Ottant’anni per la pace, lo sviluppo e i diritti umani

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gallagher

Dichiarazione di s.e. l’arcivescovo Paul Richard Gallagher Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali Capo della delegazione della Santa Sede al dibattito generale della settimana di alto livello in occasione dell’apertura della 80 esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (New York, 29 settembre 2025, qui l’originale inglese)

Signora Presidente,

sono lieto di porgere i cordiali saluti e le benedizioni di Papa Leone XIV a Lei e ai rappresentanti delle Nazioni qui riuniti, e di congratularmi con Lei per la Sua elezione a guida di questa Assemblea.

In primo luogo, desidero ringraziare questa Assemblea Generale per l’omaggio reso a Papa Francesco dopo la sua scomparsa lo scorso aprile.

Come forse saprete, quando Papa Leone XIV fu eletto, le sue prime parole al mondo furono: «La pace sia con tutti voi. […] Una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante». [1] In un mondo lacerato da guerre e conflitti, egli fece della pace il suo primo messaggio.

Il tema scelto per il dibattito generale di quest’anno: «Meglio insieme: ottant’anni e oltre per la pace, lo sviluppo e i diritti umani» sottolinea l’importanza costante della cooperazione multilaterale nell’affrontare le questioni globali. Ciò è particolarmente pertinente quest’anno, in cui la comunità internazionale commemora la fondazione delle Nazioni Unite nel 1945. È un momento opportuno per riaffermare i valori fondamentali dell’Organizzazione: promuovere la pace internazionale, lo sviluppo e i diritti umani universali, valori che sono tanto più importanti in un mondo sempre più frammentato.

È fondamentale che la comunità internazionale intraprenda un’azione collettiva per prevenire e porre fine ai conflitti, combattere la povertà e promuovere i diritti umani, solennemente dichiarati nella Dichiarazione universale del 1948 e uno dei risultati più importanti di questa Organizzazione. È importante ricordare che l’isolazionismo porta a un’instabilità imprevedibile, mentre l’unità favorisce una resilienza responsabile e un progresso condiviso. Ciò è particolarmente evidente nelle circostanze attuali, in cui l’escalation delle tensioni geopolitiche, la crisi climatica in corso, l’aumento delle disuguaglianze e la crescente povertà richiedono una rinnovata solidarietà globale. Le Nazioni Unite devono adattarsi a un mondo trasformato e mantenere la loro efficacia di fronte a minacce emergenti come il degrado ambientale e le rivoluzioni tecnologiche, che nessun paese può affrontare da solo.

In qualità di rappresentanti di tutte le nazioni del mondo, siamo uniti dalla nostra comune umanità, creati a immagine e somiglianza di Dio, chiamati a vivere in fraternità, solidarietà e rispetto reciproco. Guidata dagli insegnamenti senza tempo della Chiesa cattolica, la Santa Sede intende continuare a essere la voce di chi non ha voce, promuovendo un mondo in cui la pace prevalga sui conflitti, la giustizia trionfi sulle disuguaglianze, lo Stato di diritto sostituisca il potere e la verità illumini il cammino verso l’autentico benessere umano.

In un mondo alle prese con sfide sempre più impegnative, è necessario rinnovare l’impegno nei confronti dei pilastri fondamentali della pace, della giustizia e della verità. [2] È imperativo esplorare e costruire su questi pilastri, traendo insegnamento dalla storia per forgiare un futuro più equo.

La pace

La pace è universale e fondamentale per una società ben ordinata e basata sui valori. La pace non è la semplice assenza di guerra o conflitto. Non può essere ridotta esclusivamente al mantenimento di un equilibrio di potere tra avversari. Piuttosto, è radicata nel rispetto reciproco e in una corretta comprensione della persona umana, che richiede l’instaurazione di un ordine basato sulla giustizia e sulla carità. Papa Leone XIV descrive la pace come «un dono attivo ed esigente. Coinvolge e sfida ciascuno di noi, indipendentemente dal nostro background culturale o dalla nostra appartenenza religiosa, esigendo innanzitutto che lavoriamo su noi stessi. La pace si costruisce nel cuore e dal cuore, eliminando l’orgoglio e la vendetta e scegliendo con cura le nostre parole. Anche le parole, infatti, non solo le armi, possono ferire e persino uccidere». [3]

Una società pacifica e prospera può essere costruita attraverso un impegno quotidiano costante per ripristinare l’ordine voluto da Dio, che fiorisce quando ogni persona riconosce e assume il proprio ruolo nel promuoverlo. Per prevenire i conflitti e la violenza, la pace deve essere profondamente radicata nel cuore di ogni individuo, in modo che possa diffondersi attraverso le famiglie e le varie associazioni all’interno della società, fino a coinvolgere l’intera comunità politica. Solo in un contesto caratterizzato dal rispetto della giustizia è possibile sviluppare una cultura di pace autentica che possa influenzare l’intera comunità internazionale. Infatti, «la pace sulla terra non può essere ottenuta se non si salvaguarda il benessere personale e gli uomini condividono liberamente e con fiducia le ricchezze del loro spirito interiore e i loro talenti». [4]

La costruzione della pace richiede il rifiuto dell’odio e della vendetta a favore del dialogo e della riconciliazione. «Mai come ora è urgente che diventiamo operatori di pace che lavorano per il bene comune, per ciò che è buono per tutti e non solo per pochi». [5] La Santa Sede elogia coloro che costruiscono ponti tra le divisioni con mezzi non violenti. I loro atti coraggiosi illuminano il cammino verso la fraternità, attraverso il quale tutti sono chiamati ad essere artigiani di pace in una cultura dell’incontro.

La comunità internazionale deve quindi dare priorità alla diplomazia rispetto alla divisione, reindirizzando le risorse dagli strumenti di guerra alle iniziative che promuovono la giustizia, il dialogo e il miglioramento delle condizioni dei poveri e dei più bisognosi. La Santa Sede rinnova la sua proposta di un fondo globale, sostenuto da una parte delle spese militari, per sradicare la povertà e la fame, promuovere lo sviluppo sostenibile e affrontare il cambiamento climatico. [6] Queste sono le basi indispensabili per una pace duratura.

