Francia: 12.000 battesimi adulti

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La notte di Pasqua, nelle diocesi francesi, sono stati battezzati 7.135 adulti di cui il 36% fra i 18 e i 25 anni e 5.000 giovani fra gli 11 e i 18 anni. Sono il 31% in più dell’anno scorso e il 120% dei numeri di dieci anni fa. Vengono dalle periferie delle città, ma anche dalle campagne e da tutti i ceti sociali.

Un segnale positivo in un paese interessato da una forte secolarizzazione. Molti indicatori dell’appartenenza e della frequenza sono in rosso. I battesimi dei bambini, ad esempio, sono passati da 400 mila a 200 mila in vent’anni. Per questo, la crescita del battesimo adulto è una sorpresa.

A nostra insaputa

Il vescovo Pierre-Antoine Bozo (Limoges) si è così espresso: «Non sono i nostri sforzi missionari che pagano. Proponiamo a tutti di entrare dalla porta e questi entrano dalla finestra».

Mons. Vincent Jordy (Tours) osserva «che i nuovi battezzati non arrivano necessariamente da percorsi più ampiamente pubblicizzati nel nostro mondo cattolico. Numerosi articoli di stampa sono dedicati alle dinamiche della nuova evangelizzazione con i vari percorsi formativi ed eventi, dal metodo “alfa” al congresso missionario. Altri articoli sottolineano più generalmente la ricerca del “sacro”, della bellezza e la dimensione liturgica tradizionale. Ma sembra che, seppure alcuni che bussano alla porta delle parrocchie arrivino da questi percorsi, la grande maggioranza che si rivolge alla Chiesa ha seguito altri cammini, spesso originali e molto personali».

«Questa evangelizzazione “a nostra insaputa” si fa nella modestia del quotidiano, una garanzia per la sua autenticità. E forse ci fa comprendere ciò che papa Francesco afferma nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate, parlando della “santità della porta accanto”. Una santità molto semplice che sfugge agli occhi indagatori e alle telecamere». È la santità degli anziani, dei frequentanti, dei piccoli servizi ecclesiali, delle visite ai malati.

La fede attestata

Il giornale La Croix e il suo settimanale Hebdo hanno approfondito la questione. Oltre che dalle parrocchie e dai movimenti, i nuovi battezzati provengono dagli scout e tutti hanno un approccio aperto e non timoroso o nicodemico. La loro attestazione di fede interpella la prevalente forma “privatizzante”. Spesso provengono da genitori che non li hanno battezzati, perché «ci penseranno da adulti».

«Sono giovani che riconoscono ai loro genitori di essere stati lasciati liberi ma avvertono in loro una certa amarezza perché sono stati privati di un’educazione cristiana che i genitori hanno avuto e non hanno trasmesso»: così si esprime Anna-Sophie Dubecq, responsabile del catecumenato a Versailles.

Un compito talora assolto dai nonni e dalle nonne. «Le anziane nonne che frequentano le nostre chiese! Non dobbiamo forse alla loro testimonianza di fedeltà la “voglia” della fede, piuttosto che a tutti gli sforzi di marketing che si possono adoperare?» suggerisce un vescovo.

Anche dall’islam

È ormai prassi comune la richiesta di una lettera al vescovo per spiegare la ragione della domanda del battesimo. Dall’insieme di quelle lettere, molto diverse per estensione e profondità, ma ugualmente sincere, si possono tracciare gli elementi sorgivi della risposta alla chiamata.

Per alcuni è avvertire il fondo culturale cattolico che è ancora largamente diffuso sotto tutte le vernici secolarizzanti.

Per altri è la figura di un familiare o di un amico che apre alle domande spirituali.

Per altri ancora è l’esperienza personale di “salvezza” sperimentata in un momento difficile o di dolore.

Non manca chi si riferisce ad una occasionale celebrazione liturgica che tocca il cuore.

O, ancora, l’esperienza di essere accolti e potersi riconoscere in una comunità.

