
Lo scalpore che ha suscitato l’intervento di Giorgia Meloni al Meeting di Rimini, con le sue lodi sperticate, tra le ovazioni dei presenti, per l’impegno di Comunione e Liberazione in politica in netto contrasto con la «scelta religiosa» dell’Azione cattolica, ha subito riportato a questioni che sembravano archiviate definitivamente.
Azione cattolica e Cielle
Personalmente ho pensato a un rigurgito della vecchia guardia di Cielle. Un rigurgito, cioè, da parte di chi ha steso un testo di quel tenore (non certamente farina del sacco di Meloni) perché, dopo oltre sessant’anni, non ha ancor oggi digerito l’allora estromissione di Gioventù Studentesca (GS) dall’Azione cattolica, estromissione voluta dall’arcivescovo di Milano Giovanni Colombo in accordo con Paolo VI.
Don Giussani, come si sa, non aveva nessuna intenzione di fondare un nuovo movimento nella Chiesa. Il suo obiettivo era piuttosto quello di impossessarsi dell’Azione cattolica, riformandola dal suo interno: un’AC da lui giudicata troppo ingessata, frenata dalla sua pesante struttura organizzativa, incapace di offrire ai giovani una proposta forte di incontro con la persona di Gesù.
Giussani era talmente convinto di questo che arrivò fino al punto di chiedere alla Conferenza episcopale italiana di allora che GS non fosse considerata un’esperienza «accanto all’Azione cattolica» ma, come ebbe modo di spiegare ai suoi, un’esperienza «dell’Azione cattolica, come siamo sempre stati».
Il suo disegno – per fortuna – non andò in porto, e fu costretto a dar vita ad un movimento a sua immagine e somiglianza. I giovani ciellini di allora, a lui più vicini (rimasti laici oppure diventati preti, vescovi o cardinali) rimasero però ancorati a quell’idea, mai digerita appunto, e dopo una vita intera rigurgitano ciò che ancora è rimasto loro sullo stomaco.
È più che evidente che quel pezzo del discorso di Meloni lo abbia scritto un reduce di quella esperienza, oggi ghost writer del governo in carica, dopo esserlo stato di altri governi di centrodestra. E bene ha fatto Rosy Bindi che su Avvenire ha rimesso il campanile al centro del villaggio, seguita da altri interventi che si sono successivamente succeduti come quello – ineccepibile – di Marco Vergottini su SettimanaNews, che ha richiamato le differenze sostanziali e pastorali tra AC e CL.
Devo però confessare che leggere queste cose oggi mi fa uno strano effetto. Mi riportano a un tempo (per noi entusiasmante) che non c’è più. A un passato che crediamo esista ancora, intatto come allora, ma che in realtà è solo nella vita di chi l’ha vissuto, e che ha ormai superato ampiamente i sessanta, settanta, ottant’anni.
La realtà della Chiesa, oggi, è un’altra. Così come lo sono i problemi che la dividono. Davvero crediamo ancora (come il reduce ciellino autore del testo letto da Meloni) che esista una contrapposizione tra AC e CL così come l’abbiamo vissuta mezzo secolo (e più…) fa?
Chi partecipa alla vita del movimento o a quella associativa in parrocchia e nelle diocesi, non sa nulla delle dispute teologiche o pastorali di allora, così come non ci sono molte occasioni di incontro (o di scontro) tra gli appartenenti alle due organizzazioni.
Le generazioni postconciliari, poi, a partire dai papaboys di Giovanni Paolo II (pure loro ormai maturi e attempati…), neppure sanno cosa siano la scelta religiosa o l’impegno politico dei cattolici. Forse neppure sanno cos’è il Concilio Vaticano II così come lo abbiamo letto, studiato, approfondito, conosciuto, difeso e annunciato noi boomers cattolici. Per loro è solo storia della Chiesa (come lo fu per noi il Vaticano I) e non documento vivo, punto di riferimento imprescindibile per la pastorale e la liturgia, per la presenza nella società e per il dialogo ecumenico.
Crisi della Chiesa e il vecchio che avanza
La realtà della Chiesa di oggi è diversa: sociologicamente, politicamente, ecclesialmente.
Sociologicamente assistiamo – come ovunque in questa epoca – ad un ritorno al privato, ad un individualismo vissuto come chiusura a nuove esperienze comunitarie di impegno e di accoglienza. Restano attive (molto attive, per fortuna) quelle iniziative sorte negli anni Settanta da preti di strada e da vescovi intraprendenti. Ma nuove opere che rispondano ai bisogni di povertà e di emarginazione ne nascono raramente.
Anche il tempo dello stato nascente o dell’«effervescenza collettiva» – come la definiva Durkheim –, che diede vita alla stagione dei nuovi movimenti, è finito. Basta guardare ad alcune iniziative del mondo cattolico promosse nelle parrocchie o nelle piazze per notare come la partecipazione, quando c’è, è anagraficamente riconducibile al secolo scorso.
La realtà della Chiesa è diversa anche politicamente. Un gran numero di cattolici (vescovi e cardinali compresi…) rimangono affascinati e ammirati da politiche identitarie, che brandiscono rosari e statue della Madonna, che prendono a modello autocrati capi di Stato, che sventolano bandiere e invocano Gesù Cristo per dare battaglia (fisicamente, non solo metaforicamente) a stranieri, musulmani, gay, lesbiche, woke, abortisti… Basta guardare alla Francia o all’Italia, per domandarsi da quale elettorato traggano sostegno leader e partiti che raccolgono oggi maggioranze di destra.
