Il cantiere delle diaconie

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convegno diaconi

Lo scorso 16 e 17 giugno si è tenuto a Modena il convegno per i diaconi delle Regioni ecclesiastiche del Nord (Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Triveneto, Liguria, Toscana). Abbiamo pensato a questo evento riprendendo, dopo la pandemia, gli incontri interregionali nell’anno in cui non teniamo il convegno nazionale.

La Comunità del diaconato in Italia, cogliendo l’invito della Conferenza episcopale italiana ha scelto quest’anno, per essere al passo con la seconda tappa del cammino sinodale che ha per riflessione «I cantieri di Betania-buone partiche», di promuovere un evento partendo dalle esperienze concrete dove i diaconi sono coinvolti in prima persona sul cantiere delle diaconie.

È stata l’occasione per un confronto e uno scambio fraterno con la presenza e la riflessione di Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e della diocesi di Carpi, nonché vicepresidente della CEI. Il convegno è stato l’espressione visibile di una parte del volto sinodale della Chiesa e espressione concreta del cammino del diaconato in questo nostro tempo. Oltre cento tra delegati, diaconi e spose.

Il nostro primo pensiero è stato rivolto alla popolazione della Romagna per il disastroso alluvione e a quanti si sono prodigati, soprattutto i giovani, per una fattiva e pronta solidarietà. Ma abbiamo ricordato anche l’inondazione in Ucraina provocata non dalla natura, ma dalla brutalità dell’uomo che ha prodotto effetti catastrofici.

La sinodalità come stile diaconale

La riflessione su I cantieri delle diaconie si è inserita in continuità con quanto abbiamo approfondito al convegno di Assisi lo scorso agosto: La sinodalità come stile diaconale. Diaconi sulla strada a servizio della missione della Chiesa.

Ad Assisi abbiamo riflettuto di sinodalità come stile che i diaconi sempre di più devono assumere nel loro ministero. Ma anche abbiamo considerato come i diaconi possono essere sulla strada. La strada come luogo d’incontro non di persone che scegliamo, ma che semplicemente incontriamo per farci attenti alle «gioie e alle speranze, alle angosce e alle tristezze degli uomini» (cf. GS 1).

Pertanto, per rinnovare il volto del ministero diaconale è necessario ricercare insieme, in un clima di fraternità, ciò che il Signore ci chiede in questo cammino e in questo tempo. Certamente dobbiamo accoglierci e ascoltarci, accogliere e ascoltare la società e coloro che si trovano ai margini della società. Un diaconato sempre più missionario. Afferma mons. Erio nel suo intervento che ha introdotto il lavoro dei gruppi sinodali il 23 maggio scorso in occasione dell’Assemblea CEI:

«È importante cominciare non dai problemi interni ma dall’orizzonte missionario: tenerlo sempre vivo significa evitare il ripiegamento e la chiusura. La ricerca di una comunione interna senza l’orizzonte missionario rischia di trasformarsi in un esercizio cosmetico, di semplice suddivisione di spazi, ruoli e competenze. Questa prima costellazione va in diverse direzioni: l’impegno sociale e politico, l’accoglienza delle diversità, l’ospitalità specialmente verso gli ultimi. […] Si tratta di proporre esperienze integrali di ingresso nella comunità, attraverso l’annuncio e la celebrazione, il servizio e la creatività, l’incontro con i testimoni e il gioco come esperienze di gratuità».

È interessante la varietà delle direzioni che mons. Castellucci indica, in quanto calzano perfettamente al ministero diaconale.

Interessante anche l’accenno alla gratuità. Se c’è un tratto che deve distinguere i diaconi è proprio quello di essere testimoni credibili di gratuità. La loro diaconia non corrisponde al desiderio di carriera o di successo, perché altrimenti avrebbe seguito altre vie. I diaconi sono un segno mirabile di questa gratuità della Chiesa che devono portare in mezzo alla gente. Credo che sia la ragione più bella dell’identità del diaconato di tipo evangelico. Cioè il diaconato porta nel cuore delle comunità il cuore del Vangelo, quello che ne è la sintesi, cioè la gratuità.