Disarmo

Uno dei primi passi verso il raggiungimento della pace è la costruzione della fiducia. Il massiccio riarmo compromette questo obiettivo, poiché crea nuove minacce ed esacerba le paure delle persone. Infatti, «non è possibile alcuna pace senza un vero disarmo [e] l’esigenza che ogni popolo provveda alla propria difesa non deve trasformarsi in una corsa al riarmo».[7] La continua crescita delle spese militari globali, che raggiungeranno la cifra senza precedenti di 2,72 trilioni di dollari nel 2024, [8] perpetua i cicli di violenza e divisione, sottraendo risorse ai bisogni urgenti dei poveri e delle persone in situazioni di vulnerabilità.

Il disarmo non è solo una necessità politica o strategica, ma soprattutto un imperativo morale, radicato nel riconoscimento della sacralità della vita umana e dell’interconnessione della famiglia umana. È motivo di grande preoccupazione il fatto che diversi Stati stiano ritirando i propri impegni nei confronti dei trattati internazionali sul disarmo. La Santa Sede esorta con urgenza la comunità internazionale a non perdere di vista l’importanza di perseguire accordi multilaterali di disarmo e di adoperarsi per ridurre le scorte di armi convenzionali e nucleari, nonché di lavorare instancabilmente per rafforzare i meccanismi di non proliferazione e promuovere misure di rafforzamento della fiducia per garantire una sicurezza comune.

La Santa Sede chiede quindi la piena attuazione e il rafforzamento dei regimi giuridici stabiliti dagli Stati parti del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP), del Trattato sulla messa al bando totale dei test nucleari (CTBTO) e del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). Inoltre, gli Stati dotati di armi nucleari dovrebbero adottare misure concrete per ridurre le loro scorte nucleari, arrestare la modernizzazione dei loro arsenali e promuovere un dialogo trasparente per costruire la fiducia tra le nazioni. Le risorse dovrebbero essere reindirizzate verso l’istruzione, la sanità e lo sviluppo sostenibile, con l’obiettivo finale di realizzare un mondo libero dal nucleare.

La produzione e lo stoccaggio di armi nucleari costituiscono un grave reato contro la pace, poiché distolgono risorse dalla promozione dello sviluppo umano integrale verso strumenti di distruzione. Si stima che nel mondo esistano oltre 12.000 testate nucleari, con una potenza esplosiva complessiva di 1,5 gigatoni, equivalente a oltre 100.000 bombe del tipo sganciato su Hiroshima.

80 anni dal primo test nucleare e da Hiroshima

Quest’anno ricorre l’80° anniversario del primo test nucleare del 1945 e dei drammatici bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Questi eventi, che hanno segnato l’umanità e messo in luce la fragilità della nostra esistenza comune, sottolineano l’imperativo morale dell’urgente necessità del disarmo nucleare e generale.

La Santa Sede non ha alcun dubbio che un mondo libero dalle armi nucleari sia necessario e possibile. Il ricorso a tali armi è sempre sproporzionato e quindi immorale. Inoltre, nessun motivo giusto o ragionevole può giustificare il possesso di tali armi, dato il loro potere distruttivo e i rischi che comportano. La Santa Sede è convinta che il loro possesso e utilizzo sia pericoloso, una minaccia per l’umanità e profondamente immorale e che quindi «debba essere considerato un mezzo di guerra illegale». [9] Nel frattempo, la «risposta alla minaccia delle armi nucleari deve essere congiunta e concertata, ispirata dallo sforzo arduo ma costante di costruire la fiducia reciproca e superare così l’attuale clima di sfiducia». [10]

Rispetto del diritto internazionale umanitario

In un mondo dilaniato da guerre e conflitti, il rispetto del diritto internazionale umanitario costituisce un altro pilastro della pace, poiché salvaguarda la dignità umana nei conflitti armati. Le violazioni – come gli attacchi contro i non combattenti, gli ospedali, le scuole e le chiese – sono gravi crimini di guerra. Purtroppo, stiamo anche «assistendo con disperazione all’uso iniquo della fame come arma di guerra». [11]

«Il semplice fatto che la guerra sia purtroppo scoppiata non significa che tutto diventi lecito tra le parti in conflitto». [12] Dovrebbe essere chiaro che il personale militare rimane pienamente responsabile di qualsiasi violazione dei diritti degli individui e dei popoli, o delle norme del diritto internazionale umanitario. Tali azioni non possono essere giustificate dall’obbedienza agli ordini dei superiori. Coloro che sono arruolati nelle forze armate sono tenuti a sostenere i principi di buona fede, verità e giustizia su scala globale. Molti sono coloro che, in tali circostanze, hanno sacrificato la propria vita per questi valori e in difesa di vite innocenti. [13]

Papa Leone XIV ha lamentato che «È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte?» [14].

La Santa Sede esorta tutti gli Stati a garantire la piena attuazione e il rispetto delle Convenzioni di Ginevra e chiede che venga impartita un’educazione sui principi del diritto internazionale umanitario, che le forze armate ricevano una formazione adeguata e che i trasgressori siano puniti. In questo contesto, la Santa Sede riconosce le immense sfide che devono affrontare gli operatori umanitari, tra cui le minacce alla loro sicurezza, l’accesso limitato alle persone bisognose e l’inadeguatezza delle risorse.

Libertà di religione e persecuzione dei cristiani

La libertà di pensiero, di coscienza e di religione è un altro pilastro della pace, eppure la persecuzione delle minoranze religiose, in particolare dei cristiani, persiste a livello globale. I cristiani di tutto il mondo sono oggetto di gravi persecuzioni, tra cui violenze fisiche, incarcerazioni, sfollamenti forzati e martirio. Oltre 360 milioni di cristiani vivono in zone in cui subiscono livelli elevati di persecuzione o discriminazione, con attacchi a chiese, case e comunità che si sono intensificati negli ultimi anni. I dati mostrano che i cristiani sono il gruppo più perseguitato a livello globale, eppure la comunità internazionale sembra chiudere gli occhi di fronte alla loro situazione.

Tuttavia, la libertà di religione non è semplicemente libertà dalla persecuzione, ma è la libertà di professare la propria fede da soli o in comunità con altri, in pubblico o in privato, nell’insegnamento, nella pratica, nel culto e nell’osservanza. La libertà religiosa comprende altre libertà, tra cui la libertà di pensiero, di coscienza, di espressione, di riunione e di associazione. Affinché la libertà religiosa, voluta da Dio e inscritta nella natura umana, possa essere esercitata, non dovrebbero esserci ostacoli. Infatti, ogni persona, dotata di ragione e libero arbitrio, ha l’obbligo morale di cercare la Verità e, una volta conosciuta, di aderirvi e di ordinare la propria vita in conformità con le sue esigenze.[15] La dignità dell’individuo e la natura della ricerca della verità ultima richiedono che tutti siano liberi da vincoli in materia di religione. La società e lo Stato non devono costringere nessuno ad agire contro la propria coscienza, né impedire a nessuno di agire in conformità con essa.