Ma la realtà della Chiesa di oggi è diversa anche – e soprattutto – ecclesialmente. Stiamo assistendo al vecchio che avanza. Come un fiume carsico, infatti, il movimento tradizionalista che si pensava incanalato tra gli argini della corrente lefebvriana, è riemerso con particolare risalto in molte realtà ecclesiali, soprattutto in Francia, Svizzera, Stati Uniti, Spagna, Germania e Italia, come anche evidenziato, proprio su SettimanaNews, dal politologo austriaco Thomas Schmidinger.
Parroci che celebrano la messa con le spalle rivolte ai fedeli. Preti che impongono nelle loro parrocchie riti in latino. Ragazze che assistono col velo in testa e giovani che si inginocchiano con le mani giunte per ricevere la Comunione in bocca. Ma soprattutto – e questo dovrebbe far riflettere – chiese che si riempiono di giovani con queste caratteristiche mentre tutte le altre restano vuote. Scene ormai ricorrenti, che i più anziani non vedevano da sessant’anni e che si ripresentano con sempre maggiore frequenza anche nelle nostre parrocchie.
In occasione dell’ultima Pasqua, la Francia ha assistito a un record di battesimi: 10.384 adulti (il 45% in più rispetto all’anno prima e il 60% in più in dieci anni) e oltre 7.400 adolescenti tra gli 11 e i 17 anni. Fenomeni simili sono stati osservati nella Svizzera francese dove si conferma l’aumento del numero di catecumeni. In diverse località, la partecipazione a celebrazioni particolari è aumentata in modo significativo. Un incontro per cresimandi, tenutosi recentemente a Ginevra, città di Calvino, ha registrato un’affluenza record.
Il comun denominatore di queste manifestazioni, che qualcuno potrebbe considerare confortante, è che questo riavvicinamento ad una rinnovata pratica religiosa è legata a un movimento tradizionalista che avanza, soprattutto nei grandi centri urbani.
Cosa sta, dunque, accadendo nella Chiesa cattolica? Sembrerebbe un nostalgico ritorno al passato, se protagoniste fossero persone anziane che non hanno mai accettato le riforme liturgiche del Concilio Vaticano II. Invece ci si accorge che, a ripescare antiche liturgie, addobbi impolverati riposti nei depositi parrocchiali, comportamenti che si pensavano abbandonati, sono preti di fresca ordinazione e giovanissimi fedeli. È una nuova generazione di cattolici che avanza guardando a un passato che non hanno mai vissuto e quindi che per loro è novità. Non è quindi un ritorno al passato ma un «ritorno al futuro».
È un fenomeno non organizzato in strutture definite, ma piuttosto spontaneo e informale. Un fenomeno che, però, si va diffondendo in modo crescente. Non tanto per il numero di persone che vi aderisce (nelle realtà locali sono ancora pur sempre una minoranza, anche se in aumento) quanto per diffusione sul territorio. Sono fedeli che – pur non frequentando le messe tridentine – si comportano nelle nostre chiese secondo norme liturgiche ormai in disuso o addirittura abolite. Comportamenti spontanei, alimentati da sempre più numerosi preti (giovani preti, appunto) che reintroducono gesti, culti, pratiche, suppellettili, vesti e ornamenti sacri che l’ultimo Concilio aveva raccomandato di eliminare.
A tutto ciò va aggiunto, cosa impensabile fino a pochi anni fa, che in ogni diocesi ci sono luoghi di culto dove viene autorizzata la celebrazione della messa vetus ordo e che diventano punto di riferimento e di ritrovo sistematico.
Altri riti tridentini avvengono, senza autorizzazione, in località dove, da un giorno all’altro, fedeli comuni si ritrovano ad assistere a incomprensibili liturgie in latino, creando in loro non poche perplessità. E a un cardinale di Santa Romana Chiesa viene autorizzata la celebrazione della messa preconciliare in San Pietro, cuore della cristianità.
Oltre il folclore, il rischio di dividere
Ora, non è di per sé molto importante se qualche nostalgico celebra in privato messe preconciliari rimpiangendo ciò che magari non ha mai vissuto perché nato molto anni dopo il Concilio. Sono gusti personali, così come può essere semplicemente liquidato come folclore religioso il riproporre in chiesa riti, vesti, inni e paramenti scomparsi da oltre mezzo secolo.
Ciò che invece comincia a preoccupare è quando tutto ciò viene imposto a un’intera comunità parrocchiale da un singolo prete, creando sorpresa, sconcerto, divisione, abbandono e dispersione. È una visione di Chiesa che preoccupa perché rompe la comunione e incrina l’unità della Chiesa stessa, in nome di una tradizione male interpretata. Per dirla con Gustav Mahler, «fedeltà alla tradizione è custodia del fuoco, non adorazione delle ceneri». Di fronte a questi rigurgiti del movimento tradizionalista sembra si sia arrivati invece ad adorare ciò che è morto, piuttosto che tener vivo ciò che è risorto.