Siamo convinti che non si fa sinodalità per confermare il passato o per alimentare le lamentele. Si fa sinodalità per avviare processi di rinnovamento e innestare trasformazioni.

Prima che sul piano della prassi e delle strutture, è necessario avviare processi di novità sul piano della mentalità, una mentalità di comunione, di conversione allo stile sinodale che significa: compresenza, complementarietà e corresponsabilità.

Il pericolo è che tutto possa essere ridotto a una moda del momento. Non si tratta di ripetere frasi, talvolta slogan, ma di mettere in atto concrete esperienze da raccontare e da condividere.

Dall’altro lato, però, dobbiamo anche avere contezza che stiamo vivendo in Italia e nel mondo un momento molto particolare. Oggi, dice il papa, «in questo tornante così speciale della nostra storia civile, è utile ed è attesa anche una nostra parola […] Questo tempo nuovo e difficile ci chiama in causa e richiede il coraggio profetico di una posizione controcorrente. Purtroppo, lo scenario politico in questa tortuosa fase appare sempre più incerto e confuso». Allora è attesa anche una parola da parte dei diaconi che non possono stare a guardare dalla finestra o, peggio ancora, dalle sacrestie.

Pertanto, è urgente delineare un profilo diaconale per certi versi nuovo, soprattutto in relazione alle potenzialità di servizio, non solo all’interno delle nostre comunità, ma nel tessuto politico-sociale come quello odierno, troppo spesso dominato dall’interesse e lacerato dal compromesso e dalla prevaricazione.

Tutto questo, però, richiede di camminare insieme (non siamo battitori liberi) non solo sulla stessa strada ma anche nella stessa direzione per uscire fuori dagli schemi precostituiti, pur nella molteplicità di luoghi, situazioni ed esperienze. Mettere in atto un nuovo stile di diaconato, a mio avviso, significa evitare le tentazioni dell’individualismo; dell’autocompiacimento; dell’autoreferenzialità.

In preparazione a questo incontro ci è sembrato utile inviare preventivamente la traccia dei laboratori per dare la possibilità di lavorare non individualmente ma in modo condiviso da parte della comunità diaconale locale, per favorire – in coerenza con lo spirito di sinodalità – una consapevolezza comune delle situazioni e delle prospettive.

Prima i laboratori, poi le conclusioni

Abbiamo, pertanto, invertito quello che comunemente si programma: prima i laboratori e, a conclusione, del convegno la relazione. Ci è sembrato in questi anni che bisognava ascoltare la voce e la testimonianza dei protagonisti e non per il sentito dire.

Questa modalità ha portato molto frutto e ci ha fatto apprendere realtà che non conoscevamo. In una parola, ci siamo messi in ascolto, che non è una semplice tecnica ma è farsi attenti agli altri.

Ci è sembrato anche interessante ascoltare le esperienze e il lavoro che viene dai coordinamenti regionali.

Questi i laboratori:

  • Laboratorio 1: Il Cantiere della Strada e del Villaggio
  • Laboratorio 2: Il Cantiere dell’Ospitalità e della Casa
  • Laboratorio 3: Il Cantiere della Diaconia e della Formazione Spirituale

Insieme abbiamo scoperto come, grazie al cammino sinodale, siamo stati capaci di allargare il nostro sguardo verso fratelli e sorelle con i quali non sempre siamo stati capaci di quel dialogo aperto e disinteressato. Abbiamo ascoltato interessanti forme di impegno sul mondo del carcere con la sua capacità di insegnarci e darci tanto anche per la nostra vita “fuori”; persone da incontrare liberamente nella loro ricerca di vita, e nelle loro domande di fede. Se il diacono è presente, diventa compagno di strada.

Allo stesso modo, e in ambiti completamente differenti, tanti confratelli diaconi seguono percorsi di accompagnamento con divorziati e separati per affrontare con loro la difficoltà dell’accoglienza nella comunità.

