Pulcinelli: Introduzione alla Bibbia

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Sacra Scrittura

Il sessantenne esegeta romano Giuseppe Pulcinelli, docente di sacra Scrittura alla Pontificia Università Lateranense e di materie bibliche alla Pontificia Università Gregoriana, mette a frutto la sua lunga esperienza di insegnamento fornendo agli studenti dei corsi teologici un prezioso strumento di lavoro per quanto riguarda l’introduzione generale alla sacra Scrittura.

La collana in cui è inserita l’opera intende, infatti, proporre volumi che forniscano un primo approccio sintetico alla materia presa in esame.

Ricordiamo alcuni passaggi del volume, seguendo spesso da vicino il dettato dell’autore.

Parola di Dio in parole umane

Nell’Introduzione (pp. 11-28) Pulcinelli si sofferma sulla Parola di Dio in parole umane. La Bibbia è il libro dei libri, un «grande codice» e un testo «sacro».

La lettura dell’episodio di At 8,30 con Filippo che spiega all’eunuco il testo biblico di Isaia fornisce le coordinate corrette per leggere la Parola e interpretarla per viverla.

Sono proposte alcune chiavi di lettura per entrare nella Bibbia: se la Bibbia testimonia la religione di un popolo, occorre innanzitutto porsi nella stessa prospettiva di fede in cui fu scritta. Essendo tutta ispirata da Dio, rappresenta nel suo insieme la rivelazione divina. La Bibbia costituisce così un’unità, per cui ogni brano va letto e interpretato alla luce dell’intera Scrittura.

La Bibbia va interpretata prima di tutto con la Bibbia stessa. Non ci possono essere contraddizioni fra i testi. Nell’interpretazione, infine, va tenuto conto della tradizione viva della comunità di fede. La singola interpretazione deve essere in accordo con l’insieme della rivelazione.

La Dei Verbum

Nel capitolo primo del libro (pp. 29-44) Pulcinelli analizza la prospettiva aperta dalla Dei Verbum (approvata il 18 novembre 1965), la costituzione conciliare sulla Rivelazione che costituisce la base imprescindibile per ogni approccio corretto alla Bibbia. Si studia il cammino che portò alla sua composizione, se ne presentano le finalità e i contenuti, l’impostazione metodologica con i punti essenziali di novità e il cammino che resta da compiere di fronte alle sfide attuali.

La parola di Dio ha un’origine divina e Dio ha voluto entrare in comunicazione con gli uomini, per creare comunione con loro e fare con loro una storia della salvezza, in Cristo, mediatore e pienezza della rivelazione.

Si ricordano le modalità della trasmissione della rivelazione e si presentano i temi dell’ispirazione divina e dell’interpretazione della sacra Scrittura.

Le sacre Scritture sono ispirate perché hanno Dio come autore con la mediazione di veri autori umani che scrissero sotto l’azione dello Spirito santo. La Bibbia è Parola di Dio in linguaggio umano.

Vengono forniti i principi fondamentali dell’ermeneutica biblica, alla cui base c’è l’analogia tra la limitatezza delle parole umane nell’esprimere la parola di Dio e la stessa incarnazione del Verbo.

L’Antico Testamento ha un valore perenne, mentre il Nuovo Testamento manifesta in modo eminente la Parola di Dio in quanto testimonianza del mistero di Cristo.

La vita e il messaggio di Gesù sono contenuti specialmente nei quattro Vangeli – dei quali si sottolinea il valore storico – mentre gli altri scritti testimoniano il cammino della Parola nelle comunità apostoliche e offrono un’ulteriore spiegazione dell’autentica dottrina cristiana.

Il sesto capitolo della DV è la magna charta della pastorale biblica e la base fondamentale della pastorale tout court. L’autore presenta le implicazioni pratiche riguardanti la sacra Scrittura e accenna al valore della Tradizione. Emerge qui il valore eminentemente pastorale del concilio Vaticano II.

La Dei Verbum riguarda tutta la rivelazione e non soltanto la sacra Scrittura, anche se in tale comunicazione di Dio essa ha un ruolo di primo piano. La rivelazione è una Persona ed è un concetto più ampio e profondo rispetto allo scritto sacro. Nell’esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini del 30 settembre 2010 Benedetto XVI afferma: «Sebbene il Verbo di Dio precede ed ecceda la sacra Scrittura tuttavia, in quanto ispirata da Dio essa contiene la Parola divina in modo del tutto singolare» (n. 17).