Un mondo in transizione
Questi fenomeni indicano una tendenza ma, nello stesso tempo, sono indice di una Chiesa che non ha ancora chiaro davanti a sé il cammino da intraprendere. È un periodo di transizione verso un modello di Chiesa, ma soprattutto di cristianità, che non è più e nello stesso tempo non è ancora.
Ritornano alla mente riflessioni del passato che oggi sembrano profetiche. A cominciare dal celebre testo del giovane teologo Joseph Ratzinger che, nel 1969, scriveva: «Dalla crisi attuale emergerà la Chiesa di domani – una Chiesa che avrà molto perso. Sarà di una taglia ridotta e dovrà ripartire da zero. Non sarà più in grado di riempire tutti gli edifici costruiti durante il suo periodo prospero. Con la riduzione del numero dei fedeli, perderà numerosi privilegi. Contrariamente al periodo anteriore, la Chiesa sarà percepita come una società di persone volontarie, che s’integrano liberamente e per scelta. In quanto piccola società, sarà condotta a fare molto più spesso appello all’iniziativa dei suoi membri».[1]
Ma ancor più spiazzante è quanto scriveva Emmanuel Mounier nel 1946 di fronte ad una società del dopoguerra intrisa di un cristianesimo onnipresente e onnipotente («i giorni dell’onnipotenza» li avrebbe descritti Mario V. Rossi…), che già mostrava in Francia i segni della sua contraddizione, che è la natura stessa, la natura paradossale del Regno: disarmato e trionfante, inafferrabile e radicato.
Le parole di Mounier sembrano descrivere in modo impressionante la fotografia della realtà odierna: «Il cristianesimo non è minacciato di eresia: non appassiona più abbastanza perché ciò possa avvenire. È minacciato da una specie di silenziosa apostasia provocata dall’indifferenza che lo circonda e dalla sua propria distrazione. Questi segni non ingannano: la morte si avvicina. Non già la morte del cristianesimo, ma la morte della cristianità occidentale, feudale e borghese. Una cristianità nuova nascerà domani, o dopodomani, da nuovi strati sociali e da nuovi innesti extraeuropei. Ma bisogna che noi non la soffochiamo con il cadavere dell’altra».[2]
Che la salvezza della Chiesa possa davvero venire non già da un nostalgico ritorno al passato (o al futuro…) ma piuttosto dai poveri, dagli emarginati, dai migranti che hanno “invaso” le nostre terre? Bisogna però non soffocarla con la cristianità raccontata da Meloni.
[1] J. Ratzinger, Fede e futuro, Queriniana, Brescia 1971, pp. 114-115.
[2] E. Mounier, Agonia del cristianesimo? (1946), in Cristianità nella Storia, Ecumenica Editrice, 1979, p. 30.






A seguito dei moltissimi commenti vorrei solo sottolineare che l’ aspetto politico della strumentalizzazione dei luoghi comuni religiosi in funzione reazionaria (ad esempio a sostegno dei pregiudizi nei confronti dell’ “estraneità” dei migranti che giungono qui a trovare l’ostilità delle nostre apposite strutture di accoglienza – o u destino ancora peggiore grazie all’ attività del governo italiano), non da ora anche se da tempi recenti, a livello di mentalità e di costume si alimenta anche di quanto del Vaticano II abbiamo permesso che liturgicamente si denaturasse in regressioni linguistiche a carattere nostalgico o in materia tecnicamente disciplinare (v. supra sulla ricezione eucaristica). Indietro non si può tornare, ma le celebrazioni e le riesumazioni di fatto di quanto di deteriore nel secolo da parte di laici e di qualche aggregazione religiosa non posso o fare altro che impensierire.
Già. Dove va la Chiesa?
Bslla domanda, vero? Prova a dare una risposta l’articolo che linko subito qui sotto, con osservazioni che in buona parte condivido. Chi lo ha scritto mostra di disporre di dati, anche solo dedotti dall’osservazione, più ricchi dei miei che ormai da alcuni anni vivo in una periferia metropolitana bolognese di cinquemila abitanti che qualche elemento per dedurre qualche conclusione lo propone, ma senza azzardare panorami futuri per la chiesa universale. Al massimo qualche speranza e qualche idea su come affrontare questa fase della vita di questa piccola chiesa della parrocchia di san Giorgio a Osteria Grande in provincia di Bologna.
