Cirillo: misericordia selettiva e dittatura dello stato ortodosso

di:

cirillo

Il 19 dicembre (6 dicembre secondo il calendario giuliano ancora in uso nella Chiesa ortodossa russa), festa di San Nicola Taumaturgo, in tutte le chiese di Mosca è stato letto un messaggio patriarcale, in concomitanza con la campagna benefica «Giornata della misericordia e della compassione per tutti coloro che sono detenuti in carcere».

La scelta del giorno della festa non è casuale: San Nicola è venerato fin dall’antichità come protettore degli ingiustamente condannati e di coloro che soffrono nelle segrete. Tuttavia, ciò che il Patriarca Kirill dice a nome della Chiesa in questo giorno merita un’attenta analisi, non tanto per ciò che viene detto (si tratta di una retorica pia standard che è diventata ormai stantia e ha cessato di essere efficace), quanto per ciò che il messaggio patriarcale omette.

La retorica della misericordia

Il testo del messaggio è del tutto prevedibile, redatto nei toni tradizionali e devoti. Il Patriarca ci ricorda che «la privazione della libertà spinge una persona a riflettere sulle questioni fondamentali della vita, la mette di fronte alla necessità di riconsiderare le proprie priorità di valore e di pentirsi del male che ha commesso». La detenzione «spesso porta il cuore al pentimento e lo volge verso Dio». La Chiesa, da parte sua, è chiamata a mostrare misericordia e compassione «affinché, senza soccombere allo sconforto e alla disperazione, i detenuti possano trovare speranza, conforto e il desiderio di redimersi».

Il Patriarca nota con soddisfazione che «attualmente la Chiesa svolge attivamente il suo ministero nei luoghi di detenzione», e che «nelle istituzioni penitenziarie vengono costruite cappelle dove molti detenuti partecipano per la prima volta nella loro vita ai sacramenti della confessione e della comunione». Il quadro appare stucchevolmente edificante: la Chiesa si prende cura, i detenuti si pentono, vengono costruite cappelle.

La realtà messa tra parentesi

Eppure questo quadro edificante è possibile solo attraverso un totale disprezzo della realtà. Il testo non contiene una sola parola sui più di mille prigionieri politici i cui nomi sono noti individualmente alle organizzazioni per i diritti umani. Le persone condannate per dichiarazioni contro la guerra, per aver «screditato l’esercito», per essersi rifiutate di mentire e benedire la violenza: per il Patriarca esse non esistono. O meglio, esistono solo come parte di una massa anonima di «coloro che hanno vacillato», che devono inevitabilmente «riconsiderare le loro priorità di valore».

Nel messaggio non c’è una sola parola sui prigionieri di guerra ucraini detenuti nelle prigioni russe, persone che hanno difeso la loro terra proprio dall’aggressione che il Patriarca stesso ha giustificato e benedetto. Non una parola sui civili ucraini illegalmente rinchiusi nelle prigioni russe. Per la misericordia del Patriarca, anche queste persone semplicemente non esistono.

Tra i prigionieri che il Patriarca preferisce ignorare ci sono i laureati del Seminario Teologico Sretensky, un’istituzione fondata e a lungo diretta dal metropolita Tikhon (Shevkunov), un gerarca ampiamente considerato il confessore personale del presidente Putin, gli ucraini Denis Popovich e Nikita Ivankovich.

Da quasi un anno sono detenuti nel centro di detenzione preventiva di Lefortovo, una struttura gestita dall’FSB nota per ospitare prigionieri politici, con l’accusa inventata di aver complottato un attacco terroristico contro lo stesso metropolita Tikhon. Nelle prime settimane dopo il loro arresto, è stato loro negato l’accesso a un avvocato qualificato; durante il processo, hanno dichiarato che le loro confessioni erano state estorte con la tortura, ma in seguito entrambi hanno ritrattato tali dichiarazioni. Tuttavia, la Chiesa, al servizio della quale questi giovani si stavano preparando, non ha detto una sola parola in loro difesa.

Anche il patriarca Kirill ha facilmente sorvolato con il silenzio sul terribile problema della tortura nelle istituzioni penitenziarie russe. Nell’autunno del 2024, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nella Federazione Russa, Mariana Katzarova, ha presentato all’Assemblea Generale un rapporto intitolato La tortura nella Federazione Russa: uno strumento di repressione interna e di aggressione all’estero. Il rapporto descrive la natura sistematica della violenza, i metodi specifici utilizzati (scosse elettriche, stupri, torture nelle strutture psichiatriche) e la totale impunità dei responsabili. L’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha definito la tortura «uno strumento di repressione sistematica sancito dallo Stato».