60 anni dalla Nostra Aetate

La libertà religiosa va di pari passo con il dialogo interreligioso e, mentre la prima è responsabilità degli Stati, il secondo è responsabilità delle religioni. Qualsiasi interferenza da parte di un’autorità nel dialogo interreligioso costituisce una violazione della libertà di religione. Il dialogo interreligioso non è solo uno scambio di idee, ma un percorso condiviso verso il rispetto reciproco, la giustizia e la pace. In un mondo segnato dall’estremismo religioso, dalla polarizzazione culturale e dai conflitti spesso alimentati dall’incomprensione, tale dialogo è un imperativo morale. Richiede umiltà, apertura e impegno ad ascoltare attivamente per garantire che le differenze arricchiscano anziché dividere. È inoltre necessario proteggere le religioni dallo sfruttamento e dalla strumentalizzazione.

La Santa Sede è in prima linea nel dialogo religioso e quest’anno celebra il 60esimo anniversario della Nostra Aetate, la storica dichiarazione del Concilio Vaticano II sul rapporto tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane. Promulgata il 28 ottobre 1965, la Nostra Aetate è stata un appello trasformativo a rifiutare il pregiudizio e ad abbracciare la dignità universale di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio. Ha aperto la strada a una nuova era di comprensione, in particolare nelle relazioni tra cattolici ed ebrei, e ha promosso il rispetto per tutte le tradizioni religiose. Negli ultimi sessant’anni, i principi della Nostra Aetate hanno ispirato innumerevoli iniziative di dialogo, riconciliazione e cooperazione, che vanno dagli incontri interreligiosi agli sforzi congiunti per affrontare sfide globali come la povertà, la migrazione e il cambiamento climatico.

Giustizia: salvaguardare la dignità e promuovere il bene comune

Papa Leone XIV afferma chiaramente che «lavorare per la pace richiede agire con giustizia. […] In questo momento di cambiamenti epocali, la Santa Sede non può non far sentire la propria voce di fronte ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che portano, non da ultimo, a condizioni di lavoro indegne e a società sempre più frammentate e conflittuali. Occorre compiere ogni sforzo per superare le disuguaglianze globali – tra opulenza e miseria – che stanno creando profonde divisioni tra continenti, paesi e persino all’interno delle singole società». [16]

Dignità della persona umana

Nel nostro mondo travagliato, la dignità della persona umana deve essere posta al centro di tutti i nostri sforzi. La dignità di ogni individuo è intrinseca e non dipende dall’utilità o dalle circostanze, e deve quindi essere difesa in ogni politica, legge e azione. Questo principio impone il rifiuto di ogni forma di sfruttamento, discriminazione e violenza, che disumanizzano e frammentano la nostra famiglia globale. È invece un obbligo difendere i diritti umani e le libertà fondamentali sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.

La Santa Sede esorta la comunità internazionale a rinnovare il proprio impegno a promuovere condizioni in cui la dignità umana possa prosperare. Ciò include garantire l’accesso ai bisogni fondamentali come cibo, acqua potabile, alloggio, assistenza sanitaria e istruzione, nonché proteggere i poveri e i bisognosi, compresi i rifugiati, i migranti e coloro che sono perseguitati per le loro convinzioni.

Ciò significa anche difendere il diritto alla vita di ogni persona. Dopo aver assistito agli orrori della guerra e alle conseguenze di coloro che rivendicano l’onnipotenza decidendo della vita e della morte dei propri fratelli e sorelle, i fondatori delle Nazioni Unite hanno giustamente affermato che nessun potere può prevalere sulla dignità e la sacralità intrinseche della vita umana.

La Santa Sede è e sempre è stata risoluta nel sostenere e promuovere il diritto alla vita, dal concepimento alla sua fine naturale, come presupposto fondamentale per l’esercizio di tutti gli altri diritti, e sottolinea l’illegittimità di ogni forma di aborto provocato e di eutanasia. Anziché promuovere una cultura della morte, le risorse dovrebbero essere destinate alla protezione della vita e all’aiuto di coloro che si trovano in situazioni difficili o addirittura tragiche affinché possano prendere decisioni che affermano la vita, anche consentendo a quelle madri di dare alla luce il bambino che portano in grembo. Inoltre, le risorse dovrebbero essere destinate ad alleviare il peso della sofferenza umana durante la malattia attraverso un’adeguata assistenza sanitaria e cure palliative. Dovrebbe essere chiaro che esiste solo il diritto alla vita e che non può esistere alcun contrario, anche se falsamente etichettato come libertà.

Infatti, quando la libertà esclude anche l’evidenza più ovvia di una verità oggettiva e universale, che è il fondamento della vita personale e sociale, allora la persona finisce per seguire la propria opinione o il proprio interesse soggettivo e mutevole. Questa visione della libertà porta a una grave distorsione della vita nella società. A quel punto, tutto diventa negoziabile e oggetto di contrattazione, anche il primo dei diritti fondamentali, il diritto alla vita. [17]

Un’altra questione che mette in pericolo la dignità inviolabile degli esseri umani riducendoli a semplici prodotti è la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che rappresenta una grave violazione della dignità della donna e del bambino. La Santa Sede rinnova il suo appello per un divieto internazionale di questa deplorevole pratica.

