Polonia-vescovi: normalizzare i media cattolici

di:
Marcin Przeciszewski.

Marcin Przeciszewski, fondatore ed ex direttore dell’agenzia di informazione cattolica KAI

I vescovi polacchi sembrano essere entrati in un cono d’ombra. Impegnati in un conflitto sempre più aspro con l’attuale governo filo-europeo e liberale di Donald Tusk su temi come l’insegnamento della religione a scuola e il sovvenzionamento statale alla Chiesa sembrano ripiegare in difensiva anche su questioni di rilevanza mediale e pubblica come la gestione degli abusi degli ecclesiastici e la normalizzazione degli strumenti informativi cattolici.

Sul grave impasse della progettata e attesa commissione indipendente circa la recensione degli abusi dal 1945 ad oggi abbiamo già scritto (cf. qui). L’assemblea generale della conferenza episcopale (10-12 giugno) ha sfiduciato il lavoro di preparazione del gruppo presieduto dal primate, mons. Wojciech Polak, dando un nuovo mandato a mons. Slawomir Oder e rimandando la formazione della commissione nel porto delle nebbie.

Il card. Grzegorz Rys che faceva parte del gruppo di Polak ne sottolinea la qualità culturale e professionale e si augura che la creazione della commissione veda presto la luce non solo per la verità storica dei fatti ma soprattutto per la credibilità della Chiesa.

Sullo stesso argomento interviene p. Lukas Sosniak, uno degli esperti: «Se la Chiesa polacca vuole riconquistare la sua credibilità nell’annuncio evangelico, allora anche le sue istituzioni devono essere guidate dal Vangelo» e cioè, non difendere l’istituzione ma purificare le memorie e riconoscere le vittime.

Sulla scelta episcopale è intervenuto il presidente e caporedattore dell’agenzia cattolica KAI, Marcin Przeciszewski:

«La decisione significa che l’arcivescovo Polak il quale, in qualità di delegato della Conferenza episcopale polacca per la protezione dei bambini e dei giovani, conosce molto bene questo tema ed è una riconosciuta autorità per le vittime, sarà privato di qualsiasi influenza sulla configurazione della futura commissione. Nel contempo, il vescovo Oder non si è mai occupato di questo tema in precedenza e non ha alcuna esperienza in questo campo. Le vittime percepiranno questa nomina come la prova che il loro dramma non è trattato con serietà e nella società civile significherà un ulteriore e probabilmente rapido declino dell’autorità della Chiesa».

La vittima è l’agenzia KAI o la credibilità ecclesiale?

Un giudizio lucido e coraggioso che ha irritato molti cattolici conservatori e la presidenza dei vescovi. È intervenuto p. Leszek Gesiak portavoce della conferenza che ha definito le parole di  Przeciszewski discutibili e «non in linea con il messaggio dei vescovi».

Lo scontro ha reso evidente la volontà di normalizzazione del progetto di riforma dei media cattolici proposto dello stesso Gesiak e tendenzialmente approvato dai vescovi. Sostanzialmente si tratterebbe di unificare i tre ceppi informativi della conferenza: l’ufficio stampa, l’agenzia KAI e il portale Opoka.

La responsabilità diretta dei vescovi agirebbe sull’unica redazione con la collaborazione immediata fra le testate e con i servizi tecnici in comune. Tutte in un unico contenitore, il KEP Media Group.  Il compito previsto sarebbe una comunicazione integrata e “positiva”, cioè in sintonia con l’indirizzo della presidenza episcopale senza l’attuale autonomia della testata.

Una volontà di controllo che in Polonia porta con sé l’eco del potere comunista. Va ricordato che l’agenzia KAI è la seconda fra tutte le agenzie cattoliche del continente ed ha acquisto nel tempo una autorevolezza e una credibilità riconosciuta sia in patria sia fuori. I suoi puntuali servizi coprono in particolare tutta l’area centro-orientale del continente e fanno da riferimento per i media.

Finora l’agenzia è proprietà di una fondazione ecclesiastica diretta da un comitato di cinque vescovi (lo presiede Adrian Galbas, vescovo di Varsavia), ma è autonoma rispetto alla conferenza episcopale. In parallelo anche il portale Opoka fa riferimento a una fondazione autonoma, ma il suo indirizzo editoriale è affidato a  p. Leszek Gesiak, portavoce della conferenza episcopale.