https://www.settimananews.it/chiesa/dove-va-chiesa/?utm_source=newsletter-2025-11-25
Ho vissuto anch’io gran parte del rinnovamento cui fa cenno l’autore dell’articolo, l’ho vissuto dall’interno della Chiesa e, se può interessare, da iscritto e dirigente dell’Azione Cattolica diocesana, di una diocesi non qualunque, una diocesi della quale ci accorgevamo l’importanza nel percorso di cambiamento, ancora prima dell’inizio del Concilio Vaticano ll, perché quando ci capitava di assistere alla messa in chiese fuori diocesi ci accorgevamo subito della differenza e di quanto fossimo più “avanti” a Bologna. Nelle nostre parrocchie le letture venivano sempre proclamate al microfono anche in italiano da un laico, mentre il celebrante se le sussurrava piano piano ancora in latino. Tutto lì? No. Il vescovo di Bologna, il cardinale Lercaro, per la precisione aveva anche scritto e diffuso un utile libretto intitolato “A messa figlioli!” Dal quale nel corso delle messe a maggior partecipazione popolare un laico incaricato leggeva al momento opportuno una didascalia, una frase che in pochissime parole sintetizzava il significato dei gesti e delle frasi che il celebrante pronunciava ancora volgendo le spalle al popolo. Vi par poco? A me no. Fu una straordinaria catechesi per adulti. Servì a dare il via alla comprensione della messa. Anzitutto nel linguaggio
Un solo esempio: Assemblea … Fu in quel periodo che nelle menti dei fedeli si cominciò a modificare il senso, il significato dell’ andare a messa. La messa non era una preghiera era una assemblea, una riunione, la riunione di un popolo, ma non un popolo qualunque, il popolo di Dio …
Capito? Parole che una messa dopo l’altra, una domenica dopo l’altra imparammo, adeguando il nostro essere a messa da esperienza personale a esperienza comunitaria : sì continuarono per molto tempo le persone anziane a sgranare il rosario, la preghiera più semplice, più immediata, quella che avevamo sentito recitare da piccoli e la mamma o la nonna ci avevano insegnato, ma poi si cominciò a capire che era importante ascoltare, ma anche rispondere tutti insieme, sentirsi presenti alla cena fino a condividere pane e vino e una volta nutriti, partire per la missione .
Non lo so se ci siano cristiani che sentano il bisogno di un Dio tutto per sé. Anch’io sento a volte il bisogno di un rapporto personale e lì prevale il desiderio di essere ascoltati, ma l’esperienza dello stare insieme, del dialogare insieme, dell’essere chiesa è altra cosa… difficile, ma unica. Credo, solo cristiana.
Pensavo nelle ultime domeniche durante la messa quando la mia attenzione si focalizzava sui piccoli del catechismo.
Ecco. Hanno bisogno di capire. Facciamogliela capire la messa.È difficile, lo so, ma è fondamentale.
Come per loro, credo che ci sia bisogno non di tornare indietro, come pare stia succedendo secondo alcuni osservatori, come sembra succeda in alcune comunità cristiane guidate da giovani sacerdoti fantasiosi. Credo che ci si bisogno di camminare in avanti. Non basta la traduzione in italiano. Forse c’è bisogno di una lingua che esprima meglio, che aiuti a partecipare in modo più vero. La mia esperienza africana di una settimana mi suggerisce che durante la messa può essere necessario danzare, abbracciarsi, toccarsi… L’esperienza quotidiana mi suggerisce che forse sia più coinvolgente scambiarsi realmente notizie su di noi e i nostri cari con gli amici. È bello e denso di significato dire “la pace sia con te”, ma potremmo aggiungere anche “come stai? E a casa? Lasciando qualche minuto per scambiare notizie … E all’offertorio… scambiare doni veri come quando ci ritroviamo in famiglia per qualche ricorrenza … e … i media? Perché no? Mostriamo alla comunità qualche segno di bene che qualcuno o la comunità tutta insieme ha compiuto durante la settimana… Comunichiamo. Mettiamo in comune.
Mentre scrivo mi rendo conto che tutto questo è l’esatto contrario della fotografia che della società attuale fa Luigi Maffezzoli: “Sociologicamente assistiamo – come ovunque in questa epoca – ad un ritorno al privato, ad un individualismo vissuto come chiusura a nuove esperienze comunitarie di impegno e di accoglienza.”
Credo allora che la Messa debba essere momento di esempio per far capire che la strada è un’altra.
Molti dei nostri ambienti cattolici sono caratterizzati da un costante conflitto che può toccare vertici preoccupanti.
Pochi gestiscono “una realtà” di tutti , sia essa una parrocchia o un movimento.
Chi è dentro nonostante la crisi continua a fare le cose “perché si sono sempre fatte così”.
Oltre la direzione la Chiesa deve decidere come porsi di fronte a tutti questi conflitti , locali come generali. Nella misura in cui ascolteremo realmente l’altro risolveremo il conflitto e troveremo anche un identità di comunione.
Il Concilio ha spinto la Chiesa a sognare in grande: c’è chi al suo interno l’ha fatto e chi lo fa anche oggi, ma sognare non è per tutti, è carisma raro. Molti hanno sognato (e sognano) “fuori tempo” e hanno anticipato il cambiamento ma, spesso, con quale sofferenza personale(!) La Chiesa sollecita a sognare sotto il soffio dello Spirito, propone la Parola, molti restano al caldo delle loro case e ascoltano nel tepore di pratiche antiche, dormienti, appagati, ma talvolta qualcuno vola, ma allora prevale in Lei il timore di madre,
“Come fare con quel volo che io stessa ho generato?”più facile è tornare nelle sicurezze del passato, tradizionalmente certe Serve coraggio serve credere fino in fondo che la proposta di Salvezza è per tutti, nessuno escluso e che lo Spirito ha necessità della fiducia della Chiesa! La Chiesa ci deve credere che lo Spirito rinnova in modi imprevedibili! L’ ultima fase di recezione conciliare sarà questo coraggio.
Le persone stanno già spingendo per entrare !
Chi non desidera essere amato?