Il vero progresso non si misura con il potere o la ricchezza, ma con l’elevazione dei meno privilegiati nella società, salvaguardando al contempo la dignità data da Dio a ogni persona. Come ci ricorda Papa Leone XIV, «nessuno è esente dal dovere di garantire il rispetto della dignità di ogni persona, specialmente dei più fragili e vulnerabili, dai nascituri agli anziani, dai malati ai disoccupati, dai cittadini agli immigrati». [18]

Lo Stato di diritto

Dieci anni fa, proprio da questo podio, Papa Francesco ci ha ricordato che «l’opera delle Nazioni Unite, secondo i principi enunciati nel Preambolo e nei primi articoli della sua Carta costitutiva, può essere vista come lo sviluppo e la promozione dello Stato di diritto, basato sulla consapevolezza che la giustizia è una condizione essenziale per realizzare l’ideale della fraternità universale». [19]

Infatti, per essere giusta, una società deve basarsi sul principio dello Stato di diritto, secondo il quale è la legge, e non la volontà arbitraria degli individui, ad essere sovrana. [20] Come osservò Sant’Agostino circa 1600 anni fa, se viene meno la giustizia, i grandi regni del mondo non sono altro che bande di criminali. [21]

In termini pratici, lo Stato di diritto implica l’idea di limitare l’esercizio del potere. Nessun individuo o gruppo, indipendentemente dal proprio status, dovrebbe rivendicare l’autorità di violare la dignità e i diritti degli altri o delle loro comunità. Pertanto, devono essere sempre rispettati i principi di uguaglianza davanti alla legge, responsabilità, applicazione equa della legge, separazione dei poteri, certezza del diritto, giusto processo, prevenzione dell’arbitrarietà, nonché trasparenza sia in materia procedurale che giuridica.

Sradicamento della povertà e della fame

L’eliminazione della povertà e della fame è un obbligo morale radicato nella dignità intrinseca di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio. La povertà non è solo una mancanza di risorse materiali, ma anche un attacco alla dignità umana che priva gli individui del potenziale dato da Dio per prosperare.

Come afferma Papa Leone XIV, «la continua tragedia della fame e della malnutrizione diffuse, che persiste oggi in molti paesi, è ancora più triste e vergognosa se pensiamo che, sebbene la terra sia in grado di produrre cibo a sufficienza per tutti gli esseri umani e nonostante gli impegni internazionali in materia di sicurezza alimentare, è deplorevole che così tanti poveri nel mondo continuino a non avere il pane quotidiano».[22]

«La chiave per superare la fame sta nella condivisione piuttosto che nell’accaparramento avido. Questo è qualcosa che oggi potremmo aver dimenticato perché, nonostante siano stati compiuti alcuni passi significativi, la sicurezza alimentare globale continua a deteriorarsi, rendendo sempre più improbabile il raggiungimento dell’obiettivo “Fame Zero” dell’Agenda 2030. […] Produrre cibo non è sufficiente: è anche importante garantire che i sistemi alimentari siano sostenibili e forniscano diete sane e accessibili a tutti. Si tratta quindi di ripensare e rinnovare i nostri sistemi alimentari, in una prospettiva di solidarietà, superando la logica dello sfruttamento selvaggio del creato e orientando meglio i nostri sforzi verso la coltivazione e la cura dell’ambiente e delle sue risorse, per garantire la sicurezza alimentare e progredire verso un’alimentazione sufficiente e sana per tutti». [23]

In un mondo di ricchezza e progresso tecnologico senza precedenti, è inaccettabile che milioni di persone non abbiano ancora accesso ai beni di prima necessità. Il persistere della povertà estrema, in particolare nelle regioni afflitte da conflitti, cambiamenti climatici e disuguaglianze sistemiche, richiede un’azione immediata e collettiva. La Santa Sede invita la comunità internazionale a dare priorità allo sviluppo umano integrale in uno spirito di solidarietà, garantendo che le politiche economiche e i programmi di sviluppo mettano al centro la persona umana e promuovano non solo il benessere materiale, ma anche la crescita spirituale e sociale.

Nella lotta contro la povertà, il principio di solidarietà deve sempre essere accompagnato da quello di sussidiarietà. Ciò consente allo spirito di iniziativa di prosperare, costituendo la base di tutto lo sviluppo sociale ed economico nei paesi poveri. I poveri dovrebbero essere considerati «non come un problema, ma come persone che possono diventare i principali artefici di un futuro nuovo e più umano per tutti». [24]

Disparità globali e cancellazione del debito

Superare le disparità globali, siano esse economiche, sociali o ambientali, è una sfida impegnativa. La Santa Sede sottolinea che ogni individuo, creato a immagine e somiglianza di Dio, ha diritto alle risorse e alle opportunità necessarie per una vita dignitosa. Tuttavia, persistono enormi disuguaglianze in termini di ricchezza, accesso all’istruzione, assistenza sanitaria, sicurezza alimentare e condizioni di vita sicure, spesso esacerbate da ingiustizie sistemiche, conflitti e degrado ambientale.

È quindi indispensabile affrontare le cause strutturali di tali disparità, tra cui i sistemi commerciali ingiusti, le pratiche lavorative sfruttatrici e l’accesso ineguale alle risorse. Il peso del debito intrappola le nazioni nella povertà e deve essere cancellato per ragioni di giustizia. Inoltre, fornire sollievo dal debito alle nazioni più povere, garantire l’equa distribuzione dei beni globali e investire nello sviluppo sostenibile sono tutti passi essenziali verso la giustizia.

In questo anno giubilare celebrato dalla Chiesa cattolica, la Santa Sede fa appello «alle nazioni più ricche […] affinché riconoscano la gravità di molte delle loro decisioni passate e decidano di concedere un e cancellazione del debito ai paesi che non saranno mai in grado di ripagarlo». Più che una questione di generosità, è una questione di giustizia. Oggi la situazione è resa ancora più grave da una nuova forma di ingiustizia che riconosciamo sempre più, ovvero l’esistenza di un vero e proprio “debito ecologico”, in particolare tra il Nord e il Sud del mondo, legato agli squilibri commerciali con effetti sull’ambiente e all’uso sproporzionato delle risorse naturali da parte di alcuni paesi per lunghi periodi di tempo». [25]

La cura del creato e la crisi climatica

Prendere sul serio il debito ecologico è anche una questione di «giustizia ambientale», che «non può più essere considerata un concetto astratto o un obiettivo lontano. È un’esigenza urgente che va ben oltre la semplice protezione dell’ambiente. Si tratta infatti di una questione di giustizia sociale, economica e umana». [26]

La comunità internazionale deve continuare l’importante lavoro di cura del creato. [27] La necessità di perseverare in questa missione è diventata ancora più evidente nei dieci anni trascorsi da quando Papa Francesco ha pubblicato la Lettera enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune e la comunità internazionale ha adottato, il 12 dicembre 2015, l’Accordo di Parigi sul clima.

Viviamo in un contesto geopolitico caratterizzato da intensi conflitti e da una crisi del multilateralismo da un lato, e da una crisi climatica con impatti evidenti e significativi sui più vulnerabili ai cambiamenti climatici, i più poveri e le generazioni future, che sono anche i meno responsabili.