Dimissioni pesanti: si torna al passato

Va ricordato che il 66enne Marcin Przeciszewski ha fondato la KAI 32 anni fa e l’ha diretta fin dall’inizio. Dando le sue dimissioni, il 27 giugno, ha affermato che il progettato coordinamento in realtà mira «a inabilitare il consiglio di amministrazione della KAI e ha impedire qualsiasi indipendenza giornalistica dell’agenzia». «Lo scopo di questa nuova organizzazione non è quello di fornire una descrizione affidabile della realtà religiosa ed ecclesiale secondo le regole della pratica giornalistica, ma […] di produrre “un’informazione positiva e integrata”, controllata dalle strutture ufficiali». Il modello informativo finora in atto integra il flusso delle comunicazioni ufficiali dell’Ufficio stampa con informazioni giornalisticamente utili e coerenti alle esigenze dei media.

Un «modello vantaggioso per la Chiesa perché consente all’agenzia di presentare la prospettiva cattolica nei dibattiti pubblici cruciali per la Chiesa senza impegnare l’autorità dell’episcopato, proteggendolo sulle questioni fondamentali». Un modello che l’attuale indirizzo sconfessa. Le eventuali difformità di giudizio finora accettate come positiva dialettica saranno risolte per via “autoritaria”. «Si tratta di un ritorno a soluzioni note dai tempi totalitari. Nel mondo d’oggi le agenzie di stampa non sono subordinate agli uffici stampa delle istituzioni perché ciò farebbe perdere la credibilità necessaria per influenzare il mercato dei media».

«Pertanto ritengo che il progetto di costituire un consorzio o un KEP Media Group, approvato (il 14 giugno) dalla conferenza episcopale, sia sfavorevole per la Chiesa in Polonia, soprattutto in considerazione delle enormi sfide nel campo dei media che essa deve affrontare in questi tempi difficili. E poiché ho sempre cercato di agire per il bene della Chiesa – e questo era l’unico obiettivo dell’agenzia d’informazione cattolica che dirigevo – allora, in vista dei cambiamenti annunciati, non ho altra scelta che ritirarmi dall’incarico di presidente del consiglio di amministrazione (e da capo redattore)».

La spinta a regolamentare gli attori cattolici della comunicazione si era già espressa nel 2023. Da allora è entrato in vigore un decreto della Conferenza episcopale polacca sulla presenza di preti, religiosi e laici associati nei media. Non solo stampa, radio e TV, ma anche i social (Facebook, Instagram, Tik Tok, Twitter – cf. qui).

Le proteste nazionali e internazionali

Il 4 luglio il consiglio di amministrazione ha nominato il nuovo presidente. È p. Stanislaw Tasiemski già professore all’università tecnologica di Stettino e consigliere della fondazione. Si è presentato con l’assicurazione, da parte del responsabile dell’ufficio stampa dei vescovi, di una indipendenza giornalistica.

L’8 luglio si è dimesso Tomasz Krolak vicepresidente della KAI. È stato uno dei co-fondatori e ha manifestato il pensiero della redazione che non si fida della garanzia di autonomia promessa.

La vicenda ha prodotto vive reazioni negli ambienti mediali. La rivista Tygodnik Powszechny ha titolato: “I vescovi vogliono trasformare l’agenzia in una macchina di propaganda”. Il giornalista Tomasz Terlikowski sul portale WP ha scritto: «È triste vedere come i risultati di molti laici e sacerdoti cattolici vengano distrutti dalle decisioni irresponsabili dell’attuale vertice della conferenza episcopale e della maggioranza dei vescovi polacchi» che si mostrano incapaci di «analizzare la realtà e comprendere il mondo che li circonda» per paura, frustrazione e ostilità.

Il presidente dei giornalisti cattolici tedeschi, Joachim Frank, afferma che l’indirizzo avviato dai vescovi sembra contraddire i recenti incoraggiamenti ai giornalisti di papa Leone come anche il sostegno alla libertà di stampa di Giovanni Paolo II: «Facciamo appello all’episcopato polacco affinché abbandoni i suoi progetti e si impegni, sia a livello organizzativo che di indirizzo per l’indipendenza e la libertà di informazione dei media cattolici in Polonia».

I dubbi sulla libertà di informazione dei cattolici e la devastante decisione di annullare il lavoro compiuto sul tema degli abusi alimenta molte inquietudini sulla credibilità della Chiesa nel paese.

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Un commento

  1. Pietro 18 luglio 2025

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