Impostazione metodologica e novità della DV

Per quanto riguarda l’impostazione metodologica e i punti essenziali di novità presenti in DV, Pulcinelli ricorda la risoluzione del problema della relazione tra la sacra Scrittura e la Tradizione. L’unica fonte divina è la Parola di Dio. Il testo biblico è affermato nella sua sacralità e viene solennemente affermato che «È necessario che i fedeli cristiani abbiano un largo accesso alla sacra Scrittura» (DV 22). Si raccomandano versioni accurate dai testi originali.

«Lo studio della sacra pagina sia come l’anima della sacra teologia» si afferma inoltre in DV 24. La teologia è stimolata a rinnovarsi a partire dagli studi biblici a livello accademico. Si stimola la pratica della lectio divina e si esorta al fatto che la Bibbia sia presente in ogni casa.

Le sfide attuali riguardano una catechesi ancora poco ancorata alla Bibbia, una predicazione antiquata e non adeguatamente attualizzante dei testi, un persistente senso di diffidenza verso l’AT, un ancoraggio ancora debole a livello biblico di varie tesi teologiche, lo scarso accostamento dei fedeli al testo sacro, lo studio della Bibbia confinato praticamente solo nelle facoltà ecclesiastiche ecc. Il bilancio non è del tutto positivo, ma sicuramente incoraggiante.

Ispirazione e verità

Il capitolo secondo del volume (pp. 45-76) affronta i temi dell’ispirazione e della verità della sacra Scrittura. Ricordato che la Bibbia è “ispirata” in quanto ha Dio come autore principale, si ricostruisce il cammino della riflessione sull’ispirazione fino alla DV. Si ricordano vari documenti del magistero sul tema e si riflette sull’ispirazione del singolo autore umano o del testo finale. Oggi si sostiene che ispirati sono tutti coloro che hanno collaborato alla stesura del testo finale della Bibbia.

L’ispirazione rimane un tema sfuggente e difficile, che ha a che fare con un carisma di linguaggio, per esprimere correttamente i contenuti percepiti come rivelati da Dio. Lo Spirito Santo ha ispirato degli uomini scelti da Dio «nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte» (DV 11).

L’esegeta L. Alonso Schökel ricostruisce il processo che, secondo la sua opinione, ha portato alla composizione dell’opera “ispirata”.

Dapprima vengono i materiali (l’esperienza dell’autore). Poi l’intuizione o una scintilla illuminatrice che mette in atto il processo successivo. Negli agiografi tale intuizione è sotto l’influsso della Spirito e mette in azione un impulso creativo per l’opera. Il terzo momento è quello dell’esecuzione, una necessità di esprimersi nello scritto, momento in cui le esperienze e la creatività si concretizzano nella formulazione letteraria. Anche questo momento è sotto l’azione dello Spirito Santo.

Scrive Alonso Schökel: «In ciò principalmente risiede il carisma: la missione degli agiografi è quella di trasformare in sistemi di forme significative la storia del popolo, le sue personali esperienze, le illuminazioni di Dio, il senso della storia, le opere di salvezza, la risposta del popolo a Dio […]. L’ispirazione è carisma di linguaggio, e il linguaggio si forgia in questo stadio creativo» (cit. alle pp. 56-57).

Dalla teoria dell’inerranza biblica si passò a quella positiva della verità biblica. La verità è Dio e la sua salvezza. La verità biblica trasmessa è quella concernente la salvezza dell’uomo, non certo quella riguardante perfette conoscenze storiche, geografiche, culturali ecc.

Nella Bibbia c’è la presenza massiccia della violenza, ma DV ricorda che l’AT contiene «cose imperfette estemporanee» che la «pedagogia divina» non poteva eliminare subito. Alla luce di Cristo, alcune concezioni e precetti non sono più validi (schiavitù, divorzio, sterminio, precettistica riguardanti i riti sacrificali ecc.). La Bibbia conosce un’evoluzione morale considerevole, che trova il suo compimento nel Nuovo Testamento.

La rivelazione è progressiva e rispecchia una lenta maturazione della coscienza del popolo, che viene ammaestrato dallo Spirito in maniera corrispondente al livello di comprensione in cui si trova, per essere poi pian piano elevato al disegno di Dio.