Papa Leone XIV scrive che «i fenomeni naturali estremi causati dai cambiamenti climatici provocati dall’attività umana stanno aumentando in intensità e frequenza, per non parlare degli effetti a medio e lungo termine della devastazione umana ed ecologica causata dai conflitti armati. Finora sembriamo incapaci di riconoscere che la distruzione della natura non colpisce tutti allo stesso modo. Quando la giustizia e la pace vengono calpestate, i più colpiti sono i poveri, gli emarginati e gli esclusi. La sofferenza delle comunità indigene è emblematica a questo proposito». [28]

Ciò rappresenta una chiara minaccia per il benessere delle generazioni future, per la pace e la sicurezza. Richiede una risposta forte e responsabile e un impegno da parte della comunità internazionale. Una risposta che non possa ridurre la natura «a una merce di scambio, a un bene da barattare per ottenere vantaggi economici o politici». [29]

Ciò significa rafforzare l’impegno alla cooperazione internazionale nella promozione della condivisione tecnologica e nell’attuazione di azioni per il clima, nonché intensificare gli sforzi per promuovere l’educazione a una cultura della cura che proponga nuovi modi di vivere.

Migranti e rifugiati

I migranti sono tra le prime vittime delle molteplici disparità globali. Non solo la loro dignità viene negata nei loro paesi d’origine, ma anche le loro vite sono messe a rischio poiché non hanno più i mezzi per creare una famiglia, lavorare o nutrirsi. La risposta alle crisi migratorie, dei rifugiati e degli sfollati dovrebbe trascendere le considerazioni puramente politiche e abbracciare un approccio etico, umanitario e basato sulla solidarietà.

La Santa Sede sottolinea che la dignità umana intrinseca dei migranti, dei rifugiati e degli sfollati interni (IDP) deve essere rispettata indipendentemente dal loro status giuridico, dalla loro nazionalità, etnia, religione o sesso. Le politiche e le azioni devono dare priorità alla loro sicurezza, protezione e trattamento umano, aderendo al principio di non respingimento e attuando misure per prevenire la violenza e lo sfruttamento. In questo contesto, dovrebbe essere data priorità al ricongiungimento familiare, riconoscendo il ruolo fondamentale della famiglia nello sviluppo umano, nella salute psicologica e nella stabilità sociale.

Per ridurre i pericoli associati alla migrazione irregolare, la Santa Sede esorta ad ampliare i canali di migrazione sicuri, ordinati e regolari per contrastare le attività dei trafficanti e dei passatori di esseri umani, prevenendo viaggi pericolosi e spesso mortali. La Santa Sede condanna fermamente il crimine efferato del traffico di esseri umani e auspica vivamente che si raggiunga un consenso sulla Dichiarazione politica in occasione della prossima riunione ad alto livello per la revisione del Piano d’azione globale per combattere la tratta di esseri umani.

Inoltre, la Santa Sede auspica che il Secondo Forum internazionale di revisione sulla migrazione ribadisca gli impegni assunti nel Patto globale sulla migrazione. Allo stesso modo, la revisione dei progressi compiuti dal Forum globale sui rifugiati nel dicembre 2025 dovrebbe rafforzare gli impegni esistenti per garantire che continuino i progressi nel sostegno ai rifugiati.

Intelligenza artificiale (IA)

Insieme a queste sfide, c’è, come dice Papa Leone XIV, «un’altra rivoluzione industriale […] l’intelligenza artificiale che pone nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro». [30]

Nella tradizione cristiana, l’intelligenza è considerata un aspetto essenziale dell’umanità, creata a immagine di Dio. Sebbene l’IA sia una straordinaria conquista tecnologica, essa imita l’intelligenza umana che l’ha progettata, ponendo nuove questioni filosofiche ed etiche. A differenza di altre invenzioni, l’IA è addestrata sulla creatività umana, produce artefatti che rivaleggiano o superano le capacità umane, sollevando preoccupazioni sul suo potenziale impatto sull’umanità. Infatti, questa tecnologia apprende e compie scelte in modo autonomo, adattandosi e fornendo risultati che non erano stati previsti dai suoi programmatori. Ciò solleva questioni fondamentali di etica e sicurezza.

Esiste il rischio che l’IA promuova il «paradigma tecnocratico», che considera tutti i problemi del mondo risolvibili solo attraverso la tecnologia. Questo paradigma spesso subordina la dignità umana e la fraternità alla ricerca dell’efficienza, trascurando le dimensioni essenziali della bontà e della verità. Tuttavia, la dignità umana non deve mai essere violata in nome dell’efficienza. L’IA dovrebbe invece essere utilizzata per promuovere e servire uno sviluppo integrale più sano, più umano e più sociale.

Nonostante l’immenso potenziale che l’IA offre per il progresso del benessere umano, essa non può mai finire per soppiantare il giudizio morale ed etico umano o sminuire il valore unico della persona.

La Santa Sede sottolinea la necessità di sviluppare e attuare linee guida etiche e quadri normativi chiari per l’IA che salvaguardino la dignità umana, garantiscano la trasparenza, promuovano la responsabilità e favoriscano l’inclusione.

Diritti dei lavoratori

Inoltre, l’uso diffuso dell’IA mette molti lavoratori a rischio di perdere il proprio posto di lavoro. Il lavoro non è solo un mezzo di sostentamento, ma una vocazione attraverso la quale gli individui partecipano all’atto creativo di Dio, sviluppano i propri talenti e costruiscono una società giusta.

Il lavoro è un’espressione fondamentale della dignità umana. Consente agli individui di provvedere alle loro famiglie, di contribuire alla società e di crescere nella virtù. Tutto il lavoro dovrebbe essere riconosciuto come onorevole, sia esso manuale, intellettuale o creativo, e nessun lavoratore dovrebbe essere sottoposto a condizioni che degradano la dignità che gli è stata data da Dio.

I lavoratori hanno diritto a un salario dignitoso che garantisca un tenore di vita decoroso per sé stessi e le loro famiglie. Ciò include l’accesso all’alloggio, all’istruzione, all’assistenza sanitaria e alle opportunità di riposo. I salari devono riflettere il valore della persona umana e non essere determinati esclusivamente dalle forze di mercato. I datori di lavoro devono rifiutare le pratiche di sfruttamento che privilegiano il profitto rispetto alla giustizia e garantire la parità di retribuzione a parità di lavoro.

La Santa Sede condanna tutte le pratiche di sfruttamento che sottopongono i lavoratori a fatiche eccessive, condizioni pericolose o trattamenti che violano la loro dignità di persone.