L’importanza della relazione con tutti, i prossimi e i lontani, sta a indicare il bisogno impellente di abbandonare pregiudizi e precomprensioni, la voglia di uscire dai vecchi schemi di riferimento ecclesiale e l’importanza dell’accompagnamento: camminare insieme, accompagnare e farsi accompagnare.

Molte riflessioni sono state incentrate sul farsi accompagnare, il lasciarsi stupire. Interessante aver messo a fuoco l’importanza di riconoscerci destinatari del servizio e non solo portatori del servizio: è un salto di dimensione ministeriale. Un mettersi dall’altra parte, che aiuta a comprendere e fare meglio quel percorso di ascolto senza aspettarsi nulla, quell’esserci e lasciarsi accogliere che ci fa vicini.

Nella concretezza del quotidiano

Sicuramente la vita dei diaconi è vita vissuta, ha i segni del lavoro e della difficoltà quotidiana, ha il vigore che imprime la famiglia che cammina e sprona il diacono stesso a servire meglio. Anzi, spesso è proprio la sposa e la famiglia a essere suggeritrice e stimolo per il servizio.

Il diacono incontra gli altri nella concretezza del quotidiano vissuto, condivide l’esperienza di molte delle persone che accoglie e serve. A lungo si è discusso del luogo del diacono per eccellenza: la soglia. Quello spazio fisico che sta sul lavoro, in famiglia, nelle comunità, negli ambienti fragili, ovvero, ovunque si possa tendere una mano o offrire uno sguardo di bene. Stare sulla soglia non significa tirare dentro a tutti i costi, ma offrire a tutti una speranza, perché il diacono diventi quella parola che serve, quel gesto che cura, quello sguardo che consola.

Abbiamo pensato al compito del diacono non di “tappabuchi”, di tutto fare o di maratoneti capaci di macinare servizi su servizi, ma di essere promotori di carismi.

È stato bello e arricchente interrogarci anche su quali ambiti si debba lavorare maggiormente e su quali strade si debbano percorrere con maggiore forza. Il tema dell’omosessualità e della relazione con la comunità Lgbtq+ è un versante dove l’impegno attuale dei diaconi è carente e bisognoso di più forza e cura, ma lo stesso vale per i giovani e la scuola, vista come agenzia formativa che spesso arranca a fronte di ragazze e ragazzi per i quali la speranza è un bagliore troppo flebile spesso lontano.

Ha affascinato i presenti e scaldato la discussione il tema dei linguaggi, la necessità di uscire dall’ecclesialese e dal clericalismo per parlare a tutti. Un messaggio per tutti affinché «cessino le parole e parlino le opere».

Pertanto si è convenuto che possa essere molto positivo e proficuo l’uso del linguaggio dell’ambiente, della cura del creato, della necessità di nuovi stili di vita, sobri e responsabili, e di tutto il contesto dell’ecologia integrale e dei contenuti della Laudato si’ come di una modalità efficace e moderna di trasmettere contenuti anche teologici alti incardinati su questioni della «vita vera».

Nelle parole dell’arcivescovo Castellucci, che ha ascoltato le conclusioni dei gruppi di lavoro e ne ha ripreso gli spunti per invitarci a proseguire, sono risuonati nella sua relazione su Diaconie e diaconato, i temi dell’ascolto, dell’accompagnamento, dell’andar leggeri e della sinodalità del nostro agire.

E, a proposito di diaconie, credo che oggi ci sia un’interessante opportunità per il ministero diaconale da mettere in atto e da proporre ai vescovi: «ripristinare le diaconie» – è stato anche accennato da papa Francesco nell’ultimo incontro con i diaconi di Roma il 19 giugno 2021:

«Il Concilio, dopo aver parlato del servizio al Popolo di Dio “nella diaconia della liturgia, della parola e della carità”, sottolinea che i diaconi sono soprattutto – soprattutto – “dediti agli uffici della carità e dell’amministrazione” (Lumen gentium, 29). La frase richiama i primi secoli, quando i diaconi si occupavano a nome e per conto del vescovo delle necessità dei fedeli, in particolare dei poveri e degli ammalati. Possiamo attingere anche alle radici della Chiesa di Roma. Non penso soltanto a san Lorenzo, ma anche alla scelta di dare vita alle diaconie. Nella grande metropoli imperiale si organizzarono sette luoghi, distinti dalle parrocchie e distribuiti nei municipi della città, in cui i diaconi svolgevano un lavoro capillare a favore dell’intera comunità cristiana, in particolare degli “ultimi”, perché, come dicono gli Atti degli Apostoli, nessuno tra di loro fosse bisognoso (cf. 4,34)».

