Cop28: pregi e limiti

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«Purtroppo, non posso essere insieme a voi, come avrei desiderato, ma sono con voi perché l’ora è urgente. Sono con voi perché, ora come mai, il futuro di tutti dipende dal presente che scegliamo. Sono con voi perché la devastazione del creato è un’offesa a Dio, un peccato non solo personale ma strutturale che si riversa sull’essere umano, soprattutto sui più deboli, un grave pericolo che incombe su ciascuno e che rischia di scatenare un conflitto tra le generazioni. Sono con voi perché il cambiamento climatico è “un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana” (Laudate Deum 3).

Sono con voi per porre la domanda a cui siamo chiamati a rispondere ora: lavoriamo per una cultura della vita o della morte? Vi chiedo, in modo accorato: scegliamo la vita, scegliamo il futuro! Ascoltiamo il gemere della terra, prestiamo ascolto al grido dei poveri, tendiamo l’orecchio alle speranze dei giovani e ai sogni dei bambini! Abbiamo una grande responsabilità: garantire che il loro futuro non sia negato» (Messaggio di papa Francesco a Cop28).

Con queste accorate parole, lette dal cardinale Parolin, papa Francesco ha esordito in quello che doveva essere il suo intervento in presenza alla COP28, lo scorso 2 dicembre. Nelle parole di Francesco si nota l’urgenza di quella conversione all’ecologia integrale così presente nel suo magistero (Laudato Sì 137-162, 216-221).

Che cosa ci si aspettava da questa COP, ventottesima conferenza tra le Parti (paesi del mondo) sul clima, tenuta a Dubai (Emirati Arabi Uniti) dal 30 novembre al 12 dicembre 2023?

Ancora il papa, nella Laudate Deum, auspicava: «Se c’è un sincero interesse a far sì che la COP28 diventi storica, che ci onori e ci nobiliti come esseri umani, allora possiamo solo aspettarci delle forme di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili. Questo al fine di avviare un nuovo processo che sia drastico, intenso e possa contare sull’impegno di tutti. Ciò non è accaduto nel cammino percorso finora, ma solo con un tale processo si potrebbe ripristinare la credibilità della politica internazionale, perché solo in questo modo concreto sarà possibile ridurre notevolmente l’anidride carbonica ed evitare in tempo i mali peggiori» (Laudate Deum, 59).

Il documento approvato

Il 13 dicembre è stato approvato il testo definitivo del Global Stocktake (GST) o bilancio globale di fine lavori, dopo una lunga serie di bozze, frutto di ampie mediazioni tra i 198 Paesi convenuti a Dubai per la COP28 (qui).

Il bilancio riconosce, nella sua parte introduttiva (in particolare ai n. 15, 16 e 26), il contributo determinante dell’IPCC (Intergovenmental Panel on Climate Change) dell’ONU nell’analisi della crisi climatica causata dall’immissione in atmosfera di gas climalteranti da parte dell’uomo e nella necessità di misure consistenti per l’adattamento e la mitigazione per non superare la soglia di 1,5°C – o al massimo di 2°C – di aumento della temperatura media globale rispetto all’era preindustriale.

Allora che cosa dobbiamo fare per poter contrastare efficacemente la crisi climatica? Al n.28 del GST si afferma quanto segue.«Si riconosce il bisogno di profonde, rapide e sostenute riduzioni delle emissioni di gas serra in linea con il limite di 1,5°C e si chiede alle Parti di dare l’apporto ai seguenti sforzi globali, con modalità determinate a livello nazionale, considerando gli Accordi di Parigi (2015) e le diverse situazioni nazionali, i diversi cammini e approcci:

  • triplicare la capacità globale delle fonti rinnovabili e raddoppiare il tasso medio annuo dei miglioramenti nell’efficienza energetica entro il 2030;
  • accelerare gli sforzi verso la riduzione graduale dell’energia dal carbone;
  • accelerare gli sforzi verso sistemi energetici a zero emissioni nette, utilizzando carburanti a zero e a basso contenuto di carbonio;
  • operare la transizione dalle fonti fossili nei sistemi energetici in modo giusto, corretto ed equo, accelerando le azioni in questo decennio critico, al fine di arrivare a zero emissioni nette entro il 2050, in accordo con la scienza;
  • accelerare le tecnologie a zero o a basse emissioni che includano, tra l’altro, le rinnovabili, il nucleare, le tecnologie di abbattimento e rimozione, incluse ad esempio la cattura del carbonio con utilizzazione e immagazzinamento in settori di difficile abbattimento, e la produzione di idrogeno a basso uso di carbonio;
  • accelerare la riduzione drastica delle emissioni non da CO2, incluse le emissioni di metano, entro il 2030;
  • accelerare la riduzione delle emissioni dovute al trasporto su strada attraverso una serie di modalità, inclusi lo sviluppo di infrastrutture e la rapida diffusione di veicoli a basse o a zero emissioni;
  • eliminare progressivamente, il più presto possibile, i sussidi ai combustibili fossili inefficienti che non mirano alla povertà energetica o alla giusta transizione».

