Risonanze teologiche fra musica e letteratura

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Nel salone degli arazzi del Palazzo Vescovile di Mantova, il 5 dicembre scorso, si è svolto l’evento dal titolo All’ascolto Risonanze Teologiche fra Musica e Letteratura nell’ambito della Terza edizione di «Letteratura e Vita». La risonanza delle parole e Il discorso religioso della musica sono le tematiche approfondite rispettivamente dal sacerdote milanese Roberto Maier e dal teologo Andrea Grillo.

Fra gli organizzatori dell’incontro, l’Associazione Isacco, nata in tempo di Covid, per iniziativa di un gruppo di genitori e di ragazzi che sentivano l’esigenza di uscire dall’isolamento e di fare comunità attraverso una serie di eventi capaci di rispondere alle loro domande in quel momento critico.

Il titolo All’Ascolto è ripreso da un libro di Jean-Luc Nancy, nel quale il filosofo esorta ad esercitare questa abilità, venuta meno soprattutto in ambito filosofico e teologico. L’attuale sterilità della filosofia e della teologia sta nella loro incapacità di ascoltare. In ogni dialogo, infatti, ci vuole orecchio musicale e questo vale soprattutto con i testi sacri, per cogliere la risonanza delle parole che va al di là del senso (A. Natali Terrin).

La risonanza delle parole

«Che cosa c’è di musicale nella parola poetica e nella parola di Dio?». Da questa domanda è iniziato l’intervento di Roberto Maier.

Per Flaubert la letteratura è ricerca della parola giusta (le mot juste). La ricerca della parola giusta è primaria in letteratura, filosofia e teologia. Anche la scienza cerca la parola giusta senza, però, mai raggiungerla. Se per il discorso teologico la parola giusta va nel tempo «rimessa a tema», la letteratura e la poesia realizzano «l’accesso al senso» in maniera «perfetta», così come nel rito.

La parola giusta non è adaequatio alla cosa, non è la parola efficace o corretta razionalmente, ma è quella che sa esprimere l’evento nella sua autenticità, come afferma Annie Ernaux nel suo libro intitolato, appunto, L’evento. È quella parola che dimostra di aver vissuto la vita.

La parola di Dio non è coincidente con la cosa; la loro coincidenza significherebbe la morte di entrambe. Jullien in Risorse del cristianesimo parla di decoincidenza della parola di Dio. Decostruendo i discorsi, Dio invita a pensare oltre, realizzando il passaggio dal vitale al vivente. La parola giusta è quella che vibra dentro di noi, che ha una sua musicalità e come tale sa esprimere l’esistere più che il reale.

Anche le parabole, che non sono esempi morali o semplificazioni della realtà, hanno una forma musicale: esse costituiscono un punto critico che continua a risuonare dentro. L’«E tu che ne dici?», rivolto da Gesù all’interlocutore, induce chi ascolta a dare la risposta implicita nel testo: dando la risposta giusta, la verità è raggiunta. Ed è proprio da questa vetta che inizia la fede: per poter aderire in modo autentico a questa verità è necessario fare un percorso a ritroso che chiama in causa il noi e ci interpella sul che cosa vogliamo fare di questa verità che ci è stata rivelata.

Il cambiamento è radicale e prevede di abbandonare l’immagine che ognuno ha di sé stesso per scendere in profondità, laddove «l’acqua della vita si è raccolta». La parola parabolica crea dunque una tensione, una «fessura»: nel blocco della giustizia e della misericordia della parabola del Figlio prodigo, l’interlocutore deve decidere con quale personaggio schierarsi, se debba prevalere la giustizia o la misericordia e in che misura.

Anche la musica, come la parola, sgorga da una tensione, da un punto critico.

Il discorso religioso della musica

La parola musicale, per Andrea Grillo, va distinta dalla parola letteraria. Essa ha radici in un atto di adorazione dell’uomo verso Dio. In quest’ottica, la tecnica della riproduzione estingue il momento cultuale, che Wagner recupera attraverso il purismo dell’esecuzione in un contesto di silenzio.

Affrancando il musicista dalla subalternità al potere, Beethoven fa della musica una forma del pensiero che, generata alla presenza della grazia, diventa espressione di riconciliazione.

C’è tensione fra parola e suono. Nella storia della Chiesa, da una parte la forza sovrastante della musica ha indotto a moderarne gli eccessi, dall’altra essa o è diventata di repertorio o è stata relegata al ruolo di accompagnamento.

Il recupero della messa gregoriana, agli inizi del Novecento, ha annullato l’evento musicale ingessandolo all’interno della tradizione. Ma il linguaggio musicale è più potente della parola, perché esprime ciò che la precede e va oltre: la parola da sola non esaurisce la forma che ispira. Per questo, nel corso dei secoli, è stata travagliata la contrattazione fra musica e parola: si è dato spazio alla parola, ma poi si è scoperto che è la musica a dare profondità ai testi.

Con la musica – afferma san Tommaso – si vive un’esperienza altra rispetto alla parola, perché essa supera la fruizione privata e ci rende parte di una comunità. È attraverso il simbolo che il messaggio musicale ci guida a cogliere la radicalità dell’esistenza, così come fa il discorso teologico parlando di Dio.

Papa Francesco, nella sua Lettera sul ruolo della Letteratura nella formazione dei sacerdoti ha, invece, riconosciuto alla parola letteraria la capacità di comunicare in modo efficace la verità dell’esistere e di collocare l’uomo in una posizione autentica: «ha il potere di toccare i cuori e di rendere i futuri sacerdoti più sensibili alla piena umanità di Gesù Cristo, in cui si riversa la divinità. Per i credenti, la Letteratura è indispensabile per dialogare con la cultura del tempo e comprendere le esperienze umane nella loro complessità».

Nella musica la parola è significativa in quanto voce; ogni pensiero musicale si crea all’interno di una cultura musicale e di una lingua; per questo motivo la parola cantata non può darsi se non nella lingua originaria.

L’ascolto di brani musicali di Bach proposti da Grillo chiariscono agli ascoltatori non solo il senso delle riflessioni esposte dal teologo ma, soprattutto, la forza e la bellezza del messaggio musicale.

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Un commento

  1. Fabio Cittadini 28 dicembre 2024

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