Vuoto di memoria

di:

roccella

Luca Telese è conduttore, con Marianna Aprile, di In Onda su La7 e direttore del quotidiano Il Centro, testata di riferimento dell’Abruzzo. Proprio su Il Centro viene pubblicato l’articolo che Luca ha condiviso anche con la comunità di Appunti, a proposito della polemica intorno alle dichiarazioni della ministra per la Famiglia Eugenia Roccella: «Le gite ad Auschwitz servivano a dirci che l’antisemitismo riguardava un tempo collocato in una precisa area: il fascismo».

Mi piacerebbe poter dire che non ho capito cosa volesse dire la ministra della Famiglia e delle pari opportunità Eugenia Roccella, con la sua infelicissima battuta sulle «Gite ad Auschwitz» degli studenti italiani. Fosse così invocheremmo l’attenuante sempiterna e provvidenziale del colpo di sole, alibi perenne della politica italiana, e la questione finirebbe qui.

Ed invece queste parole – come ha capito benissimo la senatrice a vita Liliana Segre – non sono figlie di una svista, ma di un errore ideologico, e producono da subito un danno serio: chissà in quanti consigli di istituto (spero in pochi, in realtà), domani ci si sentirà meno liberi di approvare gli itinerari della memoria, ci si interrogherà se andare o no ad Auschwitz sia un gesto sgradito al governo in carica, o addirittura una scelta carica di una qualche implicazione politica. Accadesse anche in un solo caso, sarebbe un fatto grave.

Ebbene, ecco la frase scellerata della ministra che ha rivelato questo svarione mentre lei si interrogava sulle radici dell’antisemitismo contemporaneo:

«Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz – si chiedeva la Roccella – cosa sono state? A che cosa sono servite? Sono state, secondo me, incoraggiate e valorizzate, perché servivano esattamente all’inverso. Cioè servivano a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, in un passato storico e in una precisa area: il fascismo».

Proprio Segre ha dato le prime due risposte, puntuali, ai primi due svarioni: «La memoria – ha detto la senatrice a vita – fa male a chi ha scheletri nell’armadio». Vero. Per spiegare anche, con molta chiarezza:

«Stento a credere che una ministra della Repubblica, dopo aver definito “gite” i viaggi di istruzione ad Auschwitz, possa avere detto che sono stati incoraggiati per incentivare l’antifascismo. Quale sarebbe la colpa? Durante la seconda guerra mondiale – spiega ancora Segre – in tutta l’Europa occupata dalle potenze dell’Asse, i nazisti, con la collaborazione zelante dei fascisti locali (compresi quelli italiani della Repubblica sociale italiana) realizzarono una colossale industria della morte per cancellare dalla faccia della terra ebrei, rom e sinti e altre minoranze».

Parole perfette. A cui si potrebbe persino non aggiungere nulla, se non ciò che serve per spiegare un evidente errore di comprensione del contesto didattico da parte di Eugenia Roccella.

Il miglior vaccino

Tutto il discorso della ministra, infatti, partiva dall’idea che il movimento europeo dei giovani a favore del popolo palestinese fosse viziato da un sentimento antisemita. E che questo sentimento antisemita sia stato coltivato dai soliti «professori di sinistra» che usano la Shoah per fare campagna contro il fascismo, e quindi – neanche tanto indirettamente – per colpire attraverso questo antifascismo di maniera il Governo.

Se dunque il curioso ragionamento di Roccella sulle presunte «gite» fosse vero, il ministro della pubblica Istruzione Giuseppe Valditara dovrebbe immediatamente sospendere per decreto tutti i viaggi in Polonia: derubricare a propaganda impropria la visita nel luogo sacrale che rappresenta il simbolo più potente per raccontare e spiegare qualsiasi politica di sterminio.

