
(Foto Reuters).
Dopo una lunga inchiesta condotta sul campo, l’agenzia di stampa Reuters ha reso note le conclusioni a cui è giunta sulle terribili violenze settarie avvenute in Siria all’inizio di marzo e che hanno colpito gli alawiti, comunità minoritaria che appartiene al vasto mondo islamico.
Le fonti citate dalla Reuters sono tantissime; 200 interviste con parenti di vittime, altre 40 con ufficiali della sicurezza e inquirenti e infine le chat contenute in un canale Telegram gestito dal Ministero dell’Interno.
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Poche settimane prima che questo accadesse, una coalizione di forze, che si erano anche combattute tra di loro, era riuscita a rovesciare il feroce regime di Bashar al Assad.
Il suo venticinquennale regno del terrore era giunto così al suo epilogo, portando a conclusione oltre mezzo secolo di sanguinario dispotismo avviato dal padre di Bashar, Hafez al Assad, famiglia proveniente dalla minoranza alawita. Era l’ora della speranza, ma anche della rabbia, dell’odio, della sete di giustizia che può diventare vendetta.
Abbattuto il regime, questa vasta coalizione ha avviato la costruzione del nuovo esercito nazionale: esponenti dei vari gruppi hanno assunto la guida dei vari battaglioni. Sapevano, come tutti, che un regime che si era impossessato delle risorse dello Stato e che aveva minuziosamente controllato tutto di tutti, per decenni, non avrebbe alzato bandiera bianca così facilmente e che poteva contare su molti “nostalgici”.
E infatti in quei giorni di marzo, nell’area tradizionalmente a maggioranza alawita, si verificò un’azione militare messa in atto da un gruppetto di rivoltosi. Scrive la Reuters: “Una rivolta pro-Assad all’inizio di marzo nelle regioni costiere della Siria è stata la prima prova della tenue unità”.
Il nuovo governo ha chiesto subito rinforzi per sconfiggere la rivolta. Ma chi cercava l’insurrezione?
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Abituata dalle pratiche del regime a sentirsi divisa su linee confessionali, la nuova Siria anche in quei giorni iniziali di marzo dunque ha sentito da alcuni la risposta settaria, confessionale: era un tentativo di golpe dei nostalgici del vecchio regime, cioè degli alawiti, la comunità da cui provengono gli Assad.
Quando si ragiona così il conflitto da politico diventa settario, cioè con un’intera comunità. Il termine “nostalgici” la Reuters lo usa citando il vocabolo arabo “fuloul” e scrive: “alcuni hanno interpretato con entusiasmo la parola fuloul per indicare tutti gli alawiti, una minoranza di 2 milioni di persone che molti in Siria incolpano dei crimini della famiglia Assad, che è alawita”.
Individuare, accertare le responsabilità, sempre individuali, non collettive, era una priorità per la nuova Siria.
Gli alcuni di cui si parla sono importanti. La Reuters afferma che nelle ore successive al tentativo di rivolta, 1479 alawiti sono stati uccisi, molti altri sono scomparsi da allora e 40 località sono state sottoposte a saccheggi.
Molte evidenze citate da Reuters indicano tre responsabilità importanti: quella della “unità 400”, all’epoca dei fatti posta alle dipendenze del Ministero dell’Interno e collegata all’area più vicina al presidente al-Sharaa, già nel 2020 definita come “molto preoccupante” dall’ONU; la seconda responsabilità rilevante riguarda le milizie più notoriamente filo turche; e infine si citano accuse esplicite ai jihadisti stranieri, accorsi in Siria per l’urgenza di combattere e annoverati tra i responsabili da testimoni.
Queste testimonianze affermano che spesso tra le vittime della vendetta vi erano anche donne e bambini, in quanto alawiti. I gruppi direttamente coinvolti vengono indicati in una decina.
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Ma non basta: se tutto questo ha importanza politica, va rilevato anche l’altro dato che emerge e relativo alle accuse di alcuni parenti di vittime, per i quali anche ordinari civili della comunità più colpita dagli Assad, i sunniti, avrebbero preso le armi per andare a vendicarsi.
Scrive la Reuters: “Il rancore settario derivante da anni di guerra civile e dagli abusi di Assad ha spinto la popolazione ad attaccare i villaggi vicini e i quartieri degli alawiti, una minoranza legata alla famiglia Assad. La Reuters ha rilevato che i due luoghi principali di questi omicidi per vendetta sono stati il villaggio di Arza e la città di Baniyas, dove sono state uccise in totale 300 persone”.
Le autorità siriane non hanno risposto alle domande poste da Reuters. Dopo i tragici fatti citati il governo ha istituito una commissione d’inchiesta che non ha ancora fornito la sua versione dei fatti, sebbene fosse stata annunciata entro un mese. È stato però confermato che i risultati dell’indagine governativa saranno comunicati alla presidenza in breve.
La violenza settaria e la sete di vendetta sono tra i problemi più gravi, battaglie culturali per riuscire a costruire una Siria davvero nuova, e questo rapporto ci dice che nell’assetto odierno il problema permane, sebbene in Siria sia diffusa la consapevolezza che tutto questo costituisce una priorità.