I tempi che viviamo richiederebbero una Chiesa coraggiosa – a tutti i livelli, non solo a livello di vertice – e dei laici più partecipi ed “adulti”. Siamo, da molto tempo, tornati indietro rispetto al Vaticano II , nonostante la generosa, incessante attività di Papa Francesco; il Concilio, infatti, aveva scoperto vocazione e dignità dei laici in forza del battesimo, che ci accomuna nella Chiesa come “popolo di Dio”, pur con diversità di compiti e ministeri. Andrebbe recuperata la spinta profetica conciliare, una speranza non solo per la Chiesa ma per il mondo intero. Oggi c’è una terribile involuzione e la mitizzazione del “buon tempo antico”, alla ricerca di false sicurezze
Comunque il VatII non va letto solo nella direzione di “lasciamo fare ai laici” perchè se proprio vogliamo ha spinto anche per un maggior dialogo ecumenico (e si è prodotta invece una profonda lacerazione interna con la lotta tra progressisti e conservatori che ha sostituito la frattura tra cattolici e protestanti) un aggiornamento teologico (che è stato letto come una liquidazione del bagaglio culturale classico), un rinnovato spirito missionario (che è stato letto in un “non dobbiamo fare proselitismo ecc”.)
Insomma non è che sia disatteso solo dai conservatori “lo spirito” del concilio. C’è tanto lavoro da fare, al netto dei bisticci da sacrestia su chi deve comandare di più..
Il 90% dei siti cattolici in rete è fissato con polemiche interne, dov’è lo spirito missionario? Il dialogo interreligioso è portato avanti più dalle università pontificie che dai laici.
Ho letto i commenti che mi precedono e devo purtroppo constatare che molti degli scritti provengono da chi adora le ceneri anziché il fuoco. Nelle Liturgia di ieri 18 novembre la prima lettura tratta dal libro dei Maccabei, parla di Eleazaro il quale viene costretto a scegliere tra l’ingerire la carne impura suina o morire. Poi ripenso al Concilio tenutosi a Gerusalemme dove gli Apostoli litigano sulla decisione da prendere: i nuovi cristiani provenienti dal paganesimo, devono prima passare dall’ebraismo? Sappiamo come fini, e grazie a quelle decisioni oggi noi mangiamo carne suina (se ci piace…) e non siamo circoncisi. Ragionando secondo le indicazioni che provengono da alcuni commenti, penso che rimpiangano (?Sic) altre che il latino, anche queste norme. Le ceneri, appunto
Vorrei sapere se ci sono dati reali al di fuori delle liti da bolle social. Perchè a naso succede che molti progressisti vanno a spulciare i blog tradizionalisti e si fanno un’idea esagerata della situazione, e probabilmente il contrario. Poi che i giovani tendano a fare il contrario dei genitori è risaputo. Tutto il reflusso anni ’80 è stato portato avanti da figli di sessantottini, anzi gli hippie stessi sono diventati yuppie. Era anche prevedibile.
Segni dei tempi non significa che i tempi siano sempre luminosi come nei favolosi anni ’60, significa che devi cercare di comprendere il tempo che ti è dato da vivere, compreso questo non proprio speranzoso, tra guerre, pandemia, crisi economica ed ecologica.
Statistiche sul numero di battesimi ci sono (Annuario Pontificio 2025; Annuarium Statisticum Ecclesiae 2023; Fides ottobre 2025).
Sulle celebrazioni col “vetus ordo” non ci sono statistiche ufficiali, ma in quasi ogni diocesi (in Europa e negli USA) ci sono chiese (non parrocchiali, secondo le indicazioni della “Traditionis custodes” di papa Francesco), dove è autorizzata dal vescovo la celebrazione.
Interessante invece l’aumento esponenziale di gruppi (la Fraternità Sacerdotale di San Pietro oppure la lefebvriana Fraternità Sacerdotale San Pio X ,sono i più famosi), siti e riviste tradizionaliste: basta partire da uno di questi e a catena ne saltano fuori a bizzeffe.
A spanne i siti online sono più tradizionalisti che il contrario. Però immagino che si raccolgano online perchè sono poco presenti nelle realtà locali.. (sono anche in calo rispetto ai gloriosi anni del Summorum.)
I cattolici ostili al Concilio sono strenui difensori della messa in latino – anche se consapevoli, credo, che la gran parte dei fedeli non capiva gran che di quello che avveniva sull’altare – ed hanno una visione mitica di quella che era la Chiesa del passato, un passato nel quale loro, sicuramente in buona fede, scorgono solo luci e niente ombre; ma, forse, è una visione edulcorata, la loro, se un papa certo non progressista come San Giovanni Paolo II ritenne di dover chiedere perdono (12.3.2000) per le colpe commesse nel corso dei secoli, e non in maniera generica ma elencandole: le guerre di religione, incluse le crociate, l’attività dell’Inquisizione, le persecuzioni contro gli ebrei, gli scismi, il sostegno al colonialismo, la discriminazione etnica e sessuale, l’uso della violenza al servizio della Fede, l’accettazione delle ingiustizie sociali, la violazione dei diritti umani fondamentali, etc. Se le cose stanno così, allora anche nella Chiesa le riforme, parola temuta dai tradizionalisti, sono necessarie per purificarla e renderla, per quanto possibile piu’ vicina al Vangelo, ma in concreto, non solo a chiacchiere, come tante volte avvenuto nel corso dei secoli
I cattolici ostili al Concilio sono strenui difensori della messa in latino – anche se consapevoli, credo, che la gran parte dei fedeli non capiva gran che di quello che avveniva sull’altare
Avvenivano due liturgie parallele: una che coinvolgeva il prete e il resto dei ministri/ministranti sull’altare, che pregavano il Padre impetrandolo; e i fedeli che facevano esercizi e pratiche definiti paraliturgiche o devozionali.
