966630/
Ieri c’erano diversi interventi interessanti su Avvenire (cartaceo, non lo ritrovo online), alla fine come ha detto Zuppi missione oggi equivale a “cura”: della casa comune, del creato, delle comunità disgregate, delle fragilità individualistiche contemporanee.
E’ una forma di bonifica come quella dei monaci benedettini se vogliamo, invece delle paludi società disgregate da una industrializzazione ( o capitalismo o come va di moda adesso patriarcato) aggressivo che ha lasciato un po’ di macerie in giro..
https://www.vinonuovo.it/attualita/societa/scuola-una-mappa-che-sa-di-vecchio/
Il link è questo scusate. Anche se l’errore non è nemmeno troppo casuale, dato che è Repubblica a parlare di ascesa dei Single, non un sito tradizionalista. In America si parla di epidemia di solitudine, missione è ripartire da qui, non a caso il nuovo Papa viene proprio da quei territori..
Poi ognuno se l’aggiusti come vuole
Ascolto quotidianamente e volentieri ciò che dice papa Leone. Noto una grande insistenza su alcuni temi: la vita interiore, la pace. La sinodalità compare molto occasionalmente e con contenuti piuttosto indeterminati, al punto che mi sto domandando se ai suoi occhi sia un sinonimo di “pace nella Chiesa”. Non mi sembra che voglia proporre riforme strutturali forti e che per ora si limiti ad accompagnare un cammino che gli appartiene solo marginalmente.
Di contro, noto in Italia un’insistenza straordinaria nel sottolineare qualunque cenno alla sinodalità di papa Leone, come se lo si volesse tirare per la giacchetta a diventare un duplicato di papa Francesco. Non ne capisco il motivo.
Dopo riforme, cammini, nuove consapevolezze e partecipazioni, penso che sia giunto il momento di chiudere il decennio dell’ecclesiologia per iniziare ad esplorare nuove strade e a porsi nuovi interrogativi, senza dimenticare il cammino percorso: a discutere solo di strutture, finiremo per credere che il problema sia solo strutturale
Si ma sinodali altrove, non in Italia. In CEI si comanda uno alla volta.
Per ora, con tutta franchezza, la sinodalità in Leone XIV è una parola sommessa, non ancora esplicitata (https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2025/08/le-sfide-della-chiesa-con-leone-xiv.html). Apparentemente sembra muoversi sulla scia di Francesco, ma ci sono certe decisioni che dovrà prendere e allora si vedrà chi è questo nuova Papa.
L’aggettivo “sinodale” deriva dalla parola “sinodo”, che a sua volta proviene dal greco sýnodos (σύν + ὁδός) e significa “strada insieme” o “camminare insieme”. Il significato etimologico è quindi “relativo al sinodo”, che indica un’assemblea di persone che camminano insieme lungo una via, sia in senso concreto che figurato, come un viaggio spirituale.
Ho preso questa spiegazione dal motore di ricerca su internet.. cerco e trovo sempre.. ma occorre stare attenti.. e Sapere che è una strada.. e pertanto minata..
Allo stesso modo la Chiesa deve Sapere che camminando in strada e facendo la Strada partecipano tutti.. anche quelli che non credono.. che fanno sentire ugualmente la loro voce.. che può essere contraria alla voce di quelli che credono.. e compito di quest’ultimi è proprio quello di convincerli.. e sia la volta buona.. eh sì ci sta eccome.
È una Grazia speciale.. unica.. perché siamo accompagnati da Cristo Gesù.. che non fa tremare la terra.. non scuote i monti.. non incenerisce le persone.. no.. è mite e umile di cuore.. e porta sulle spalle chi si smarrisce.. come fa un vero pastore con le sue pecore.. anzi di più.. raduna le pecore di altri ovili lungo il cammino.. comunque sono Sue.. e le porta a Casa.