Sindone: i “media” e l’inafferrabile

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Il recente studio di Cicero Moraes riguardante la sindone di Torino parla di un telo disposto sopra un bassorilievo. Un viaggio tra le tante ricerche.

 C’è un velo di bonaria ironia nel comunicato di risposta del Custode della sindone, l’arcivescovo di Torino, Roberto Repole, davanti all’ennesimo studio che dimostrerebbe la falsità del lino sindonico di Torino. Parla infatti di «ipotesi formulate liberamente da scienziati più o meno accreditati».

Lo studio in questione porta la firma di Cicero Moraes col titolo “Image formation on the Holy Shruoud – A digital 3D approach”. Usando la grafica tridimensionale, esclude che la sindone sia il lenzuolo che copriva il corpo di Cristo, ma piuttosto un telo disposto sopra un bassorilievo. Non quindi sul corpo di un cadavere ma su un “modello” artefatto che riprodurrebbe le caratteristiche dell’immagine.

«Il Custode della sindone non ha motivo di entrare nel merito […] Il Centro internazionale di studi sulla sindone di Torino, che statutariamente assicura il suo supporto scientifico al custode, pubblica un documento che analizza in dettaglio metodo e risultati di questa “scoperta”».

Il comunicato apre alla valutazione del ruolo dei media: «Se non ci si può stupire più di tanto al clamore che certe “notizie”, vere o verosimili, nuove o datate, possono suscitare in un circuito mediatico che ormai è globale e istantaneo, rimane la preoccupazione per la superficialità di certe conclusioni, che spesso non reggono ad un esame più attento del lavoro presentato. E rimane da ribadire l’invito a non perdere mai di vista la necessaria attenzione critica a quanto viene così facilmente pubblicato».

Così commenta Marco Bonatti su Avvenire (5 agosto): «Dov’è la notizia? La notizia è che, sempre più sovente, la notizia non c’è, ma il sistema globale dei media non può fare a meno di fabbricarla e, soprattutto, rilanciarla istantaneamente in tutto il mondo. Accade per quasi tutto e anche per la sindone».

Informare, non deformare

Nel circo mediatico succede anche il contrario, quando la notizia è posta in maniera corretta e rispettosa. Nel caso della sindone, vale la pena citare il documentario che la casa di produzione ARTE ha trasmesso in Germania il 7 giugno scorso con il titolo Das Grabtuch von Turin – Ein Mysterium (la sindone di Torino – un mistero).

Seguendo il cammino di ricerca di molti studiosi variamente interessati e con differenti conclusioni (come Joe Marino, l’archeologa Jodi Magness o Luigi Garlaschelli) il regista Florian Höllerl costruisce un racconto che attraversa gli USA, la Francia, Istanbul e Torino. Il viaggio nella storia e nei territori interessati si avvale di numerosi esperti e scienziati accogliendo opinioni molto diverse e tuttavia suggestionati tutti dalle intriganti domande del sacro lenzuolo. Interviste, materiale di archivio, illustrazioni arricchiscono la narrazione.

Il commento del teologo Thomas Söding va oltre le categoria di dimostrazione, prova e falsificazione. Vede nell’uomo della sindone qualcuno che «si è fatto simile a noi in ogni cosa, persino nella morte». Un materiale informativo che, per gli interessati, può essere ampliato dagli eccellenti quattro video e podcast forniti sul sito della diocesi di Torino.

Le ricerche

Lo studio di Cicero Moraes non segnerà in modo particolare il complesso e articolato sviluppo degli studi sulla sindone che ha conosciuto esiti intriganti e spesso contrapposti. È stato il caso della ricerca del 1988, quando tre laboratori internazionali attraverso il metodo del radiocarbonio giunsero a una datazione medioevale della sindone.

L’esito suscitò non poche discussioni e, per i dubbi circa la preparazione e l’esecuzione degli esami, fu ritenuto insufficiente da molti esperti. Gli studi successivi sui tessuti, i pollini, la tipologia delle ferite convergono nel rilancio della ricerca.

Nel 2018 uno studio di Matteo Borrini e Luigi Garlaschelli ha di nuovo sollevato dubbi sull’autenticità della sindone a partire dalla mancata corrispondenza tra le macchie di sangue presenti e quelle di un uomo crocifisso avvolto nel lenzuolo funebre. Più recentemente (2020) L. De Caro e G. Fanti hanno sottoposto un campione di fibra dei tessuti all’esame di diffusione dei raggi X grandangolare, ottenendo un risultato che permetterebbe di retrodatare il tempo di formazione del lenzuolo sindonico agli anni di Gesù di Nazaret.

Immagine, icona, reliquia

Un cammino complesso, arricchito da ricerche storiografiche di rilievo, accompagna l’amplissima devozione popolare verso la sindone poco suggestionabile dalle contrapposte conclusioni dei ricercatori.

I responsabili ecclesiali non hanno impedito il libero sviluppo della ricerca, anche quando giungeva a conclusioni non favorevoli. La fede e la devozione non nascono da dimostrazioni prodotte dalla razionalità strumentale.

Lo spettro su cui collocare la sindone va dal riconoscimento di una “immagine” come le molte altre immagini sacre alla convinzione che si tratta di una “icona” e cioè un dipinto in grado di rendere vivo il rapporto del fedele con il contenuto spirituale che esso racconta, fino all’affermazione della sindone come “reliquia”, cioè come il vero telo che ha ricoperto il corpo di Gesù prima della sua risurrezione. La connotazione di “reliquia” è usata con molta prudenza dai responsabili ecclesiali anche quando è loro convinzione personale.

Una posizione bene espressa da mons. Giuseppe Ghiberti (1934-2023), che ha curato le ostensioni pubbliche del telo sindonico nel 1998, 2000 e 2010. In un’intervista concessa a Sergio Bocchini diceva: «La formazione dell’immagine è tuttora inspiegata; l’“effetto negativo” (del “negativo fotografico”) non può esser frutto di artificiosità intenzionale, perché la sua esistenza è stata scoperta molto dopo l’epoca della sicura presenza della sindone tra di noi; la tridimensionalità dell’immagine è ancor oggi difficile da spiegare; l’analisi dei pollini rinvenibili sul telo sindonico dimostra che la sindone ha percorso un itinerario compatibile con la tesi dell’autenticità; la perfetta corrispondenza fra la somma dei particolari narrati dai vangeli e quelli riscontrabili nell’immagine sindonica suggerisce una prossimità unica tra i due vettori.

In particolare, la coesistenza della cosiddetta corona di spine e del colpo di lancia al petto del crocifisso dopo la sua morte costituisce un unico assoluto, di cui non ho trovato cenno in alcuna descrizione antica di crocifissione. A me, studioso del Nuovo Testamento con i racconti della fine della vita di Gesù, questa corrispondenza fa un’impressione grandissima, al punto da inclinarmi a un giudizio di unicità di rapporti e, conseguentemente, a spiegare l’origine della sindone proprio dal contatto di questo telo con il corpo senza vita di Gesù» (cf. qui).

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11 Commenti

  1. Flavio Liberti 11 agosto 2025
  2. Giuseppe 10 agosto 2025
    • Salvo Coco 11 agosto 2025
  3. Chiara 9 agosto 2025
  4. Adelmo Li Cauzi 9 agosto 2025
  5. Non credente 9 agosto 2025
    • Marco M. 10 agosto 2025
  6. Salvo Coco 8 agosto 2025
    • Fabio Cittadini 9 agosto 2025
      • Salvo Coco 10 agosto 2025
        • Fabio Cittadini 13 agosto 2025

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