Nella giornata di ieri, giovedì 5 giugno, papa Leone XIV ha avuto un incontro con il personale della Segreteria di Stato della Santa Sede. Nella cordialità reciproca e riconoscente dei toni che lo ha caratterizzato, si tratta forse del primo atto programmatico del nuovo pontificato.
La riforma della Curia vaticana avviata da papa Francesco è rimasta come sospesa a mezz’aria soprattutto per una sua debolezza di indicazioni organizzative. Il discorso rivolto ieri dal papa al personale della Segreteria di Stato può rappresentare l’avvio di una nuova fase della recente riforma degli organi interni della Santa Sede.
Nelle parole di Leone XIV vengono infatti intrecciate tra di loro le dinamiche di riforma della Curia vaticana messe in atto da Paolo VI e Francesco, dove la prima, quella di papa Montini, funziona esattamente da principio organizzatore della seconda. Alla Segreteria di Stato viene in tal modo chiaramente riaffidato il ruolo «di coordinamento degli altri Dicasteri e delle istituzioni della Sede Apostolica».
I due elementi strutturanti, intorno a cui papa Leone XIV ha indicato il compito affidato alla Segreteria di Stato nel corso del suo pontificato, sono quelli dell’incarnazione di Dio nella storia umana e della universalità della Chiesa nella sua missione a favore del mondo – dei popoli e delle nazioni. Ne risulta una visione dinamica, immersa nei drammi e nelle gioie dell’umanità, della funzione della Segreteria di Stato – che deve rispondere alle «nuove esigenze sia nell’ambito ecclesiale sia nelle relazioni con gli Stati e le Organizzazioni internazionali».
La forza operativa che congiunge il ministero petrino e l’attività della Segreteria di Stato, secondo papa Leone, deve essere quella della sinodalità. Una sinodalità affettiva e operativa: «Mi consola sapere di non essere solo e di poter condividere la responsabilità del mio universale ministero insieme a voi. (…) Il papa da solo non può andare avanti e che ci vuole, è molto necessario, poter contare sulla collaborazione di tanti nella Santa Sede, ma in una maniera speciale su tutti voi della Segreteria di Stato. Vi ringrazio di cuore».
L’incarnazione, da un lato, chiede alla Chiesa cattolica la capacità di mediare il Vangelo «nelle culture e nei linguaggi»; dall’altro, l’universalità della destinazione della Chiesa esige da essa l’attenzione a «valorizzare le diverse culture e sensibilità». Queste due forze operative chiedono fedeltà alla storia umana e un impegno continuo per tesserne i nessi che la rendono una storia comune e condivisa. Di esse, per la Chiesa e per il mondo, la Segreteria di Stato deve essere un luogo di sintesi sinodale: «L’incarnazione ci rimanda alla concretezza della realtà e ai temi specifici e particolari, trattati dai diversi organi della Curia; mentre l’universalità, richiamando il mistero dell’unità multiforme della Chiesa, chiede poi un lavoro di sintesi che possa aiutare l’azione del papa. E l’anello di congiunzione e di sintesi è proprio la Segreteria di Stato».
Ne risultano con chiarezza tre linee fondamentali che definiscono il mandato della Segreteria di Stato: 1) si tratta di un organo, fatto di persone, accanto al papa che lo coadiuva nel suo ministero e lavoro; 2) a cui spetta di coordinare le attività e gli orientamenti degli uffici della Santa Sede; 3) per giungere a una sintesi sinodale della missione della Chiesa nel mondo capace di attualizzare l’incarnazione di Dio a favore di tutta l’umanità a cui le culture e le sensibilità dei popoli possono collaborare in maniera costruttiva.
In questo modo appare chiaramente la funzione di principio organizzativo e di guida sinodale che papa Leone XIV affida alla Segreteria di Stato all’interno della Curia vaticana; d’altro canto, vi è tutta la consapevolezza che la realizzazione di questa funzione richiede impegno e capacità notevoli: «So che questi compiti – ha detto il papa al personale della Segreteria di Stato – sono molto impegnativi e, talvolta, possono essere non ben compresi. Perciò desidero esprimervi la mia vicinanza e, soprattutto, la mia viva gratitudine. Grazie per le competenze che mettete a disposizione della Chiesa, per il vostro lavoro quasi sempre nascosto e per lo spirito evangelico che lo ispira».