È necessario un sistema economico che dia priorità alla creazione di posti di lavoro, in particolare per i disoccupati e i sottoccupati, e che promuova le opportunità di imprenditorialità. Quando le economie non riescono a generare un’occupazione sufficiente , esiste l’obbligo morale di proteggere la dignità dei lavoratori e delle loro famiglie fornendo sostegno sociale e attuando politiche eque.

Investire nella famiglia

Salari equi e condizioni di lavoro sostenibili, soprattutto per le donne, contribuiscono anch’essi a rafforzare la famiglia. La famiglia non esiste per la società o lo Stato, ma la società e lo Stato esistono per la famiglia. La Santa Sede invita quindi a un rinnovato impegno a sostegno dei giovani che desiderano costruire una famiglia. In un mondo in cui prevale la divisione, il patto matrimoniale tra un uomo e una donna è un mezzo per superare le forze che distruggono le relazioni e le società. La famiglia è la prima comunità in cui si sperimenta la natura sociale dell’uomo e offre un contributo unico e insostituibile alla società.

Verità: guidare il multilateralismo e la chiarezza nel discorso
Linguaggio inequivocabile e non divisivo

Le relazioni autentiche e il dialogo richiedono un linguaggio chiaro e inequivocabile. Infatti, quando il linguaggio non è comunemente accettato o viene reinterpretato o diventa ambiguo, gli sforzi per il dialogo possono essere compromessi. Sono stati fatti molti tentativi di reinterpretare i diritti umani fondamentali contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Purtroppo, queste nuove interpretazioni non solo dividono la comunità internazionale, ma spesso distorcono anche la visione della natura umana. Nel contesto odierno, in cui vi è un disperato bisogno di dialogo multilaterale tra le nazioni, il rispetto e la comprensione reciproci richiedono l’uso di un linguaggio chiaro e non divisivo.

SITUAZIONI PARTICOLARI
Ucraina

Tra le numerose crisi che attualmente affliggono la comunità internazionale, la guerra in Ucraina è una delle più profonde e dolorose. Il suo protrarsi sta trasformando città un tempo vivaci in cumuli di macerie e sta spegnendo i sorrisi dei bambini che dovrebbero crescere giocando invece di vivere tra il suono costante delle sirene e nei rifugi.

Questa guerra deve finire ora. Non in un momento indefinito nel futuro, ma proprio ora. Ogni giorno che passa, il numero delle vittime aumenta, la distruzione si allarga e l’odio si approfondisce. Ogni giorno senza pace ruba qualcosa a tutta l’umanità.

Per questo motivo, la Santa Sede rinnova l’appello lanciato da Papa Leone XIV per un cessate il fuoco immediato, che aprirà la strada a un dialogo sincero e coraggioso. Solo così il clamore delle armi potrà essere messo a tacere e le voci della giustizia e della pace potranno essere ascoltate.

La Santa Sede invita tutte le nazioni qui riunite a rifiutare la passività e a fornire un sostegno concreto a qualsiasi iniziativa che possa portare a negoziati autentici e a una pace duratura. È giunto il momento di difendere la pace e di rifiutare la logica del dominio e della distruzione.

Medio Oriente

La Santa Sede sta seguendo con grande attenzione la situazione in Medio Oriente, nell’ottica di raggiungere una pace giusta e duratura tra Israele e Palestina sulla base di una soluzione a due Stati, in conformità con il diritto internazionale e tutte le risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite.

Papa Leone XIV esorta vivamente le parti coinvolte, così come la comunità internazionale, a porre fine «al conflitto in Terra Santa, che ha causato tanto terrore, distruzione e morte».  , ha implorato «che tutti gli ostaggi siano liberati, che si raggiunga un cessate il fuoco permanente, che sia facilitato l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari e che sia pienamente rispettato il diritto umanitario, in particolare l’obbligo di proteggere i civili e il divieto di punizioni collettive, dell’uso indiscriminato della forza e dello sfollamento forzato della popolazione». [31]

Inoltre, una soluzione equa alla questione di Gerusalemme basata sulle risoluzioni internazionali è essenziale per raggiungere una pace giusta e permanente. Qualsiasi decisione o azione unilaterale che alteri lo status speciale di Gerusalemme e lo status quo è moralmente e giuridicamente inaccettabile.

Siria

Per quanto riguarda la Siria, la Santa Sede sostiene l’importanza di una transizione pacifica e giusta nel Paese, nonché la tutela dei diritti dei siriani di ogni etnia e religione, senza alcuna discriminazione. L’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale della Siria devono essere pienamente rispettate, in conformità con il diritto internazionale.

Africa

La Santa Sede rileva con favore che la democrazia in molti Paesi africani sta mostrando segni di progresso: vi è un crescente impegno a favore delle elezioni multipartitiche, della partecipazione civica e delle riforme istituzionali. Tuttavia, permangono ostacoli significativi, quali l’autoritarismo, le riforme costituzionali arbitrarie e la corruzione endemica, che alimentano la sfiducia nelle istituzioni.

L’instabilità che affligge molti Stati africani genera sfide profonde e interconnesse, con gravi ripercussioni sociali, economiche e umanitarie. Le migrazioni forzate, gli sfollamenti interni e il collasso dei servizi essenziali privano milioni di persone della sicurezza, della salute e dell’istruzione, mentre la disoccupazione giovanile alimenta l’economia informale e, in alcuni casi, il reclutamento in gruppi armati. Le donne e i bambini, in particolare, subiscono violenze e sfruttamenti di ogni tipo.

In questo scenario, il Sahel, Cabo Delgado e alcune zone del Corno d’Africa emergono come zone di instabilità. Infatti, la minaccia jihadista, la povertà endemica, il traffico illecito, la crisi climatica e i conflitti interni convergono in una spirale che mette a rischio la vita di milioni di persone, nonostante gli sforzi dei governi locali. L’abbandono scolastico causato dalla crisi di sicurezza espone molti minori a gravi pericoli, compromettendo il futuro del continente e favorendo nuove forme di emarginazione.

Di fronte a queste sfide, la resilienza delle comunità africane, in particolare dei giovani, rimane una risorsa essenziale che deve essere sostenuta con investimenti mirati nell’istruzione, nella sanità, nelle infrastrutture e in modelli di governance inclusivi.