Entrambe le liturgie potevano raggiungere notevoli complessità e appariscenze, e in vario modo coinvolgere tutti, o viceversa mantenere tutti passivi.
La mia esperienza, in un piccolo paese depresso del Sud, era quella della passività, largamente preponderante
Anche i conciliari secondo me hanno una visione mitizzata del postconcilio, sono fermi ad un periodo di fervore che come minimo si è raffreddato da 30 anni. Forse entrambi gli schieramenti dovrebbero sotterrare l’ascia di guerra e partire dal fatto che siamo pochi, c’è crisi ovunque e bisogna unire le forze. Passi i tradizionalisti ma i concicliaristi dove vogliono andare? Le Chiese sono vuote e il mondo si sposta ad est.
Anche il Concilio di Trento diede una spinta di rinnovamento che durò diversi decenni ma poi inevitabilmente rallentò. Com’è la storia dell’entropia che qualcuno ricordava giorni fa? Servono sempre energie vive per contrastarne l’aumento…
Questo Mafezzoli che scrive sembra più preoccupato del futuro che ritorna piuttosto del fascino nuovo che Gesù Cristo esercita sui giovani. Avete dissacrato la Liturgia trasformandola in una sorta di festa da osteria. Sarà utile ricordare a questo “nostalgico delle novità di cui al mai compianto papa francesco” che la Santa Liturgia è la riproposizione dell’ evento salvifico ovvero passione, morte e resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo il quale non mi risulta sia salito sul patibolo della nostra Redenzione, fra acclamazioni, batti mani, fisarmoniche e chitarre. Uomo dei dolori che ben conosce il patire. E noi ci inginocchiamo di fronte a questo dramma riproposto in forza della Santa Litirgia; meglio quella pre conciliare. Abbiamo rispetto! Claudio Colombara
Fascino nuovo? i giovani scappano altro che fascino, la chiesa bigotta riempita di farisei ipocriti che guardano alla nuova legge senza conoscere l’amore per gli altri, come possono i giovani avere fascino di una chiesa così? a che serve una liturgia che è fine a se stessa? con un prete che guarda al muro mentre altri fanno altro senza capire un tubo di quello che succede, ma poi vecchia liturgia, ma se nemmeno sanno cosa sia stata la vecchia liturgia che è talmente vecchia che l’ unica cosa che si ricordano è che si guarda il muro. La messa è ricordo della cena, a cena si sta con chi si vuole bene e a stare con Cristo si è felici e certo che si suonano le chitarre e c’è pure chi balla in altre parti, ma non ci arrivate, siete troppo attaccati alla nuova legge, un nuovo macigno che vi inchioda al suolo. Quale fascino??? i giovani vanno alle messe di un finto vecchio rito??? ma dove??? i giovani fuggono per colpa dei bigotti, perchè non incontrano Cristo, ma vedono solo quattro cattivi arrabbiati pronti a nuove crociate al grido di deus lo volt, deus che non è certo quello di Cristo.
Mi sento leggermente offeso, perchè verso i 18 anni (10 anni fa) ho anche io frequentato la Messa preconciliare e sinceramente io per certi versi mi sono sono sentito molto più coinvolto rispetto a tante Messe postconciliari domenicali.
Non si guarda il muro.
Si è tutti orientati verso Dio.
La messa non è un dialogo fra il sacerdote e il popolo ma la ripetizione incruenta del Sacrificio Divino.
Poi se uno preferisce i bonghi e le schitarrate al gregoriano è padronissimo di fare ciò che meglio crede.
Solo, per favore, lasciate anche me libero di andare a messa come più mi sembra giusto.
Libertà per tutti.
Sono d’ accordo con tutto tranne per due cose: non c’è alcun vecchio che avanza, un po’ perchè i vecchi muoiono, non ci sono nemmeno “ricambi” visto che non si affiglia più. L’ altra cosa invece “chiese che si riempiono di giovani con queste caratteristiche mentre tutte le altre restano vuote”, non è così, non ci sono giovani, se non qualche povero ragazzo intrappolato in qualche posto dove non vedono più in là del loro naso e dove appunto non ci sono giovani, perchè i giovani se sono tanti non fanno le cose da vecchi, sono un fiume in piena che inevitabilmente cambia tutto, se invece fanno i vecchi è proprio perchè son pochi e attorniati da vecchi senza altri coetanei.
Detto questo, lo Show di Rimini per fortuna è finito, anche se è di qualche giorno fa che in Campania in piena campagna elettorale, è uscita l’ ennesima bestemmia targata Salvini/Meloni & Co buttando nella caciara elettorale un bel Padre Nostro, un tanto per… E però mo basta! Io trovo tollerabile che questi facciano campagna elettorale bestemmiando, perchè nessuno dice nulla?
