Riprendiamo il nono contributo (ottobre 2022) della rubrica «Opzione Francesco», firmata dal teologo Armando Matteo per la rivista Vita Pastorale. Per gentile concessione del direttore, don Antonio Sciortino, la rubrica viene interamente pubblicata su Settimana News.
Vi è una frase attribuita a Einstein che può felicemente illuminare un passaggio centrale dell’Opzione Francesco. La frase è la seguente: «È follia immaginare di ottenere risultati differenti, mettendo all’opera sempre le stesse cose». Ecco, a me pare di dover dolorosamente registrare una sorta di «follia pastorale» in atto nelle nostre comunità.
Pur essendo, ad esempio, perfettamente consapevoli dei risultati fallimentari di un certo modo di organizzare l’iniziazione cristiana dei nostri piccoli, tantissimi parroci e tantissime catechiste continuano a portare avanti esattamente quel modo di organizzare le cose. Non è, forse, vero che tutti sanno cosa succede con i bambini della prima comunione la domenica successiva alla celebrazione di quel sacramento? Semplicemente scompaiono.
Non è altresì vero che tutti ancora sanno cosa succede con i ragazzi e le ragazze della cresima la domenica successiva al giorno della loro confermazione? Semplicemente dimenticano l’indirizzo della parrocchia. Eppure, nulla viene cambiato in riferimento alla preparazione offerta per la prima comunione e per la cresima. E questo è ciò che io chiamo «follia pastorale».
Si tratta ora di una «follia» rispetto alla quale proprio l’Opzione Francesco ci mette in guardia e ci invita a prendere le distanze. Chissà quante volte, infatti, ciascuno di noi avrà sentito ripetere dalla viva voce di papa Francesco che non possiamo più avvalerci della sicurezza che ci offre l’idea del «si è sempre fatto così». Nell’ambito dell’evangelizzazione non ci si può mai rifare a quel tipo di ragionamento. Oggi in modo particolare.
Desiderio
L’evangelizzazione di cui c’è bisogno consiste, infatti, proprio nel far sorgere un desiderio di Gesù nel cuore degli uomini e delle donne a noi contemporanei, i quali sono assai differenti dai loro genitori ed ancora di più dai loro nonni. In particolare pesa poi, nel considerare la disponibilità dei nostri contemporanei alla possibilità di un far nascere in loro un desiderio di Vangelo, proprio quel cambiamento d’epoca già analizzato (qui) che ha portato l’Occidente dalla valle di lacrime dei secoli passati alle terre del benessere del nostro tempo.
Fare ora nostra l’Opzione Francesco implica recuperare tutta la plasticità propria dell’agire pastorale. «Pastorale», del resto, ha a che fare con il pasto e, dunque, con l’appetito. Mettere in moto un agire pastorale efficace significa lavorare affinché la testimonianza dei credenti mostri «l’appetibilità» del Vangelo per una vita riuscita e compiuta esattamente agli uomini e alle donne di oggi. I quali esprimono una presenza al mondo milioni di volte differente rispetto a quella che ha contraddistinto i loro genitori e i loro nonni.
Francesco ci esorta, allora, a non avere paura di cambiare: a non avere paura di cambiare la nostra azione pastorale, a non fissarci follemente su quella che risultò efficacissima per le generazioni passate, a trovare gesti e stile di una presenza cristiana che dica ai nostri contemporanei – adulti o giovani che siano – che non c’è nulla di più desiderabile che incontrarsi con Gesù e innamorarsi di lui.
Secondo me, subito dopo il Concilio, anziche` partire dal Catechismo dei Bambini e continuare con quelli dei fanciulli e poi i giovani e in ultimo con quelli degli adulti… sarebbe dovuto essere l’inverso. Prima lavorare sulla formazione degli Adulti e successivamente dagli adulti la formazione verso le altre eta` della vita. Abbiamo offerto nelle parrocchie tante energie verso i piccoli e scarse energie verso gli adulti. Anche oggi tanti nuovi “pastorelli” disattendono qualsiasi formazione, anche quella dei ragazzi. Non si offre quasi nulla se non le aride omelue della domenica, tante volte
Abbiamo di fronte una decina di allarmi apocalittici dalla crisi ambientale a quella demografica, dalla evaporazione della Chiesa alla crisi educativa ecc.
Sembra che viviamo una specie di sequestro emotivo collettivo che sembra impedire una progettazione realistica e concreta.
C’è chi di mette in silenzio in disparte, oppure chi fa dichiarazioni programmatiche roboanti ma senza costrutto
Ho letto parecchie cose di don Armando Matteo. Condivido molto di quello che dice. Trovo un po’ debole la proposta perché di fatto mi pare che oltre a parlare di una Pastorale che faccia incrociare Gesù Cristo non riesca ad andare. Cioè, vero che è esattamente tutto ciò che serve ma in realtà mi pare che rimanga solo enunciato e non ci sia una declinazione concreta.
Esempio: cosa può voler dire “far sorgere il desiderio di Gesù nel cuore”?
L’articoletto lo trovo nella prima parte molto interessante e totalmente condivisibile. Nella seconda parte c’è una perdita di concretezza. Io insegno religione in una scuola pubblica e mi chiedo come far sorgere il desiderio di Dio se in famiglia non si prega più, non si parla più (neanche di tematiche religiose), i nonni non educano più alla fede i loro nipoti, i colleghi di altre materie (cattolici, anche praticanti) hanno paura a confessare la loro fede di fronte agli studenti. Il problema è duplice: Dio nel nostro Occidente è divenuto scomodo, ingombrante e gli adulti non vogliono più trasmettere anche un pur minimo e vago “senso religioso” della vita. Per non parlare del digitale – si può anche dire di abitare il digitale ma si è sempre perdenti – dove certi contenuti risultano meno appetibili. Per fare un esempio per un ragazzo adolescente meglio “Muschio selvaggio” o un “Cicciogamer” che un pur bravo don Alberto Ravagnani.
la sua analisi dei problemi è sostanzialmente corretta, ma mi duole sottolineare una cosa: sono tutte problematiche che si sono manifestate già da tempo, e avevano radici ancora più profonde, presenti già ‘nei bei tempi andati’
si doveva agire già allora, ma si è preferito o fare finta che fosse tutto a posto o ci si è lanciati in imprese e operazioni che hanno prodotto pochi risultati ma in compenso hanno assottigliato le nostre risorse
ormai il problema è terminale, e tutto quello che si tenta di fare mi sembra più un’enorme cura palliativa che una soluzione