Più che mai, è essenziale un impegno coerente e duraturo da parte della comunità internazionale, basato su una cooperazione autentica, sul rispetto delle esigenze locali e sulla responsabilità condivisa, per sostenere i paesi africani nel loro percorso verso la stabilità, la pace e lo sviluppo economico.

Repubblica Democratica del Congo

Il deterioramento della situazione nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC) è fonte di preoccupazione per la Santa Sede. Le province di Ituri, Nord Kivu e Sud Kivu sono teatro di tensioni etniche, violenze perpetrate da gruppi ribelli, scontri armati, gravi violazioni dei diritti umani e dispute sullo sfruttamento delle risorse naturali. Da anni il Paese sta affrontando una delle crisi multidimensionali più complesse al mondo, caratterizzata da una situazione di sicurezza instabile e da un’emergenza umanitaria sempre più grave che comporta malnutrizione acuta e sfollamenti di massa.

La Santa Sede accoglie con favore la firma dell’Accordo di pace globale tra la RDC e il gruppo armato M23, nonché l’Accordo di pace firmato dai ministri degli Esteri congolese e ruandese, che mira a porre fine a decenni di combattimenti nella parte orientale del Paese. Tuttavia, si temono nuove ondate di violenze. Lo scorso luglio le Forze Democratiche Alleate (ADF) hanno compiuto un brutale attacco terroristico contro una chiesa a Komanda, nell’Ituri, causando la morte di oltre 40 fedeli. Il ritiro della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO) solleva interrogativi sulla sua capacità di adempiere al proprio mandato e di affrontare le sfide in corso.

È essenziale rafforzare il sostegno della comunità internazionale e gli sforzi di mediazione diplomatica e politica per garantire che le parti rispettino i propri impegni e trovino una soluzione stabile e adeguata alla situazione attuale.

Sudan

Anche il conflitto fratricida in Sudan è fonte di grave preoccupazione, poiché continua a causare morte e distruzione, infliggendo sofferenze alla popolazione civile. La Santa Sede rinnova con forza il suo appello per la cessazione immediata delle ostilità e l’avvio di negoziati autentici, unico mezzo attraverso il quale tutto il popolo sudanese potrà costruire un futuro di pace e riconciliazione. Le parti coinvolte devono comprendere che è giunto il momento di assumersi le proprie responsabilità, agire concretamente e dimostrare solidarietà. Devono promuovere il dialogo tra le parti e adottare misure urgenti per alleviare l’attuale crisi umanitaria. Il dolore del popolo sudanese chiede a gran voce di essere ascoltato, rompendo il silenzio del mondo. Non c’è più spazio per l’indifferenza.

Sud Sudan

La Santa Sede sta seguendo da vicino gli sviluppi in Sud Sudan e invita tutti gli attori politici a impegnarsi sulla via del dialogo e della collaborazione e ad attuare con sincerità e responsabilità l’accordo di pace del 2018, come base per costruire una convivenza pacifica e giusta. La Santa Sede invita inoltre la comunità internazionale a sostenere generosamente questa giovane nazione nel suo cammino verso la pace e la riconciliazione e a fornire gli aiuti umanitari necessari per alleviare le sofferenze della popolazione. Ciò contribuirà a costruire un futuro di speranza e dignità per tutto il popolo sud sudanese.

Traffico di droga

In molte parti del mondo, in particolare in America Latina, il traffico di droga sta corrompendo le società e causando estrema violenza. La Santa Sede è profondamente preoccupata per questo fenomeno complesso, spesso legato a questioni sociali irrisolte in diversi paesi. Esso comprende la coltivazione della coca, la produzione di sostanze allucinogene sintetiche e la loro commercializzazione. Queste attività sono svolte da organizzazioni criminali che operano in tutto il mondo. Parallelamente agli sforzi congiunti degli Stati per combattere il traffico di droga, la Santa Sede sottolinea l’importanza di investire nello sviluppo umano, come l’istruzione e la creazione di posti di lavoro, per evitare che le persone vi siano coinvolte inconsapevolmente.

Situazione nei Caraibi

La Santa Sede è inoltre preoccupata per le crescenti tensioni nel Mar dei Caraibi e invita alla moderazione per evitare qualsiasi azione che possa destabilizzare la convivenza tra le nazioni e minare il diritto internazionale.

Haiti

La Santa Sede segue con attenzione anche la drammatica situazione ad Haiti. Il Paese è afflitto da violenze di ogni tipo, tratta di esseri umani, esili forzati e rapimenti. La Santa Sede auspica che, con il necessario e concreto sostegno della comunità internazionale, si possano creare le condizioni sociali e istituzionali che consentano agli haitiani di progredire verso la pace e la sicurezza.

Nicaragua

La Santa Sede sta seguendo con attenzione la situazione in Nicaragua e auspica che la libertà religiosa e gli altri diritti fondamentali degli individui e della società siano adeguatamente garantiti. La Santa Sede ribadisce la necessità di un impegno sincero, rispettoso e costruttivo nel dialogo volto a trovare soluzioni che favoriscano la pace e l’armonia nel Paese.

Asia meridionale

Passando al Sud-Est asiatico, numerose situazioni di instabilità e conflitto stanno ulteriormente aggravando le preoccupazioni umanitarie di lunga data. In Myanmar, quattro anni e mezzo di conflitto interno hanno devastato la popolazione locale. Solo nello Stato di Rakhine, oltre 2 milioni di persone sono a rischio di fame e la popolazione Rohingya continua a subire discriminazioni sia da parte dei gruppi armati che delle autorità militari.

In questa situazione di conflitto persistente, la criminalità transnazionale è in aumento. Il traffico e l’uso di droga e la tratta di esseri umani hanno registrato un aumento preoccupante nel Sud-Est asiatico. Particolarmente preoccupante è il fenomeno dei cosiddetti centri di truffa, dove le persone trafficate sono costrette a ingannare altre persone online per inviare denaro alle reti criminali. Recenti indagini suggeriscono che in questi centri, situati principalmente lungo i confini tra Myanmar, Thailandia, Cina, Cambogia e Laos, ci siano decine, se non centinaia, di migliaia di persone trafficate. Questa industria multimiliardaria crea milioni di vittime che cadono preda delle truffe perpetrate. Solo grazie agli sforzi concertati della comunità internazionale è possibile affrontare adeguatamente la criminalità transnazionale.

Per garantire il bene comune della società, è essenziale sostenere lo Stato di diritto. Mantenere la giustizia, la trasparenza e il rispetto delle libertà civili e politiche è ancora più importante in periodi di transizione politica.

