Nel suo racconto breve dal titolo Oltre la soglia lo scrittore gallese Arthur Machen racconta le vicende del Reverendo Secretan Jones, tranquillo uomo di Chiesa impegnato in ricerche erudite, che sparisce nel nulla e senza motivo dal suo studio e viene ritrovato alla stessa scrivania sei giorni dopo impegnato a lamentarsi che il suo tè non è ancora arrivato.
Dov’è stato il reverendo Jones? Per lui non sono passati che cinque minuti, ma non per tutti gli altri, intenti a cercarlo per diversi giorni. Machen non spiega se a permettere al reverendo Jones di viaggiare in diverse realtà e in diverse linea temporali siano una certa sua attitudine interiore oppure la vecchia porta sul retro del suo studio. Sta di fatto che Jones, pur non ricordando esattamente quel che vede nei suoi vagabondaggi temporali, giunge alla conclusione che al di là della soglia che lui è capace di attraversare non c’erano né le gioie del paese delle fate, né le melodie celestiali o qualcosa del genere ma solo est enim magnum chaos, un grande vuoto, un abisso.
Non sappiamo se gli autori di Outer Range, serie televisiva originale di Prime Video creata da Brian Watkins, la cui seconda e per ora ultima stagione si è conclusa nell’estate 2024, abbiano letto il racconto di Machen. Indubbiamente però la serie originale di Watkins riprende il grande tema del vuoto e del tempo, intercettando così domande teologiche profonde rilette attraverso una componente che si muove tra esaltazione religiosa e nichilismo cosmico e che, se non fosse affogata nelle sue stesse ambizioni, avrebbe potuto fare di questa serie il nuovo Lost.
In Outer Range seguiamo le vicende della famiglia Abbott, guidata dal padre famiglia Royal, interpretato da un sempre magistrale Josh Brolin; dalla moglie Cecilia, fervente credente; e dai due figli e Rhett e Perry. Royal è un uomo duro, certo delle sue convinzioni, plasmato da sacrifici e fatiche con i quali si impegna a garantire un futuro al ranch e alla sua famiglia.
Ma le cose vacillano nella vita di Royal quando, durante una ricognizione presso il pascolo ovest, l’uomo si imbatte in un misterioso foro circolare senza fondo che si apre nella vasta pianura. L’abisso, così verrà chiamato nella serie, è una voragine di tale perfezione geometrica e oscurità della sostanza insondabile da essere chiaramente di origine sovrannaturale. Scopo e natura di questa apertura rimangono un mistero per tutta la durata della serie: porta per viaggiare nel tempo? Manifestazione della volontà divina? Nessuna risposta viene data con chiarezza.
All’apparizione dell’abisso si aggiunge poi un altro evento che metterà alla prova la tenuta della famiglia Abbot. Durante una rissa il figlio più grande di Royal, Perry, uccide il figlio maggiore di Wayne Tillerson, ricco proprietario terriero la cui esistenza è da sempre intrecciata in maniera estremamente conflittuale con quella di Royal. Così al miracolo dell’apparizione dell’abisso si aggiunge il peccato commesso dal figlio di Royal; quest’ultimo, capendo la portata minacciosa dell’evento per la sicurezza della sua famiglia, decide di coprire il figlio e insabbiare tutte le prove dell’omicidio.
Inizia così una serie di eventi che si sviluppano attraverso intrecci di elementi crime e sovrannaturali, che ruotano attorno all’apparizione dell’abisso, che di puntata in puntata assume un ruolo centrale nelle diverse domande di senso dei protagonisti. Questi perdendo sempre più le loro sicurezze e sono costretti ad accettare o un pragmatismo estremo nel tentativo di risolvere da soli le loro vicende, o la fede cieca in un piano che trascende ogni scelta e decisione personale.
