Finanziamento italiano per la difesa

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Lo specialista Gianni Alioti risponde alle nostre domande sul piano di finanziamento italiano per la “difesa”.

 Gianni, il quotidiano economico-finanziario “Milano Finanza” parla di un piano da 130 miliardi entro il 2039 (qui). Vero? Dove sta scritto?

Il piano da 130 M€ di cui parla Milano Finanza – non senza una certa enfasi e tanta retorica – si riferisce alla programmazione degli investimenti per i nuovi sistemi d’arma destinati alle Forze Armate italiane, cui si sommano circa 9 miliardi di euro per le infrastrutture militari.

Detto piano di spesa per i prossimi 15 anni, è contenuto quale “Annesso”[1] al Documento Programmatico Pluriennale della Difesa 2025–2027[2], appena trasmesso alle Camere. Il Documento Programmatico Pluriennale della Difesa elaborato ogni anno dopo la Legge di Bilancio non aggiunge fondi ulteriori a quelli già stanziati per la difesa per l’anno in corso. È, però, utile per capire sia come verranno spesi i soldi messi a disposizione della Difesa nei prossimi anni, sia in che modo il Governo intende sviluppare l’ambito militare.

È importante, però, non confondere il Documento Programmatico Pluriennale della Difesa 2025-2027 con le previsioni contenute nel Documento Programmatico di Finanza Pubblica per il triennio 2026-2028[3] approvato il 2 ottobre dal Consiglio dei Ministri, in preparazione della Legge di Bilancio per l’anno prossimo.

  • Cosa prevede, dunque, questo piano di investimenti per 130 miliardi di euro?

L’obiettivo dichiarato è l’ammodernamento tecnologico dello strumento militare. Dei 130 M€ la “Legge di Bilancio 2025-2027” ne stanzia 35,094, di cui 22,500 M€ dal Fondo Investimenti della Difesa e 12,594 M€ dal Bilancio del MIMIT, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

I settori militari nei quali si concentreranno gli investimenti sono i mezzi aerei (46,60 M€), marittimi (15,30 M€) e terrestri (23,10 M€); i sistemi spaziali (1,44 M€); l’armamento e le munizioni (15,40 M€); con due focus trasversali e innovativi: 1. “cyber“(1,91 M€) come insieme di strategie, tecnologie e azioni volte a proteggere reti, sistemi e dati militari da attacchi informatici, garantendo la sicurezza e la continuità operativa; 2. “unmanned“(3,20 M€) per lo sviluppo di veicoli aerei (non solo droni), terrestri, navali e subacquei che possono operare senza la presenza di un equipaggio a bordo. Questi veicoli sono controllati da remoto o, in alcuni casi, possono operare in modo autonomo, svolgendo diverse missioni, come ricognizione, sorveglianza, attacco e supporto logistico.

Inoltre, le altre aree di investimento riguarderanno la ricerca e sviluppo (1,50 M€); il comando e controllo, la digitalizzazione e i sistemi di comunicazione (5,90 M€); la cooperazione internazionale e il potenziamento delle capacità produttive (0,09 M€); il mantenimento delle capacità operative e la ricostituzione dei livelli di scorta (15,70 M€) ritenuti necessari dopo il trasferimento di armamenti e munizionamento all’Ucraina.

  • Per dotarsi, precisamente, di che?  

L’elenco dettagliato di tutto ciò di cui la Difesa italiana intende dotarsi è lunghissimo e riempie le 95 pagine dell’Annesso al Documento Programmatico Pluriennale. Mi riferirò, pertanto, solo ai programmi più importanti, inerenti ai settori e alle aree di investimento di cui ho parlato.

La parte del leone la fa l’Aeronautica Militare Italiana (AMI). Non si è ancora completata la consegna dei primi 55 caccia-bombardieri ordinati all’americana Lockheed Martin, su un totale di 90 unità, come da contratto firmato, che già si decide di comprarne altri 25, di cui 10 F-35B per la Marina Militare Italiana (MMI).

A ciò si aggiungono l’acquisizione di 24 nuovi caccia intercettori “Eurofighter”, prodotti da Leonardo insieme alla britannica BAE Systems e alla trans-europea Airbus; la partecipazione al “Global Combat Air Programme – GCAP”, con Regno Unito e Giappone per la realizzazione di un caccia-bombardiere di sesta generazione; l’acquisizione dall’americana L3Harris di 2 aerei “G550 Caew” già configurati per operazioni di guerra elettronica e di altri 6 acquistati direttamente dall’americana Gulfstream Aerospace (controllata da General Dynamics) in versione civile da trasformare in aerei-spia a uso militare.

Per dotare i “Gulfstream” di funzioni di sorveglianza aerea e spionaggio, di comando-controllo ecc. l’Italia ha stipulato nel 2021 un accordo bilaterale con Israele. Le tecnologie militari necessarie -sensori, radar, sistemi elettronici e di comunicazione – saranno interamente forniti dall’israeliana Elta Systems, controllata dall’azienda statale Israel Aerospace Industries (IAI), il secondo gruppo per fatturato militare del paese e 28° al mondo.