La corretta comprensione dell’ispirazione e della verità della Scrittura richiede i seguenti elementi:

1) Le affermazioni contenute nella Bibbia vanno considerate nella prospettiva del progetto salvifico di Dio (“verità salvifica”);

2) La Bibbia va considerata come un’unità, per cui le varie parti vanno lette alla luce dell’insieme e soprattutto alla luce dell’evento Cristo;

3) Va considerato l’uso dei generi letterari, specialmente per quei testi che sono maggiormente legati al modo di esprimersi dell’autore antico (cf. DV 12);

4) Va tenuto presente il carattere progressivo della rivelazione (cf. DV 15);

5) L’AT contiene cose imperfette e transitorie (cf. DV 15), che cioè vanno reinterpretate alla luce del compimento cristologico.

Il canone e il testo della Bibbia

Il capitolo terzo dell’opera (pp. 77-118) affronta il tema del canone, mentre il quarto (pp. 119-160) esamina quello del testo biblico.

Il canone

Si esaminano la terminologia, si elencano gli scritti deuterocanonici e protocanonici, si descrive la differenza tra le Scritture ebraiche e l’Antico Testamento, si analizza il canone del Nuovo Testamento e i libri esclusi dal canone, cioè gli apocrifi.

L’autore ricorda alcuni criteri indispensabili per stabilire la canonicità di un testo. Sono dedotti dalla riflessione fatta dalle Chiese che man mano accoglievano e riconoscevano l’autenticità e l’autorevolezza di tali scritti.

Un primo ordine di elementi rimanda a criteri esterni: l’apostolicità, l’ortodossia, la concordanza con gli altri libri già accettati, la validità perenne dei contenuti. I criteri interni rimandano alla convinzione ecclesiale che il testo sia stato “prodotto” sotto l’azione dello Spirito Santo (e quindi “ispirato”). Ciò viene dedotto dall’esperienza spirituale (edificazione, rinnovamento, santificazione) che la comunità e il singolo fanno al suo contatto (proclamazione, ascolto, predicazione). Questo concetto di ispirazione divina sta alla base della normatività della Scrittura intesa come “parola di Dio”.

Un terzo gruppo di criteri rimanda al contesto ecclesiale: il riconoscimento dei libri scritti come canonici da parte della maggior parte delle Chiese antiche, il fatto che questi siano letti nella liturgia e citati come sacra Scrittura da parte delle autorità ecclesiali riconosciute. Tutti questi criteri possono essere riassunti sotto l’unico concetto di Tradizione della Chiesa. «È la Tradizione che fa conoscere alla Chiesa l’intero canone dei libri sacri» (DV 8).

Il testo della Bibbia

Pulcinelli esamina, a questo punto, il tema del testo della Bibbia, Antico e Nuovo Testamento. Si parla della scrittura, delle lingue e del materiale scrittorio, del testo ebraico dell’AT e dei suoi testimoni, delle versioni antiche dell’AT e delle principali traduzioni cristiane antiche della Bibbia. Dopo aver trattato del testo del NT, si accenna alla critica testuale e, in un excursus, vengono presentati Qumran e gli importanti manoscritti del Mar Morto.

L’ermeneutica biblica

Il capitolo quinto del volume (pp. 161-194) studia il difficile ma affascinante tema dell’ermeneutica biblica.

L’autore offre, dapprima, una breve rassegna storica dell’interpretazione biblica.

La riflessione filosofica moderna sul rapporto tra verità e interpretazione ha messo in luce la loro stretta interrelazione, per cui, in definitiva, non esiste la verità se non nella sua interpretazione (cf. L. Pareyson).

La Bibbia necessita però di un’intensa e particolare opera di interpretazione, che tenga conto della sua specificità, quella cioè di essere Parola di Dio con il suo valore assoluto e permanente, e che, allo stesso tempo, si presenta nella sua espressione umana, con un linguaggio, generi letterari ed esperienze storiche contingenti.

Spiega Pulcinelli: «Applicata alla Bibbia, l’ermeneutica la si può intendere come la disciplina che precisa quali sono i principi interpretativi e insegna le regole e le metodologie per applicare tali principi, con la finalità di interpretare correttamente il testo biblico» (p. 163).