Proprio il tema del piano di Dio emerge con forza in Outer Range. Lo fa con i tratti della teologia negativa, l’uomo che si trova di fronte a Dio inteso come Abgrund, il senza fondo, tenebra divina, ma per i protagonisti della serie – a differenza dei grandi mistici cristiani chiamati a contemplare lo stesso mistero – nella grande tenebra circolare dell’abisso di Outer Range non si manifesta nessuna luce. L’abisso rimane un enigma, un grande vuoto spaventoso che, a differenza del ruolo analogo svolto ad esempio dal monolite nero di 2001 Odissea nello spazio, non spinge i personaggi verso nessuna evoluzione ma anzi rischia di farli perdere ulteriormente in un circolo vizioso di violenza e follia.
L’effetto delle azioni di Dio nella storia dei personaggi, coinvolti in un gioco che trova le sue regole nelle fondamenta stesse dell’universo, è stigmatizzato dai diversi comportamenti che Royal e sua moglie Cecilia hanno nei confronti di Dio. Cecilia è animata da una fede profonda e semplice che accetta che Dio abbia un piano sulla vita sua e della sua famiglia, mentre Royal non è un uomo profondo e di fede, ma vive seguendo i ritmi della sua terra e come la sua terra è indifferente e cinico.
Tuttavia, proprio Royal dà vita a uno dei momenti più significativi e intensi dello show nel momento in cui, oppresso dalla disperazione e dal non senso delle azioni che lo stanno coinvolgendo, egli chiede di poter pregare in presenza della moglie e dei figli. Il contenuto della preghiera può essere interpretato come la trama effettiva dell’intera serie: Oh Dio ti chiedo di perdonarci, credo. Ti chiedo di perdonarci perché siamo confusi, siamo disperati. Tu hai fatto questo folle mondo e forse puoi darci un qualche indizio sui tuoi piani perché io non ne ho nessuna idea. Forse non hai niente a che fare con noi, forse non ci sei neppure, ma c’è una grande distanza tra te e noi, un abisso, un vuoto. Io ti chiedo di riempire quel vuoto, ti chiedo di scendere qui e di farci capire, perché questo tuo mondo non quadra proprio, io ti odio per questo, non penso neanche di credere in te ma ti odio.
La preghiera di Royal mette in chiaro il problema fondamentale con il quale i personaggi della serie si misurano di puntata in puntata: che Dio ci sia o meno, la sua presenza o la sua assenza diventano un pungolo per l’essere umano che deve comprendere la bontà o meno delle proprie azioni e l’effetto che esse hanno su sé e sugli altri.
Inoltre la serie di Watkins fonda la sua narrazione su un topos narrativo che è profondamente americano ed anche inevitabilmente teologico. Outer Range parte infatti dal presupposto che il mistero di Dio sia indissolubilmente legato al mistero della terra; da qui la scelta dell’ambientazione neowestern. L’abisso che si apre nel pascolo degli Abbott è un infinito trascendente che si apre in un altro infinito, l’infinito spazio della terra, dei pascoli che si estendono a perdita d’occhio facendo a gara con lo spazio altrettanto smisurato del cielo. In questo senso la serie gioca sul rapporto contingente e quasi di continuità tra l’immanenza del mondo e la trascendenza dell’abisso, porta attraverso la quale l’uomo può forse liberarsi dell’invincibile tiranno del suo mondo, il tempo.
Pur nelle sue molte lacune e nella sua esagerata ambizione Outer Range dà voce a uno dei grandi dubbi dell’esistenza umana: esiste Dio e soprattutto esiste un piano che concili la sua volontà e la nostra libertà? Alla fine, di fronte al vuoto, ovvero al paradosso della presenza/assenza di Dio, l’uomo si ritrova solo con se stesso e scopre nel suo cuore un dubbio doloroso: la possibilità reale che Dio non ci sia e che − come Royal Abbott − l’uomo sia solo a contemplare il vuoto, a dover garantire il bene nonostante egli stesso sia anche l’artefice del male.
Outer Range invita gli spettatori a gettarsi a capofitto nei suoi misteri accettando di affrontare l’ignoto insieme alla famiglia Abbott. Un cartello che appare nella serie chiarisce bene quale tipo di atteggiamento lo spettatore dovrà tenere per seguire le peripezie di Royal e figli: L’America ti dice che le uniche cose degne di essere conosciute sono quelle che possono essere conosciute. L’America si sbaglia.