Il potere e gli intellettuali

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intelletuali

Antonio Gramsci ha il merito di aver posto al centro della propria riflessione il ruolo e la funzione degli intellettuali. Chi sono davvero? In che senso anche un ufficiale dei Carabinieri può essere incluso tra loro? Chi è l’intellettuale organico?

Per non dire della celeberrima frase per la quale tutti siamo filosofi, ma non tutti ne abbiamo la funzione socialmente riconosciuta. Lo stesso Gramsci che irrideva coloro che si improvvisano persone di cultura senza esserlo, quando invece nessuno ostenta la conoscenza della lingua cinese, se non la possiede.

Ecco, la vicenda dell’intervista a Giuliano Amato ripropone, a mio avviso, la questione del clerc (vocabolo francese affine a chierico, che, per estensione, comprende gli intellettuali, in particolare quelli pubblici; il public intellectual, come dicono gli anglosassoni).

Il “Dottor Sottile” della politica italiana, infatti, si è sempre considerato un professore prestato, appunto, alla politica. Ecco, egli ha percorso quella sottile linea di confine tra il politico di professione e l’uomo di cultura. Altri accademici, più di recente, hanno svolto, o svolgono, la funzione di ministri “tecnici”. Per non dire degli “sherpa”, che affiancano i leader nelle scelte che contano.

Tutti ben lontani dalla “noocrazia”, dal governo dei filosofi immaginato nell’antichità da Platone. Lo stesso Platone che, nei fatti, fungeva da consigliere del “tiranno”.

Governanti, dunque, o coscienza critica? Pungolo e stimolo o persone di potere? Vi è poi chi scorge nello stesso Dante Alighieri – il guelfo bianco, il “ghibellin fuggiasco” di Foscolo – un poeta e pensatore totus politicus. Non un politicante, naturalmente, bensì un intellettuale, o un clerc, dalla forte passione e motivazione politica.

I più cattivi, inoltre, finiscono per considerare i filosofi come dei politici frustrati e mortificati che, al cospetto dell’incapacità di reggere il confronto nell’agone politico, si ritirerebbero nella propria torre d’avorio. Come generali incapaci di usare le armi. Sicuramente una generalizzazione ingiusta e infondata, pur con una particella di verità, in taluni casi.

Norberto Bobbio, dal canto suo, era scettico sul “potere” degli intellettuali, pur esercitando mirabilmente il ruolo di “maestro”, un po’ come aveva fatto Benedetto Croce. E lo stesso Gino de Giovanni ricordava giorni fa come gli intellettuali inseriti negli organismi dirigenti del Pci contassero in realtà come il due di coppe.

Ecco, dovremmo cogliere l’occasione dell’intervento di Amato su Ustica per tornare a riflettere sul senso dell’impegno dei clerc nella vicenda nazionale ed europea, almeno.

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