I cappellani delle carceri di cui il Patriarca parla con tanto calore lavorano all’interno di un sistema in cui la tortura e l’umiliazione sono la norma. Ma su questo non si dice una parola. Così come non si dice una parola su coloro che compiono queste torture. Eppure dovrebbero essere chiamati a smettere e a pentirsi. Questi mostri hanno bisogno di pentirsi più della maggior parte dei prigionieri in Russia.

Infine, il Patriarca tace anche sul fatto che ai sacerdoti è semplicemente vietato l’accesso a certi prigionieri politici. Questo argomento è raramente discusso pubblicamente, ma nelle conversazioni private i cappellani delle carceri lo ammettono apertamente. Il clero carcerario che desidera mantenere l’accesso almeno ad alcuni prigionieri è costretto ad accettare queste limitazioni e a rimanere in silenzio. Qui sorge un dilemma morale angosciante: il silenzio per poter svolgere il proprio ministero o la richiesta di un trattamento genuinamente cristiano per tutti, senza eccezioni. Il messaggio del Patriarca ignora anche questo dilemma.

Sì, nelle condizioni di uno Stato totalitario è impossibile scrivere apertamente di queste cose, ma rimane sempre la possibilità di provare almeno a dire qualcosa tra le righe. No, il Patriarca non prende nemmeno in considerazione questa opzione, ed ecco perché.

«L’autorità statale ortodossa» come indulgenza

Tale «misericordia selettiva» diventa più comprensibile se ricordiamo un’altra recente dichiarazione del Patriarca. Pochi giorni prima della «Giornata della Misericordia», il 14 dicembre, in un’omelia dopo la Divina Liturgia nella Chiesa del Santo Grande Principe Vladimir uguale agli Apostoli, a Krylatskoe, il Patriarca Kirill ha inneggiato all’autorità russa:

«Viviamo in un’epoca davvero molto prospera. A volte si pensa addirittura: “Signore, sta davvero accadendo? Un presidente ortodosso, un primo ministro ortodosso, governatori ortodossi…”. Dobbiamo essere grati a Dio sia per il Paese in cui viviamo sia, lo dirò francamente, per l’autorità guidata da persone ortodosse, per la prima volta dall’era zarista!».

In questa ottica, tutto quadra. Se l’autorità statale è ortodossa, se il tempo presente è prospero, se tutto ciò che sta accadendo è un dono di Dio, allora da dove verrebbero i prigionieri politici? Da dove verrebbe la tortura? Da dove verrebbe la violenza sistematica? In un mondo con un presidente ortodosso e governatori ortodossi, solo i singoli “devianti” che hanno bisogno di pentirsi possono essere colpevoli. Il sistema è al di là di ogni critica. Il sistema è super-ortodosso.

Il prezzo del silenzio

Il messaggio del Patriarca per la Giornata della Misericordia è un documento che non parla di misericordia, ma di cecità deliberata. La misericordia del patriarca Kirill è assolutamente selettiva: è rivolta solo a quei prigionieri la cui esistenza non mette in discussione la legittimità dell’«autorità statale ortodossa». I prigionieri politici, i prigionieri di guerra, le vittime di tortura: tutti loro sono al di fuori del campo visivo del Patriarca. Non perché il Patriarca non ne sia a conoscenza. Ma perché parlarne significherebbe riconoscere direttamente che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nello «Stato ortodosso».

San Nicola, la cui memoria la Chiesa celebra il 19 dicembre, è stato glorificato come protettore di coloro che sono stati condannati ingiustamente. Secondo la sua agiografia, egli non si limitava a visitare i prigionieri, ma interveniva, fermava le esecuzioni, denunciava i giudici ingiusti. In Russia, il giorno della sua memoria è diventato un giorno in cui la «Chiesa ufficiale» non denuncia l’illegalità e non ferma i carnefici, ma passa sotto silenzio i giudici ingiusti e i carcerieri torturatori, mentre canta inni di lode al dittatore e alle sue istituzioni repressive.

Il messaggio patriarcale di questo giorno dimostra fino a che punto la «Chiesa ufficiale» possa spingersi nell’adattare la misericordia evangelica alle esigenze dell’ideologia statale totalitaria. Non si tratta semplicemente di ipocrisia, ma di un rifiuto consapevole di vedere la realtà e di un invito ai cristiani ortodossi in Russia a fare lo stesso. È una misericordia che si nasconde in una bolla e chiude gli occhi davanti alle sofferenze di coloro che è politicamente scomodo notare.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto