
Il presidente libanese Aoun annuncia la nomina del diplomatico Simon Karan come capo della delegazione del paese che partecipa al meccanismo di controllo del cessate il fuoco con Israele.
Per la prima volta da quarant’anni un “funzionario pubblico” libanese designato dal suo Paese e uno israeliano, designato dal suo Paese, si sono incontrati ufficialmente. La novità, per chiarezza, è che entrambi non appartengono alle Forze Armate.
Come ciò sia maturato non è noto, ma di certo il viaggio di Leone XIV si era concluso da poche ore quando il Presidente del Libano, l’ex generale Joseph Aoun, ha fatto sapere che l’ex ambasciatore libanese negli Stati Uniti, Simon Karam, avrebbe guidato la delegazione libanese al “meccanismo”.
Per parte israeliana è stato designato Uri Resnick, esperto di diritto internazionale, del Consiglio nazionale di Sicurezza. Per capire cosa ciò voglia dire per il Libano e il Medio Oriente, e perché sia oggettivamente un fatto di assoluto rilievo, occorre qualche spiegazione.
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Quando Israele e Libano hanno sottoscritto il cessate il fuoco, un anno fa, dopo la lunga campagna di bombardamenti contro Hezbollah nel sud del Libano, a Beirut sud e nella valle della Bekaa, venne istituito un meccanismo di verifica del rispetto della tregua al quale partecipano militari israeliani, libanesi, statunitensi, francesi e dell’Unifil.
La vita del “rispetto” è durata poco, come è noto: Hezbollah non ha consegnato tutte le sue armi, come convenuto; prima a sud del fiume Litani, e poi nel resto del Paese, Israele non ha rispettato l’impegno a sospendere i raid e a ritirarsi da tutti i territori libanesi, come convenuto.
Ovviamente Hezbollah, che aveva accettato i termini del cessate il fuoco, ha da parte sua sostenuto che non lo faceva perché Israele non si ritirava da tutto il Libano.
Col passare dei mesi la situazione è peggiorata, il “meccanismo” si riuniva raramente e poi le voci non di disarmo ma di riarmo di Hezbollah si sono fatte sempre più insistenti. Recentemente l’esercito siriano ha sequestrato dei carichi di armi diretti alla milizia libanese e proprio nelle ore passate ha reso noto di aver intercettato un carico di mine terrestri dirette a Hezbollah.
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Il Presidente Joseph Aoun nelle settimane trascorse ha più volte dichiarato che avrebbe aggregato dei civili al “meccanismo” di monitoraggio della tregua, per renderlo non solo militare, auspicando espressamente di giungere a un negoziato con Israele teso a disarmare Hezbollah e ottenere la piena sovranità su tutto il territorio libanese.
Hezbollah ha dichiarato subito la sua contrarietà a questo sviluppo, asserendo che “non si tratta con il nemico”. Nei giorni della visita del papa un suo esponente, stando a siti libanesi, ha affermato che “è meglio l’occupazione che la resa”.
Il Presidente ha seguitato a rilanciare la sua idea di negoziare, ma non ha mai compiuto i passi conseguenti per il comprensibile timore che il braccio armato di Hezbollah potesse innescare un qualcosa di estremamente pericoloso – non sono mancati riferimenti al timore di una nuova guerra civile.
Le notizie sulle confische siriane di armi dirette ad Hezbollah hanno dimostrato che lo sforzo dell’esercito libanese di confisca delle armi, avviato da mesi e che procederebbe a rilento per la mutata posizione di Hezbollah, non poteva bastare e il rischio di una nuova azione militare israeliana si è fatto sempre più incombente. Così la tensione è aumentata: i giorni della visita del papa sono stati presentati su alcuni giornali come “la quiete prima della tempesta”.
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Dunque cosa è successo nelle ore trascorse? Quel che conta è che poco dopo la partenza del papa è arrivata la novità. La delegazione libanese al “meccanismo” non si allarga a un civile non militare, ma viene guidata da un civile non militare. E analoga decisione è stata assunta da Israele, anche questo un fatto non scontato: Karam e Resnick hanno già partecipato ai lavori del “meccanismo” nella giornata del 3 dicembre, i colloqui sono stati definiti positivi e si è deciso di procedere.
Il primo ministro libanese ha precisato, poco dopo l’annuncio presidenziale, che non siamo a un “negoziato di pace” e che la decisione presa comunque ha il sostegno popolare. La prudenza in ore molte delicate è d’obbligo, l’intenzione del presidente Aoun ha trovato per la prima volta un riscontro che sembra allontanare – almeno nell’immediato – le nubi.
Il cammino è ancora lungo, ma qualcosa si è mosso, e pochi ci avrebbero scommesso. Da Israele si era sostenuto che per sciogliere i nodi serviva un negoziato di pace.
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Alcuni in Libano scrivono che ora la rotta è tracciata: il Libano intende unirsi ai patti di Abramo, e lo fanno sottolineando che il Presidente Aoun ha parlato di riconciliazione tra i figli di Abramo salutando Leone XIV. Siamo però nel campo delle plausibili letture delle intenzioni.
Non opinioni ma fatti sono quelli citati nel comunicato ufficiale della presidenza libanese: si ringraziano gli Stati Uniti, che probabilmente hanno aiutato a rendere possibile questa soluzione intermedia, ma soprattutto si sottolinea che la decisione è stata presa dal Presidente di concerto con il Capo del Governo e con il Presidente del Parlamento: e proprio questo è il dato politico rilevante, visto che il Presidente del Parlamento è l’eterno alleato di Hezbollah, il capo dell’altro partito sciita, che negli ultimi tempi avrebbe mostrato però segni di insofferenza per la rigidità delle posizioni dell’alleato.
I commenti politici sono pochissimi in Libano, il che spiega probabilmente le parole molto prudenti del Primo Ministro. Anche la stampa è prudente, solo qualche sito on line azzarda un collegamento tra la decisione del Presidente e la visita di Leone XIV, frequenti invece i richiami alle visite dell’inviata americana nelle due capitali, ancora prima della novità, che gran parte dei libanesi ha accolto con favore.
Ora si tratta di immaginare un approdo possibile. Qualcuno parla di “modello irlandese”. Il punto che per qualcuno crea interesse va sulla falsariga di quello pensato per consentire il disarmo dell’IRA: ossia, la segretezza della consegna delle armi, che fu verificata solo da osservatori indipendenti. Per Hezbollah sarebbe un passaggio importante. Altri punti dell’accordo irlandese non sarebbero invece replicabili per vari motivi. Si vedrà, troppo presto per fare speculazioni.
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Di certo si può dire che per il Libano è arrivata una boccata d’ossigeno per molti inattesa; e che questo abbia quasi coinciso con la visita di Leone XIV e con le parole che ha pronunciato prima di salire a bordo del volo che lo ha ricondotto a Roma.
“A tutti il mio abbraccio e il mio augurio di pace. E anche un accorato appello: cessino gli attacchi e le ostilità. Nessuno creda più che la lotta armata porti qualche beneficio. Le armi uccidono, la trattativa, la mediazione e il dialogo edificano. Scegliamo tutti la pace come via, non soltanto come meta”.