C’è in quasi tutti una domanda di appartenenza. Molto rare le richieste di un certo intransigentismo di carattere etnico (le “radici cristiane della Francia”). Rare, ma non irrilevanti (5%) le domande di conversione dall’islam che spesso vengono scoraggiate per non porre l’interessato/a in un forte scontro con la propria famiglia e il proprio ambiente. Soprattutto nelle periferie cittadine il confronto con l’islam favorisce l’interrogazione sulla propria fede. Non per contrapposizione ma per emulazione.

È un fenomeno che interessa soprattutto l’immigrazione africana che, pur in contesti di debole presenza cristiana, esprime un pressante bisogno di accompagnamento e di riferimenti forti. Nelle periferie della capitale c’è un’associazione, Fide, che trascina i giovani in confronti biblici vivaci e “improbabili”.

Tu non abbandonarmi

Per lo storico Charles Mercier, il numero dei battesimi adulti appartiene a un più generale fenomeno di interesse dei giovani alla spiritualità di cui, in parte e non certo in esclusiva, si giova anche la Chiesa.

Il sociologo Jean-Louis Schlegel si chiede se non si tratti di un fenomeno passeggero. La sua risposta è negativa, perché fenomeni similari sono in atto nel Belgio e in Olanda. Certo minoritari e spesso manipolati da chi vi riconosce una “rinascita cattolica” e, all’opposto, da chi si irrita per il consenso ad una istituzione devastata dagli scandali e dagli abusi.

«La libertà di entrare lascia intoccata quella di uscire. Le comunità dovrebbero fare meglio e di più per assicurare l’accompagnamento e il sostegno all’ex catecumeno. Si ha l’impressione che l’entusiasmo e il calore dell’accoglienza siano inversamente proporzionali all’accompagnamento successivo».

Per Daniéle Hervieu-Léger il convertito attua una restaurazione di sé stesso o, se viene da una famiglia cattolica, una riappropriazione dell’identità perduta. Si comprende quindi che temi come la riforma della Chiesa o le sue crisi non costituiscano problema per i battezzati adulti.

Dell’entrata-uscita nell’appartenenza ecclesiale è un esempio il racconto autobiografico di Emmanuel Carrère, Il Regno. Chiude il suo racconto di convertito “pentito” con queste parole: «Domani sera andrò alla messa della Pasqua ortodossa, con Anne i miei genitori. Li bacerò dicendo Christos Voskrés, “Cristo è risorto”, ma non ci crederò più. Ti abbandono Signore, tu non abbandonarmi».

Due racconti

Fra i diversi racconti dei singoli battezzati, accenno a due.

Valentin Guilmard è stato “trascinato” dalle domande del figlio Théo. Nato in una famiglia atea, aveva occasionalmente frequentato la chiesa per la morte drammatica del padre archiviando poi il tutto. Quando il figlio comincia a porgli le domande su Gesù e infinite altre all’età di sei anni, ricomincia a leggere il Vangelo e si trova a rispondere alle proprie domande. Stagione dopo stagione, quando Théo diventa adolescente, lo presenta al gruppo dei genitori che hanno i propri figli sullo stesso percorso. Rimane folgorato dalla loro disponibilità e dalla benevolenza dell’adulta che segue il suo cammino di catecumeno. Fino al battesimo di ambedue.

Il secondo racconto riguarda Pauline. Temporaneamente bloccata nel suo percorso di studi amministrativi, si trova demotivata e scoraggiata davanti al video del suo computer. Gli infiniti percorsi su Internet sono interrotti da un’amica musulmana che le invia il versetto di una sura del Corano in cui si parla della Bibbia. Successivamente la sollecita a riflettere sul Dio che sta pregando: è quello della Bibbia o del Corano? Spinta dalle amiche a consentire all’islam, prova ad approfondire le differenze. Da You Tube passa a Twitter sempre alla ricerca del senso per lei delle due fedi. Si colloca progressivamente sul versante del cristianesimo. L’incontro con la Bibbia, con la comunità cristiana e con il messaggio d’amore di Gesù la conducono al battesimo.

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Un commento

  1. Adelmo li Cauzi 18 aprile 2024

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