Le iniziative messe in cantiere

Ma cosa la Comunità ha messo in cantiere per il prossimo futuro?

Al di là del tradizionale convegno nazionale che teniamo ogni due anni, adesso, stabilmente ad Assisi, e la pubblicazione della Rivista, con cadenza bimestrale, abbiamo avviato 4 progetti:

  • Quello della Rete delle spose che già esisteva ma che abbiamo intensificato e rimodulato con l’attenzione alla coppia diaconale. Si è conclusa proprio il 5 giugno scorso una serie di 5 incontri online su Le donne nella Bibbia tenuti dalla prof.ssa Emanuela Buccioni, biblista di Terni. C’è stata in media la presenza di 100 spose. Un’attenzione particolare vogliamo dedicare anche alle vedove dei diaconi, che forse in questi anni è mancata.
  • Pensiamo di avviare una Scuola di Alta formazione sulla teologia del diaconato rivolta non solo ai diaconi ma ad un’ampia platea ecclesiale. La Scuola, dopo le dovute approvazioni che sono in corso, si terrà presso la Facoltà teologica dell’Italia meridionale.
  • Stiamo pensando ad un incontro di formazione anche per i delegati. Ci stiamo lavorando da tempo anche con il supporto di alcuni delegati e della CEI.
  • Infine, con Caritas italiana abbiamo avviato un progetto di gemellaggio con il Libano. Ci siamo recati, con alcuni consiglieri, già due volte. Questi i progetti solidali assunti dalla Comunità chiamati Diaconia Libano:
  • Accompagnamento a distanza di un Casa rifugio, con una dotazione economica regolare. Visto l’avvicendarsi degli ospiti, l’accompagnamento è sul rifugio e non sulle persone.
  • Sostegno ai giovani di Caritas Libano. In particolare la tipografia autogestista, per realizzare il materiale per i nostri Convegni;
  • Sostegno ai diaconi maroniti e latini;
  • Nell’ultimo incontro del 5-7 maggio scorso abbiamo messo a fuoco la possibilità di realizzare a Beirut un convegno dei diaconi del Medio Oriente/Mediterraneo nel settembre 2024.

Quali le attività della Comunità messe in cantiere?

  • Il 9 settembre si terrà a Roma un’Assemblea, di presenza e online, per gli associati. Oltre agli adempimenti statutari, l’incontro sarà introdotto da una riflessione sulle diaconie dal punto di vista patristico e dal punto di vista biblico.
  • Un Webinar, da tenersi sabato 16 marzo 2024 sul tema: Non ad sacerdotium sed ad ministerium: dalla Lumen gentium alla Ad gentes per discernere le ragioni del ripristino del diaconato e comprenderne la recezione postconciliare.
  • Dal 5 all’8 agosto 2024 ad Assisi terremo il convegno nazionale in preparazione al Giubileo del 2025. È già previsto l’incontro dei diaconi con le loro spose e famiglie che sarà dal 21 al 23 febbraio 2025.

Abbiamo pubblicato il secondo numero di un sussidio per la formazione dei diaconi e delle loro spose (Percorsi di Sinodalità) che abbiamo predisposto per il prossimo anno pastorale e che avrà per tema, in continuità con il cammino sinodale della Chiesa italiana: Casa di Betania: diaconia dell’ospitalità e dell’amicizia. Ci sono alcune schede che sviluppano questo percorso su 9 orizzonti (biblico, patristico, ecclesiologico, pastorale, liturgico, antropologico, ecumenico, spirituale, mariano).