Reagisco con schiettezza all’interessante articolo di Luigi Maffezzoli su “Dove va la Chiesa cattolica?”. Sono molte le cose che condivido, anche (ma non solo) in ragione della comune appartenenza all’Azione cattolica da ben 50 anni. Non prendo in considerazione le molte cose che condivido, ma metto in luce un aspetto su cui sono in totale disaccordo. Al termine della prima sezione, Maffezzoli sostiene che è ora di mettere da parte le contese del recente passato (per es. la diatriba AC-CL che risale agli inizi degli anni Settanta). Sono fatti che appartengono ormai ai libri di storia e non interessano più i giovani di oggi (i quali, a suo dire, neppure sanno cos’è stato il Concilio Vaticano II). Io qui dissento. Anzitutto, l’adagio di Cicerone, “Historia magistra vitae”, vale anche in campo ecclesiale. Tra qualche giorno celebreremo il 60° anniversario di chiusura dell’ultimo Concilio. Un evento spirituale che ci ha fatto passare da una Chiesa in bianco e nero a una “Chiesa a colori”. Che ci ha restituito il gusto di una liturgia partecipata, che ci ha messo nelle mani (e nel cuore) la Bibbia, che ci ha fatto scoprire che siamo tutti un popolo sacerdotale (anche le donne!), che ci ha insegnato che la presenza dei credenti nella società va vissuta in spirito di servizio e non per logica di tornaconto (personale o di gruppo). La “scelta religiosa” (con una formulazione certo non proprio felice) esprimeva una verità ineccepibile, racchiusa nella Gaudium et Spes: la Chiesa non è autoreferenziale, ma è “per” il mondo e “verso” il Regno. Questa intuizione era alla base del nuovo Statuto dell’Azione Cattolica Italiana (1969) e del convegno “Evangelizzazione promozione umana” (1976). Questo punto di riferimento è tuttora una bussola per l’oggi, come ci hanno testimoniato tutti gli ultimi pontificati – da Giovanni XXIII a Leone XIV. Indietro non si torna e neppure si deve procedere in altra direzione. Punto.
Mi sembra che l’articolo sopravvaluti il revival del tradizionalismo e dia per scontata una ignoranza del Vaticano II che invece va rilanciato. Come dice Marco Vergottini. Dovremmo comunque chiederci da dove nasce questo bisogno che viene sfruttato dai nostalgici della vecchia cristianità. Forse come Chiesa dobbiamo non solo aprirci ai poveri e ai migranti (cosa sacrosanta) ma anche ritornare alle sorgenti spirituali, riscoprire la Bibbia e la liturgia e nuove modalità di vivere la vita spirituale. Abbiamo bisogno di ridefinire una identità cristiana “aperta” senza fare evaporare il tutto in un vago spiritualismo alla Vito Mancuso.
Egregio Professore Vergottini, credo che ormai dopo 60 anni di Concilio si possano e si debbano dire due cose. La prima: ormai i cattolici “militanti” iniziano ad essere talmente pochi che forse bisognerebbe dirsi che il passato è ormai alle spalle. Con sincerità e con onestà cosa è CL e cosa è l’AC a distanza di quei fatti? Va fatto memoria sì, ma per riconciliarsi. La seconda: con buona pace di tante persone che come lei esaltano il Concilio (giustamente!! sia ben inteso), bisogna dirsi che siamo ben lontani dall’averlo recepito sotto tanti aspetti.
Siamo in un’epoca di riflusso generalizzato; nella società sono scomparse le generazioni che avevano conosciuto il fascismo ed il nazismo e le nuove poco sanno delle devastazioni causate da tali ideologie; nella Chiesa, poi, per troppo tempo si è fatto in modo che le potenzialità del Concilio non potessero concretizzarsi; e così, in politica, ora nascono e crescono i partiti nazionalisti e, nella Chiesa, si rafforzano spinte volte al ritorno ad un mitico passato
Fatemi capire: il problema della Chiesa oggi sono i tremendi tradizionalisti?
Quei cattivissimi cattolici che si inginocchiano (orrore!) per ricevere la Comunione?
Certo meglio avere chiese vuote che piene di giovani donne (fa raccapriccio pensarlo!) con il capo velato.
Vergogna tradizionalisti, indietristi, cattivoni e facce di prugna secca!
Probabilmente i giovani di oggi non hanno ricevuto l indottrinamento del Vaticano II come purtroppo l ho ricevuto io. È chiaro che il buon Dio ci sta aiutando a scacciare teologie come quelle di Ranher Dufour Grillo Mancuso che hanno trasformato il cristianesimo in una ideologia terrestre con la benedizione della massoneria
Molti nella società postcristiana di oggi cercano valori fermi, anche tradizionali in mezzo al nichilismo imperanteche. La Chiesa ha adottato per secoli la S.Messa in latino che anche il Conclio Vaticano II permetteva e che, se incomprensibile, mette Dio al primo posto poi il popolo di Dio,facendo trapelare il mistero che i suoni di tamburi e chitarre occultano.
Mah, non prendo neanche in considerazione il punto di vista umano del cristianesimo o questioni politiche. Se le chiese si riempiono in quel modo un motivo c’è ed è Dio stesso, lo Spirito Santo.