Per fortuna è vero il contrario: se Roccella domani partisse con qualsiasi scolaresca, con uno dei tanti straordinari professori della scuola pubblica che in questi anni hanno lavorato al culto della memoria, specializzandosi, capirebbe che molti dei ragazzi che sono scesi in strada nel mondo contro la politica del governo Netanyahu, lo hanno fatto proprio perché il pellegrinaggio laico ad Auschwitz è il miglior vaccino contro qualsiasi crimine contro l’umanità.

Le generazioni lontane dalla guerra imparano ad Auschwitz cosa significa sterminare l’uomo: l’ideologia e la prassi. La disumanizzazione e le sue conseguenze: vedono e toccano con mano quelle enormi matasse di occhiali, attraversano magazzini pieni di capelli tagliati, con tonnellate di scarpe, vestiti e valigie che testimoniano la dissoluzione fisica, per la via dei camini, di sei milioni di persone.

Questi studenti passeggiano nel campo di morte di Birkenau, dove i forni fatti saltare dalle SS in fuga prima che l’Armata rossa liberasse il campo, hanno costruito in quella spianata una sorta di paesaggio lunare: buche, crateri, architetture divelte.

Tutto questo, per me, è stato uno straordinario e potente strumento di educazione civile alla cittadinanza, alla cultura dei diritti inalienabili, con buona pace di Roccella e di chi parla di questi viaggi senza nulla sapere del lavoro e della passione con cui le scuole li preparano.

Ripasso necessario

Quanto all’ultima surreale equazione della ministra: bene, si rassegni. Quella deportazione fu opera dei nazifascisti. Punto. Il che non significa non sapere che purtroppo è esistito ed esiste anche un antisemitismo di sinistra, o di conio islamista. Sono bestie altrettanto orribili.

Ma studiare la Shoah vuol dire prendere atto che la più oscena accademia dell’orrore della storia è stata costruita proprio lì, ad Oświęcim (questo il nome polacco di quella famigerata cittadina) perché fosse lontano dagli occhi del mondo, e perché fosse vicina a un decisivo snodo ferroviario in cui si potevano congiungere treni che arrivavano da tutta Europa.

Però il campo di Auschwitz era nato prima: era figlio di vent’anni di odio razzista, della «notte dei cristalli», figlio delle teorie deliranti sulla superiorità della razza, di dieci anni di persecuzioni di ogni tipo contro i diversi, figlio delle leggi razziali volute da Adolf Hitler e da Benito Mussolini.

Possibile che la ministra se ne sia scordata? Qualcuno, per esempio Paolo Mieli, ricorda: «Ma Roccella viene da un’altra storia! Quella Radicale. Queste cose le sa benissimo». Ebbene, sentendola parlare si può immaginare che le abbia dimenticate. O, peggio ancora, che pur essendo tra coloro che nel Governo vengono da una cultura liberale e antifascista (come già qualche altra collega) si senta protetta da un qualche salvacondotto culturale che le consente di fare revisionismo a buon mercato da spendere nel mercato del suo Governo.

Per questo chiedo agli straordinari professori delle scuole superiori abruzzesi: segnalateci i vostri viaggi di istruzione nei luoghi della memoria, raccontiamoli di nuovo con gli occhi degli studenti su questo giornale (ecco la mia mail, luca@lucatelese.it). Nel primo viaggio utile sarà mia cura invitare ad associarsi a voi anche la ministra Roccella. Non sono in grado di dire se accetterà l’invito. Ma a leggere le sue parole mi pare evidente che ha bisogno di un bel ripasso.


  • Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 13 ottobre 2025

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7 Commenti

  1. Giovanni Di Simone 19 ottobre 2025
  2. Angela 18 ottobre 2025
  3. Giuseppe 18 ottobre 2025
  4. Mariagrazia Gazzato 17 ottobre 2025
    • Paolo Comensoli 18 ottobre 2025
      • Pietro 18 ottobre 2025
      • Mariagrazia Gazzato 18 ottobre 2025

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