Il sussidio è uno strumento per rendere più partecipativa la formazione e ovviamente si può adattare alle esigenze locali. Competenze ed esperienze diverse si incontrano in questo sussidio, frutto di un vero laboratorio sinodale, per offrire a diaconi e spose un metodo per la formazione iniziale e permanente.

La formazione, infatti, è un’esigenza che nasce e si sviluppa a partire dal sacramento dell’ordine. È destinata a coinvolgere e assimilare progressivamente tutta la vita del diacono nella fedeltà al dono ricevuto. Si tratta di una necessità intrinseca allo stesso dono divino che va continuamente “vivificato”, perché il diacono possa rispondere adeguatamente alla sua vocazione. Egli, infatti, in quanto uomo storicamente situato, ha bisogno di perfezionarsi in tutti gli aspetti della sua esistenza umana e spirituale per poter giungere a quella conformazione a Cristo che è il principio unificante di tutto.

Connettere i diversi ministeri

Al diacono spetta un costante lavoro di connessione tra i diversi ministeri, carismi e vocazioni presenti nella comunità cristiana. Non è tanto l’uomo che assume su di sé tutte le funzioni di servizio della comunità, bensì colui che opera affinché ciascun membro della stessa sia aiutato a trovare il proprio posto e a esercitare il ministero o l’ufficio che gli viene affidato con spirito evangelico e adeguate competenze.

Il diacono ha uno specifico compito: occupa un posto di “giuntura” nel corpo di Cristo che è la Chiesa. Il “posto” proprio del diacono sta in quegli spazi di incontro che hanno la caratteristica del confine, della marginalità, della periferia.

Le “giunture” del poliedro ecclesiale abitate dal diacono non sono primariamente gli ambiti per così dire tradizionali dell’organizzazione e della pastorale della Chiesa, ma i “territori di frontiera” in cui avvengono le contaminazioni reciproche tra la comunità cristiana e il mondo ad essa in parte esterno.

Inoltre crediamo che il sussidio possa aiutare a rispondere alla domanda contenuta nell’Instrumentum laboris della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi: come comprendere il ministero del Diacono permanente all’interno di una Chiesa sinodale missionaria?

Nello stile sinodale, affidiamo ai delegati, ai diaconi e alle loro spose, questo sussidio, auspicando una vera conversione pastorale missionaria che ci liberi da esclusivismi e indifferenze e ci porti ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare ogni uomo e donna di questa nostra casa comune.

Come negli eventi più belli, il convegno ha avuto una sorpresa finale con la visita di don Luigi Ciotti, dell’associazione Libera, che ha trasformato un saluto in un discorso emozionante di sprone e di spinta all’agire verso i più fragili, contro i soprusi mafiosi e in favore di una società più giusta. Don Ciotti ci ha congedato lasciandoci con l’immagine della «dolce pedata di Dio» che ci spinge al fare.

La domanda di fondo alla quale abbiamo voluto rispondere con questo nostro convenire è: in che modo possiamo comprendere più a fondo il valore del nostro ministero nel rinnovamento del volto sinodale delle nostre comunità diocesane e parrocchiali? Quale contributo?

Afferma il vescovo Erio che ciò che è emerso dai gruppi sinodali è il sogno di

«una Chiesa che ascolta, che accoglie, che mette al centro le relazioni come in una casa, che celebra in modo coinvolgente, che sa condividere e dialogare, che è prossima ai passaggi di vita: in una parola, una Chiesa più snella, evangelica, libera. L’esperienza dei “cantieri di Betania”, specialmente quelli “del villaggio”, ha dimostrato su tanti ambiti come sia possibile trovare dei punti di contatto».

È quello che noi vogliamo realizzare nel nostro piccolo. Ci auguriamo che il convegno possa essere un momento importante per la vita della Comunità e diventare un’ulteriore occasione di rilancio del ministero diaconale nelle nostre comunità diocesane. I convegnisti sono stati invitati ad offrire, a comunicare e a presentare le indicazioni del convegno alle diocesi, ai confratelli, ai delegati, al vescovo.

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Un commento

  1. Chiara 17 settembre 2023

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