Se si realizzasse il primo obiettivo entro il 2030, si dovrebbero abbattere le emissioni climalteranti di CO2 , passando da 36,8 Gt (miliardi di tonnellate) emessi nel 2022 a 23,9 Gt nel 2030, ossia una riduzione del 35%. Questo potrebbe avvenire sviluppando le fonti rinnovabili, migliorando l’efficienza dei dispositivi, dei trasporti e delle abitazioni e incrementando l’elettrificazione: a questo proposito si veda il contributo di Dave Jones in Carbon Brief (qui).

Da notare che questo obiettivo è sostenuto dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE), dall’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) e anche dal presidente di COP28 Sultan Al Jaber, amministratore delegato di Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) e ministro per l’industria e la tecnologia avanzata degli Emirati Arabi Uniti.

Si parla ora – e di già – di passaggio storico, perché il testo getterebbe le basi per la fine dell’era dei combustibili fossili a partire da questa decade, con l’obiettivo di zero emissioni nette (Net Zero) entro il 2050 (cf. Andrea Ghianda, qui).

Tutti i Paesi devono contribuire alla transizione energetica, passando dalle fonti fossili alle rinnovabili, migliorando l’efficienza dei sistemi energetici e sviluppando l’elettrificazione con sistemi di accumulo in batterie. Anche se tutto questo dovrebbe avvenire con scadenze e modalità differenziate, determinate dalle specifiche situazioni nazionali. Il testo riconosce che negli ultimi anni le tecnologie per la transizione si sono rese più disponibili, a costi più accessibili grazie ai progressi tecnologici, alla loro diffusione, ai miglioramenti sull’efficienza e sui processi produttivi.

Il nucleare da fissione, che non è fonte rinnovabile, gioca, nel testo approvato, un ruolo marginale rispetto alle altre fonti o opzioni. Il GST riconosce inoltre l’utilità delle tecnologie per catturare, utilizzare e immagazzinare il carbonio, anche dall’atmosfera (CCUS). Si parla anche di un possibile ruolo di non ben identificati “carburanti a basso contenuto di carbonio”: forse ci si riferisce ai biocarburanti o ai carburanti sintetici.

Transazione energetica

Ma come può essere sostenuta la transizione energetica? Al n. 68 il testo quantifica, fino al 2030, le somme necessarie per l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo agli investimenti in energia pulita, proiettando le valutazioni fino al 2050.

E al n.69 del GST si dice che «l’aumento di nuovi e ulteriori finanziamenti basati su sovvenzioni, agevolazioni e strumenti che non ricadono sul debito rimangono fondamentali per sostenere i Paesi in via di sviluppo, in particolare nella fase di transizione verso un’economia giusta e equa. Viene riconosciuta una connessione positiva tra la disponibilità di un sufficiente spazio fiscale e l’azione per il clima e il progresso verso percorsi di uno sviluppo a basse emissioni e resiliente al clima».

Si riprende la questione delle perdite e dei danni subiti in particolare dai Paesi poveri, già oggetto di COP27. Al n. 88 si dice che «è urgente che le Parti dei Paesi sviluppati continuino a dare supporto e a sostenere le altre Parti a fornire, o a continuare a fornire supporto, su base volontaria, alle attività per affrontare perdite e danni in linea con le decisioni già prese».

Al n. 96 si «sottolinea il ruolo dei governi, delle banche centrali, delle banche commerciali, degli investitori istituzionali e di altri attori finanziari al fine di migliorare la valutazione e la gestione dei rischi finanziari legati al clima, garantendo o migliorando l’accesso ai finanziamenti in tutte le regioni geografiche e in tutti i settori, e accelerando la creazione di nuovi organismi e fondi, oltre ad accelerare l’istituzione di fonti di finanziamento nuove e innovative, compresa la tassazione, per l’attuazione dell’azione per il clima, consentendo così di ridurre gli incentivi dannosi».

Il bilancio globale (GST) della COP28 rappresenta un documento incoraggiante, che potrebbe portare ad una svolta decisiva nell’affrontare la crisi climatica, puntando sulla transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Ma restano diversi e gravi interrogativi: chi e come monitorerà la transizione, controllerà che gli accordi siano osservati in maniera vincolante, tenendo conto delle specificità dei singoli Paesi?

Chi, come e quando si dovrà relazionare sulla realizzazione degli accordi presi? Chi e come garantirà che i Paesi in via di sviluppo possano accedere al sostegno economico necessario per la transizione e per far fronte a perdite e danni?

In questi interrogativi traspare l’appello accorato del papa, in tutta la sua urgenza.

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