
Il patriarca greco ortodosso Giovanni X.
Dopo-strage in Siria: l’allarme resta alto e non dovrebbe riguardare solo i cristiani, come non doveva riguardare solo gli alauiti nell’occasione dei più recenti crimini di questa primavera.
Certo oggi si piangono le vittime della strage nella chiesa ortodossa di Sant’Elia, nei popolari sobborghi di Damasco (cf. SettimanaNews, qui). Il futuro della Siria è di nuovo in pericolo per calcoli oscuri e destabilizzatori.
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In una dichiarazione resa a Vatican News il vicario apostolico di Aleppo, monsignor Hanna Jallouf, ha detto che purtroppo molti cristiani pensano di lasciare il Paese. Ma ha anche affermato che “le autorità hanno detto a tutti i cristiani di stare tranquilli perché le loro vite ed i loro beni saranno difesi e protetti. Hanno anche assicurato la possibilità di esercitare la fede in piena libertà. Noi abbiamo davvero una grande speranza”.
Il priore della Comunità monastica di Mar Musa, padre Jihad Youssef, ha scritto che questo è il momento della solidarietà con le famiglie in lutto, tempo di cordoglio, preghiera. In ambito politico e sociale, invece, è il tempo degli atteggiamenti consapevoli, coraggiosi e saggi, e di chiedere allo Stato di dimostrare che è di tutti i cittadini, uno Stato di giustizia e giurisdizione indipendente, non settario o di milizie autoritarie.
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Molti resoconti di stampa convengono nel ricostruire che i jihadisti che hanno perpetrato la strage, come raccontato da dichiarazioni ufficiali di loro esponenti, intendono combattere tutte le minoranze, come i terribili fatti verificatisi appena qualche mese fa tra gli alauiti hanno fatto vedere.
Inoltre le parole recenti di loro esponenti indicano una rottura con il governo di Ahmad al Sharaa, l’ex jihadista che governa la Siria e che loro ora definiscono un traditore: come è noto ha incontrato e ringraziato il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo che questi ha rimosso le sanzioni alle Siria (un processo lungo, ma avviato).
Nella vecchia galassia jihadista di ieri si è giunti a una resa dei conti tra al Sharaa e i “falchi”, che passa attraverso lo stragismo per destabilizzare?
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È stato diffuso anche il testo dell’orazione funebre del patriarca greco ortodosso Giovanni X, che ha celebrato i funerali delle vittime innocenti di Sant’Elia. Lui aveva un testo scritto, ma poi ha preferito parlare a braccio ai presenti. E forse qui l’emotività ha portato a qualche espressione impulsiva.
Il patriarca rivolgendosi alle autorità ha sottolineato una criticità importante: non aver reso adeguatamente omaggio alla Chiesa e alle vittime. Ma il patriarca stesso ha ricordato che la ministra Kabawat si è recata subito sul luogo del massacro, sottolineando però che lei è cristiana.
Nel fatto c’è un’evidenza, ma sottolineandola si è corso il rischio di un equivoco; i siriani sono soprattutto siriani, o soprattutto esponenti delle proprie comunità di fede?
Questa lettura, che in parte è ancora realtà, non indebolisce la necessità richiamata dal patriarca che tutti cittadini siano intestatari di uguali diritti e uguale trattamento da parte delle autorità?
Nella sua orazione funebre ha definito questo massacro “il primo del suo genere dal 1860”. Il riferimento temporale è all’anno dei feroci scontri di carattere confessionale che si verificarono tra Libano e Siria, con tantissime vittime.
Recentemente, come è noto e diffusamente apprezzato, il Vaticano ha canonizzato undici vittime di quegli scontri settari – in particolare con drusi – beatificate nel 1926. I fatti sono dunque noti e dolorosi, ma l’espressione usata non è stata condivisa da tutti.
Andava chiarito che i massacri comunitari, confessionali, sono stati numerosissimi e terribili in Siria, già nel secolo scorso e poi in particolare dal 2011: si sa di azioni terribili, di deportazioni, massacri, spesso a sfondo confessionale, mai però negli anni orribili della lunghissima guerra civile si è registrato un simile crimine, cioè in una chiesa, durante una funzione religiosa: questo non è “siriano”.
Così tutti avrebbero convenuto, nessun equivoco sul doloroso passato sarebbe stato possibile. Invece non sembra che sia andata così. Chiarendo l’espressione, le ferite, tante e tremende, non avrebbero facilitato nuovi equivoci.
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Ecco poi che l’emotività del momento ha portato anche ad una dimenticanza, forse non voluta. Davanti alla prima strage in una chiesa, il patriarca ha voluto ricordare i religiosi rapiti ed ha ricordato i due vescovi e le monache di Maalula: mi sono chiesto come mai non abbia citato padre Paolo Dall’Oglio, o altri ancora.
Forse il patriarca, nell’emozione di un dolore così grave, ha parlato solo della sua Chiesa. Forse non voleva dimenticare. Può apparire esagerato, ma per contribuire a un’unità davvero riguardosa delle diversità, l’attenzione è importante, perché se è vero che passa attraverso la chiarezza passa anche attraverso l’inclusività della narrativa che si deve proporre senza sconti, ma anche con attenzione per tutti.
Probabilmente è questo il modo migliore per non rimuovere le inadeguatezze o manchevolezze, anche delle autorità, ovviamente.