In questo contesto, la solidarietà internazionale e regionale è fondamentale. La Santa Sede incoraggia gli sforzi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), basati sui principi di rispetto reciproco, non interferenza, costruzione del consenso e risoluzione pacifica delle controversie, per promuovere processi di costruzione della pace guidati a livello locale e inclusivi.

Balcani

La Santa Sede segue da vicino gli sviluppi nei Balcani occidentali, in particolare in Bosnia-Erzegovina. I paesi balcanici sono legati ai valori europei per ragioni storiche, culturali e geografiche e aspirano istituzionalmente a integrarsi con gli Stati che già appartengono all’Unione Europea. È fondamentale che le differenze etniche, culturali e religiose non portino alla divisione, ma diventino invece una fonte di arricchimento per l’Europa e il mondo intero. La Santa Sede ritiene che le questioni storiche e attuali che interessano la regione possano essere risolte solo attraverso il dialogo e la collaborazione.

Caucaso

La Santa Sede, pur riconoscendo gli accordi di pace tra Armenia e Azerbaigian firmati in agosto, invita i due Paesi a proseguire sulla via della riconciliazione al fine di raggiungere una pace stabile e duratura nel Caucaso meridionale.

Multilateralismo efficace basato sul dialogo

In occasione dell’80esimo anniversario delle Nazioni Unite, la Santa Sede ribadisce l’importanza duratura di questa istituzione e il bene significativo che ha realizzato su numerosi fronti dal momento della sua fondazione nel 1945. Le Nazioni Unite continuano ad essere un forum vitale in cui tutte le nazioni si impegnano in un dialogo come sovrane uguali per affrontare le sfide globali.

Tuttavia, dobbiamo riconoscere i limiti e le carenze delle Nazioni Unite, nonché la crescente crisi di credibilità all’interno del sistema multilaterale. Piuttosto che oscurare i risultati raggiunti dall’ONU, queste sfide dovrebbero ispirare un rinnovato impegno per la sua rivitalizzazione.

C’è un crescente consenso generale nella comunità internazionale sulla necessità di riformare questa istituzione, riscoprendone le fondamenta e adattandola alle esigenze dell’epoca attuale. Come afferma Papa Leone XIV, «questo sforzo, al quale tutti siamo chiamati a partecipare, può iniziare a eliminare le cause profonde di tutti i conflitti e ogni impulso distruttivo di conquista. Richiede una sincera volontà di dialogare, ispirata dal desiderio di comunicare piuttosto che di scontrarsi. Di conseguenza, è necessario dare nuova vita alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali concepite e progettate principalmente per risolvere eventuali controversie all’interno della comunità internazionale». [32]

La Santa Sede invita a rinnovare l’impegno nei confronti dei principi originari sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, che rimangono oggi più che mai attuali. È importante resistere alla tentazione di sostituire questi impegni fondamentali con nuove idee o programmi che rischiano di indebolire la missione delle Nazioni Unite. Al centro di questa missione vi è il raggiungimento di un equilibrio tra i quattro pilastri delle Nazioni Unite: la promozione dei diritti umani, il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, il raggiungimento dello sviluppo sostenibile e il rispetto dello Stato di diritto. Lo Stato di diritto, in particolare, è la condizione sine qua non di un ordine internazionale giusto, che costituisce il fondamento di tutti gli altri sforzi.

Questo anniversario offre l’opportunità di rafforzare la posizione delle Nazioni Unite come faro di speranza e forza positiva nell’affrontare i bisogni più urgenti dell’umanità.


[1] Papa Leone XIV, Prima benedizione “Urbi et Orbi”, 8 maggio 2025.

[2] Cfr. Papa Leone XIV, Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 16 maggio 2025.

[3] Papa Leone XIV, Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 16 maggio 2025.

[4] Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, 77.

[5] Papa Leone XIV, Messaggio ai partecipanti alla 44ª Sessione della Conferenza della FAO, 30 giugno 2025.

[6] Cfr. Papa Francesco, Spes non confundit, 16; Papa Francesco, Discorso alla Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, 2 dicembre 2023.

[7] Papa Francesco, Urbi et Orbi, 20 aprile 2025.

[8] Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI). «World Military Expenditure Reaches $2.72 Trillion in 2024». SIPRI, 2024. Disponibile su: https://www.sipri.org.

[9] Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al Simposio internazionale Prospects for a World Free of Nuclear Weapons And For Integral Disarmament, 10 novembre 2017.

[10] Papa Francesco, Discorso sulle armi nucleari, Parco dell’Ipocentro della bomba atomica (Nagasaki), 24 novembre 2019.

[11] Papa Leone XIV, Messaggio ai partecipanti alla 44ª Sessione della Conferenza della FAO, 30 giugno 2025.

[12] Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, 79 §4.

[13] Cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 502-503.

[14] Papa Leone XIV, Discorso ai partecipanti alla Sessione plenaria della “Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali” (ROACO), 26 giugno 2025.

[15] Cfr. Concilio Vaticano II, Dignitatis Humanae, 2.

[16] Papa Leone XIV, Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 16 maggio 2025.

[17] Cfr. Papa Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 19-20.

[18] Papa Leone XIV, Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 16 maggio 2025.

[19] Papa Francesco, Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 25 settembre 2015.

[20] Cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 408.

[21] Sant’Agostino, De civitate Dei, Libro IV, Capitolo 4: «Remota itaque iustitia, quid sunt regna nisi magna latrocinia? Quid et ipsa latrocinia nisi parva regna?».

[22] Papa Leone XIV, Messaggio ai partecipanti alla 44ª Sessione della Conferenza della FAO, 30 giugno 2025.

[23] Ibidem.

[24] Papa Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2000.

[25] Papa Francesco, Spes non confundit, 16.

[26] Papa Leone XIV, Messaggio per la X Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, 1° settembre 2025.

[27] Cfr. Papa Leone XIV, Omelia nella Santa Messa per la Cura del Creato, Borgo Laudato si’, 9 luglio 2025.

[28] Papa Leone XIV, Messaggio per la X Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, 1° settembre 2025.

[29] Ibidem.

[30] Papa Leone XIV, Discorso al Collegio dei Cardinali, 10 maggio 2025.

[31] Papa Leone XIV, Udienza Generale, 27 agosto 2025.

[32] Papa Leone XIV, Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 16 maggio 2025.

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Un commento

  1. Giuseppe 6 ottobre 2025

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