“Comportamenti spontanei, alimentati da sempre più numerosi preti (giovani preti, appunto) che reintroducono gesti, culti, pratiche, suppellettili, vesti e ornamenti sacri che l’ultimo Concilio aveva raccomandato di eliminare”. A mio parere, qui si racconta un concilio che non esiste, se non nella mente di coloro che, travalicando la lettera, vivono in quello “Spirito del Concilio” che tanti danni ha fatto (e fa) alla Chiesa. Cito qualche passo di Sacrosanctum Concilium, che è la costituzione liturgica del CVII, dato che in questa frase si parla di cose che il concilio aveva “raccomandato di eliminare” (in quale documento nessuno lo sa…)
23. Per conservare la sana tradizione e aprire nondimeno la via ad un legittimo progresso, la revisione delle singole parti della liturgia deve essere sempre preceduta da un’accurata investigazione teologica, storica e pastorale. Inoltre devono essere prese in considerazione sia le leggi generali della struttura e dello spirito della liturgia, sia l’esperienza derivante dalle più recenti riforme liturgiche e dagli indulti qua e là concessi. Infine non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa, e con l’avvertenza che le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti. Si evitino anche, per quanto è possibile, notevoli differenze di riti tra regioni confinanti.
36. L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini. Dato però che, sia nella messa che nell’amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l’uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti. In base a queste norme, spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, di cui all’art. 22- 2 (consultati anche, se è il caso, i vescovi delle regioni limitrofe della stessa lingua) decidere circa l’ammissione e l’estensione della lingua nazionale. Tali decisioni devono essere approvate ossia confermate dalla Sede apostolica.
La traduzione del testo latino in lingua nazionale da usarsi nella liturgia deve essere approvata dalla competente autorità ecclesiastica territoriale di cui sopra.
116. La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell’azione liturgica, a norma dell’art. 30.
Il bello è che molte di queste pratiche, culti, devozioni etc erano cose a cui molte persone erano affezionate e hanno accettato di veder sparire solo per un motivo: perché gli era stato insegnato che si doveva obbedire ai preti, e I preti avevano deciso che certe robe non si sarebbero più fatte.
Ora questa mentalità è finita e certa gente comincia a cercare chi le ripropone (e non si tratta solo di tradizionalisti)
Ok, poi c’è il problema di chi le ripropone in modo esagerato…
Chissà perché dopo aver letto questo testo mi è venuto spontaneo pensare alla legge di Murphy che ironicamente recita: “Se qualcosa può andar male, lo farà”.
Ancora con questa storia? Dove deve andare la Chiesa Cattolica? Primo la Chiesa Cattolica si è ristretta, secondo viviamo in un mondo fluido, materialista, che cambia idea alla velocità della luce, terzo la politica raccatta voti dove può, non guida nemmeno la società, insegue il trend del momento.
Quanti fedeli conoscono la dottrina sociale della Chiesa? Dottrina su cui tra parentesi, anche in queste pagine, non si è d’accordo su nulla. Non esiste un partito che esaurisca il Vangelo o la Dottrina Sociale della Chiesa, ognuno voti chi gli pare secondo la propria sensibilità.
Nella disputa tra AC e CL non entro anche perché non ho gli strumenti per poter dire qualcosa che abbia un senso. Per quanto riguarda la Meloni e questa maggioranza di governo va detto con chiarezza che ammicca ad un certo sentimento religiosa che non ha mai digerito – e mai digerirà – pienamente le aperture di Papa Francesco (immigrati, gay per fare solo degli esempi). Insomma sta cercando di conquistarsi strumentalmente giorno dopo giorno quella fetta di popolazione italiana praticante che va a Messa regolarmente ed è over 50 anni (per essere buoni), quella fetta di popolo di Dio inquieta e spaesata dal cambiamento d’epoca che la Chiesa sta vivendo. A questo popolo vuole dare rassicurazioni: questa maggioranza rispetta pienamente il Catechismo della Chiesa Cattolica. E il Vangelo? Se ne può fare a meno, come d’altronde molti cattolici ne fanno a meno, non conoscendolo peraltro!
Meloni però aveva un ottimo rapporto personale con Francesco. Lo ha pure invitato in diverse occasioni (famiglie, AI G8…) il resto è pura politica
Perché il vangelo fine che tutte le religioni portano alla salvezza? E che Gesù non è figlio di Dio oppure che i sacramenti sono inutili? Non tiriamo fuori la politica io non voterò mai ls destra ma il cattolicesimo non si cambia seguendo il mondo. Gesù ha detto che le tegole variano seguendo la storia? IOTA UNUM
Non credo di aver capito la sua critica al mio commento, se di critica si tratta! Sentitamente.
Certo, da un lato nessun partito opera per disinteresse, né è in tutto conforme alla morale cattolica. Dall’altro, noi cristiani e cristiane non possiamo andare verso chi sostiene che uccidere i nascituri sia un diritto, verso chi vuole legalizzare suicidio assistito e droghe, verso chi appoggia adozioni che implicano l’affitto dell’utero altrui. Tra mali, il minore. Tra beni, il meglio possibile.
Certo, da un lato nessun partito opera per disinteresse, né è in tutto conforme alla morale cattolica. Dall’altro, noi cristiani e cristiane non possiamo andare verso chi nega l’umanità dello straniero, e “chi dice di amare Dio e non ha compassione per i bisognosi, mente” . Tra mali, il minore. Tra beni, il meglio possibile.
Non fa nessuna piega: chi di spada ferisce, di spada perisce. La strada dei mali è molto larga, non si può usare una sola corsia.
L’aborto e le politiche disumane della sinistra sono peggiori di pur ingiuste discriminazioni… che la sinistra stessa non sa risolvere