Conflitti nel mondo: numerosi e complessi

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PRIO

Il Peace Research Institute di Oslo (PRIO) ha pubblicato il Rapporto 2025 dal titolo Conflict Trends: A Global Overview, 1946-2024 (Tendenze nei conflitti: una panoramica globale, 1946-2024). L’analisi si basa sui dati raccolti dall’Uppsala Conflict Data Program (UCDP).

Al di là del dato comparativo globale, secondo il quale risulta che il 2024 riporta il più alto numero di conflitti “di natura statale” (vedi più sotto la classificazione) dal 1946, il Rapporto si concentra sugli ultimi dieci anni e più in particolare sugli ultimi 3 anni (dall’inizio della guerra aperta Russia-Ucraina).

Il 2024 si presenta come il quarto anno più violento dal 1989 (129.000 morti) superato solo dal 2021, 2022 e 2023. Il numero è determinato principalmente dai conflitti Russia-Ucraina e Israele-Hamas. Sono stati registrati 61 conflitti che hanno coinvolto 36 Paesi, con un incremento rispetto al 2023 nel numero sia dei conflitti sia dei Paesi coinvolti. 4 le guerre fra Stati nel 2024, il più alto numero dal 1987.

Diminuiscono i conflitti “di natura non statale” in linea con la tendenza dal 2020. Il maggior numero di conflitti di questo tipo si sono registrati lo scorso anno in Africa.

Classificazione

Il Rapporto cataloga i conflitti secondo tre tipologie maggiori:

  • Conflitti di natura statale (almeno una delle parti è uno Stato e l’uso della forza armata provoca almeno 25 morti[1] nell’anno);
  • Conflitti di natura non statale (l’uso della forza armata tra gruppi organizzati, nessuno dei quali è il governo di uno Stato, ha causato almeno 25 morti nell’anno).
  • Violenza unilaterale (l’uso della forza armata contro i civili da parte del governo di uno Stato o di un gruppo formalmente organizzato, ha provocato almeno 25 morti nell’anno).

La natura del conflitto viene qualificata come guerra quando il numero delle vittime supera i 1.000 per anno.

Conflitti di natura statale

Tre le tendenze principali:

1) nonostante una significativa diminuzione delle vittime nel conflitto dal 2022 al 2023, gli ultimi 4 anni sono stati i più violenti dalla fine della Guerra Fredda (1989), con circa 740.000 morti.

2) L’ultimo decennio ha visto una recrudescenza dei conflitti e ha registrato una punta massima ognuno degli ultimi otto anni. ISIS non è più la causa principale dal 2015, benché ancora attivo in 12 Stati.

3) Progressiva internazionalizzazione di conflitti interni. Nel 2024, 19 dei 61 conflitti di natura statale hanno registrato il fenomeno, con un aumento significativo delle vittime. La guerra civile è il tipo di conflitto prevalente dal 1960. Il 2024 ha visto 4 casi di conflitti fra Stati (Russia/Ucraina, Iran/Israele, USA-UK/Yemen, Pakistan/Afghanistan); nel 2025 sta emergendo il conflitto nel Kashmir tra India e Pakistan.

In filigrana si rendono sempre più evidenti la crescente complessità dei conflitti – per la quale in un singolo Paese possono essere attivi diversi fronti – e la crescente intensità. Benché i conflitti qualificabili come guerre restino pochi, causano tuttavia un numero complessivamente maggiore di vittime.

PRIO

Numero di conflitti armati di natura statale per tipo di conflitto, 1946-2024. Fonte: Lacina e Gleditsch Battle Death Datasets (2005), UCDP/PRIO Armed Conflict Dataset e UCDP Battle-Related Deaths Dataset (Pettersson et al., 2025).

Conflitti di natura non statale

Questa tipologia di conflitto è andata crescendo nell’ultimo decennio. Dopo aver raggiunto il picco di 80 nel 2023, è scesa a 74 nel 2024.

Lo UCDP identifica tre tipi di gruppi coinvolti: 1) Gruppi formalmente costituiti; 2) Gruppi informalmente organizzati a supporto di soggetti politici; 3) Gruppi informalmente organizzati su base religiosa, etnica, nazionale o tribale.

L’aumento dei conflitti di natura non statale è dovuto soprattutto al moltiplicarsi di conflitti fra gruppi formalmente costituiti.

Dal 2017 le Americhe hanno visto un significativo incremento di questo tipo di conflitti, scatenato principalmente dalle tensioni tra bande e tra cartelli del malaffare. Qui i soggetti coinvolti sono meglio organizzati mentre in Africa sono più comuni i conflitti di strada.

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Numero totale di conflitti non statali per regione, 1989-2024. Fonte: UCDP Non-State Conflict Dataset (Pettersson et al., 2025).

Violenza unilaterale

«I civili sono spesso i più colpiti dalla violenza nei conflitti in corso, siano essi di natura statale o non statale. La definizione di violenza unilaterale dell’UCDP esclude le esecuzioni extragiudiziali, il che significa che la violenza perpetrata dai governi è probabilmente sottostimata nei dati».

Dal 2000, il numero di soggetti responsabili di violenza unilaterale è andato crescendo. Dopo il 1989, l’Africa registra il maggior numero di soggetti coinvolti (nessuno in Europa nel 2024). Il dato registra il numero di soggetti autori di violenza, non l’intensità della violenza perpetrata.

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Episodi di violenza unilaterale, incluso il numero di autori e vittime, 1989-2024. Fonte: UCDP One-Sided Violence Dataset (Pettersson et al., 2025).

Considerazioni

Il livello di violenza agita nel 2024 resta storicamente e relativamente alto: 130.000 morti in 36 Paesi. Le guerre tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas le cause maggiori.

L’Africa e le Americhe registrano il maggior numero di conflitti di natura non statale.

Sempre lo scorso anno sono state 14.000 le vittime della violenza unilaterale, causata principalmente da soggetti non statali, ma anche da ben 14 soggetti governativi.

«Sebbene il panorama generale dei conflitti sia rimasto sostanzialmente invariato dal 2023 al 2024, è importante riconoscere che il 2024 si colloca tra gli anni più violenti dalla Guerra Fredda. Ciò suggerisce che potrebbe emergere un nuovo livello di violenza globale, più elevato, superiore ai livelli di 20 anni fa. L’apparente mancanza di cambiamenti potrebbe anche riflettere la crescente difficoltà di risolvere i conflitti, diventati più complessi e radicati. Molti di essi coinvolgono livelli di violenza sovrapposti, con molteplici attori non statali che combattono contro stati, altri gruppi armati o prendono di mira i civili. […] Questa crescente complessità pone serie sfide per gli attori internazionali e umanitari, rendendo sempre più difficile orientarsi e operare all’interno del panorama dei conflitti».


[1] Inclusi civili.

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