Lo studioso parte dall’interpretazione biblica tipica del giudaismo – con il concetto plurale di Torah orale e scritta –, con le regole fissate dalla tradizione rabbinica (middot, plurale di middah = “regola, norma”). Si conoscono le sette middot di Hillel (I sec. d.C.), le tredici di rabbi Ishmael (I-II sec. d.C.), fino alle 32 di rabbi Eliezer ben José ha-Gelil (II sec. d.C.).

L’interpretazione agli inizi del cristianesimo comprende già il lavorio ermeneutico presente nei Vangeli e nelle lettere paoline nei confronti dell’AT.

L’epoca patristica e medievale vede l’interpretazione cristologica dell’AT, interpretando i vari personaggi come “tipi” o modelli per il cristiano. Ad Alessandria fiorisce il metodo allegorico (Filone, Origene), mentre ad Antiochia di Siria prevale l’approccio più rispettoso del senso letterale (Teodoro di Mopsuestia, Crisostomo ecc.). Agostino insiste nella ricerca del senso inteso dall’autore e intravede l’importanza di comprendere il genere letterario.

Si sente il bisogno di fissare delle regole interpretative per evitare rischio dell’arbitrarietà.

I sensi della Bibbia

Nel Medioevo una prima maturazione dell’ermeneutica si ha con il ricorso ai cosiddetti sensi della Scrittura. Tommaso d’Aquino stabilisce una distinzione netta tra i due sensi, letterale e spirituale (tipico, mistico, figurativo). Il famoso distico di Agostino di Dacia, XIII sec., recita: Littera gesta docet, quid credas allegoria, moralis quid agas, quo tendas [Pulcinelli a p. 170: quid speres] anagogia. I sensi da ricercare nel testo biblico sono quindi quattro: quello letterale riguarda la storia, i fatti, gli eventi; quello allegorico, o spirituale, indica ciò che si deve credere; quello morale insegna come agire; quello anagogico riguarda la realtà futura, escatologica.

Nel suo documento del 15 aprile 1993, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, la Pontificia Commissione Biblica propone il senso letterale, quello spirituale e quello pieno.

Il primo rimanda al senso espresso dagli autori umani ispirati; il senso spirituale lo si ricava dalla lettura dei testi letti sotto l’influsso dello Spirito Santo alla luce del mistero pasquale di Cristo, per cui il NT è inteso come compimento dell’Antico. Con il senso pieno (sensus plenior) si intende, infine, un senso più profondo del testo, voluto da Dio, ma non chiaramente espresso dagli autori umani. Meno legato al senso letterale, esprime delle verità che, nel corso dei tempi, emergono dal confronto dei testi biblici fra loro, grazie anche all’inserimento di quel testo nel canone delle Scritture.

L’epoca moderna vede i prodromi dell’esegesi storico-critica, che si affermerà sempre di più. Il pericolo è quello di perdere di vista che il testo è “sacro”, cioè ispirato da Dio in una comunità credente e sempre valido per ogni comunità che lo accoglie come tale. Va ricordato che il luogo dell’interpretazione è a livello comunitario e non limitato al lavoro individuale del biblista.

Dopo l’enciclica di papa Pio XII Divino afflante Spiritu del 1944, che apprezza i generi letterari, si giunse alla Dei Verbum del concilio Vaticano II.

DV 12 chiede di ricercare che cosa gli agiografi abbiano voluto dire e cosa sia piaciuto a Dio manifestare con le loro parole.

Vanno valorizzati i generi letterari e va posta attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo.

La sacra Scrittura va letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta e si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura.

Compito degli esegeti è far sì che, mediante i loro studi, in qualche modo preparatori, maturi il giudizio della Chiesa.

I metodi esegetici

Pulcinelli descrive quindi i vari metodi esegetici.

“Metodo” (meta + hodos = “strada con la quale si va oltre”) indica una strada che conduce verso la meta, un itinerario che punta a uno scopo. Un buon metodo serve a raggiunge un determinato fine, altrimenti è fuorviante.

Ci sono metodi che prediligono la lettura della Bibbia in prospettiva sincronica (si attengono al testo nella sua forma finale) e altri che seguono una prospettiva diacronica, indagando il processo evolutivo, lo sviluppo cronologico del testo, dalla sua origine fino al testo attuale.

Pulcinelli si sofferma a lungo sul metodo storico-critico, benemerito e molto in voga ancora oggi. Applicato alla pratica dell’esegesi, esso comprende la critica testuale, la “storia delle forme” o “storia dei generi letterari”, la “storia delle fonti” o “storia delle tradizioni” e, infine, lo studio della “storia della redazione”, con l’analisi dell’apporto dei vari redattori che hanno contribuito alla forma finale del testo o a quello del redattore finale (ad esempio dei vangeli) che ha fatto delle scelte in base agli orientamenti e allo stile propri, con una prospettiva teologica peculiare che lo rende un vero e proprio autore e non un semplice redattore.

Negli ultimi decenni è andato via via sempre più apprezzato il metodo narrativo, visto che la maggior parte dei testi biblici è di natura narrativa. Se il metodo storico-critico riguarda l’origine e lo sviluppo del testo (autore, fonti, circostanze, storicità, intenzione ecc.), l’approccio sincronico narrativo si chiede perché il testo racconti questo, quale effetto produca o voglia produrre nel lettore-destinatario, quale sia la caratterizzazione dei personaggi, quale lettore voglia costruire. Ci si concentra sul lettore del testo, dando per acquisita la distinzione fra “autore reale” e “autore implicito”, “lettore reale” e “lettore implicito”.

Il citato documento della Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa ricorda anche altri numerosi metodi o approcci che si prefiggono una lettura sincronica del testo. Menziona l’analisi retorica (che si rivela preziosa soprattutto nello studio delle lettere paoline) e l’analisi semiotica-strutturalista. Vengono ricordati anche gli approcci basati sulla tradizione, come quello canonico, e quello basato sull’interpretazione giudaica. Un approccio è attento alla storia degli effetti dei testi, mentre altri approcci si servono maggiormente delle scienze umane: approccio sociologico, psicologico-psicanalitico, antropologico, approcci “contestuali” (liberazionista e femminista).

Pulcinelli ricorda che il lettore deve domandarsi quale metodo si rivela più adatto al particolare testo che si sta affrontando e deve essere consapevole che nessuna interpretazione sarà esaustiva o definitiva. Occorre sempre flessibilità e apertura a nuove acquisizioni scientifiche e di tipo ecclesiale-spirituale. Nessuna interpretazione è unica e definitiva, perché, in quanto Parola di Dio, la Bibbia è una fonte inesauribile e zampillante di ricchezze sempre nuove.

“La Chiesa come luogo originario dell’ermeneutica della Bibbia” è il primo significativo sottotitolo dell’importante e ricca esortazione apostolica post-sinodale di Benedetto XVI Verbum Domini (30 settembre 2010). Egli sintetizza gli interventi magisteriali precedenti e intende indicare quale deve essere la lettura credente della sacra Scrittura.

Folgoranti sono gli aforismi sull’interpretazione biblica scritti dall’indimenticato maestro di ermeneutica L. Alonso Schökel e riportati da Pulcinelli a p. 188 in uno dei numerosi riquadri fuori testo che integrano ciò che viene detto nel testo principale.

Traduzione e glossari

Alcune pagine dedicate al delicato tema della traduzione della Bibbia precedono l’Appendice (pp. 195-216) dedicata alla terminologia delle scienze bibliche e ausiliarie: le parole più comuni, qualche parola più tecnica, la terminologia impiegata nell’analisi letteraria del testo, un glossarietto di esegesi rabbinica.

Oltre ai testi riportati in appositi “box” per esaminare più a fondo qualche tematica specifica o per citare pagine illuminanti di vari autori, va ricordato che, alla conclusione di ogni capitolo, l’autore riporta una breve bibliografia in ordine all’approfondimento del tema trattato.

Il volume di Pulcinelli risulterà davvero utile a studenti, docenti, catechisti, guide di gruppi biblici per acquisire una mappatura sintetica ma completa dell’immensa foresta costituita dalla Bibbia (“i libri”).

Il carattere tipografico un po’ piccolo adottato nei testi di questa collana può essere un piccolo neo dell’opera, ma non ne inficia il valore.

Lo scritto dello studioso troverà senz’altro la sua valorizzazione soprattutto nei corsi accademici (e non) introduttivi alla Bibbia.

Sacra Scrittura

Giuseppe Pulcinelli, Introduzione alla Sacra Scrittura (Fondamenta), EDB, Bologna 2022, pp. 222, € 24,00, ISBN 9788810432358.

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