Nell’ambito “ala rotante” proseguono diversi programmi di acquisizione di nuovi elicotteri da combattimento (H-139, AH-249 “Fenice”, sostituti del vecchio “Mangusta”), da trasporto tattico (NH90) per l’Esercito Italiano (EI) e per la Marina (MMI) o di mantenimento delle capacità operative degli elicotteri EH101 sempre per la MMI. Nei velivoli unmanned – senza equipaggio – prosegue la partecipazione al programma europeo per lo sviluppo e acquisizione di aeromobili a pilotaggio remoto.

A livello di nuove dotazioni per la MMI prosegue il programma navale per assicurare nel tempo la capacità marittima di difesa con lo sviluppo e l’acquisizione di nuove unità navali d’assalto anfibio, pattugliatori polivalenti d’altura, navi per il supporto logistico e navi polifunzionali ad alta velocità. È prevista l’acquisizione di altre 2 fregate europee multi-missione – FREMM, di 8 nuovi pattugliatori (OPV), di 2 nuovi cacciatorpedinieri (DDX), di 4 sottomarini U212 NFS in cooperazione con la Germania e lo sviluppo di caccia-mine di nuova generazione (CNG).

Le nuove dotazioni previste per l’EI sono altrettanto importanti e consistono, oltre che nell’ammodernamento tecnologico di 125 carri armati “Ariete” di produzione nazionale, nell’acquisizione di 380 nuovi carri armati “Phanter KF 51” e di 1.050 nuovi veicoli corazzati da combattimento multi-ruolo “Lynx” prodotti dalla joint venture RheinmetallLeonardo, nell’acquisizione di 630 Veicoli Blindati Medi 8×8 “Freccia”, di 150 Blindo Centauro 2, di veicoli tattici leggeri multiruolo di nuova generazione prodotti da Leonardo, che, nel mentre, ha acquisito il controllo di Iveco Defence Wehicles (IDV).

Nei sistemi spaziali, i programmi principali riguardano il sistema satellitare ottico di III generazione, costituito da 2 satelliti per la realizzazione di un nuovo asset satellitare di telecomunicazioni (“Sicral 3”).

Nel settore “armamento e munizioni” sono previste significative acquisizioni nei sistemi missilistici (“Grifo” per l’EI e “Maads” per la MMI basati sul missile “Camm-Er”, nuovo missile “Teseo MK2/E”, missili “Aster 30 B1NT”), nei sistemi di difesa anti-aerea e anti-missili con 11 batterie “SAMP/T NG” per Esercito e Aeronautica, oltre che nell’aggiornamento di 2 sistemi “PAAMS” per la Marina, di obici semoventi ruotati 8×8, di sistemi anti-droni e di munizionamento di vario calibro, sia per la componente terrestre, sia per quella navale.

 Spese e personale militare
  • Gli acquisti con questo fiume di denaro pubblico verrebbero fatti in Italia e/o all’estero? Quali aziende ne beneficerebbero in particolare?

Dalla risposta alla precedente domanda si evince che gli acquisti dei nuovi sistemi d’arma verrebbero fatti principalmente in Italia, ma anche all’estero soprattutto negli Usa, oltre che in Regno Unito, Francia e Germania e, dagli ultimi anni, anche in Israele.

In particolare, le aziende italiane maggiormente beneficiarie dei 130 M€ di investimenti nella difesa sono sicuramente la Leonardo, insieme alle sue aziende controllate (Telespazio e Gem Elettronica) e partecipate (Avio, Mbda, Hensoldt, Elettronica e Thales Alenia Space) e la Fincantieri con le sue controllate (Orizzonte Sistemi Navali, Naviris, Issel Nord, Wass Submarine Systems, Sls e Power4Future). Naturalmente, a cascata, tra le beneficiarie italiane ci sono tante piccole e medie aziende che costituiscono le reti di sub-fornitura e appalto di Leonardo e Fincantieri.

La Leonardo è “prime contractor” nella gran parte delle commesse per l’AMI (aerei ed elicotteri), per l’EI (insieme alla tedesca Rheinmetall e alla Iveco Defence peraltro integrata nel gruppo), nei sistemi spaziali, nella cybersecurity e nei velivoli “unmanned” (settore nel quale opera in joint venture con il gruppo turco Baykar). Inoltre, è partner di 2° livello per i caccia-bombardieri F-35 (costruzione dei cassoni alari e di componenti e sottosistemi elettronici) e partner di 1° livello con Fincantieri per la fornitura dei sistemi radar e dei sistemi d’arma installati sulle unità navali per la MMI.

Fincantieri è “prime contractor” per quasi tutte le unità navali per la MMI, tranne che per unità navali minori e per i cacciamine i cui prime contractor sono, rispettivamente Baglietto, Ferretti Group e Intermarine.

Rispetto ai beneficiari stranieri dei 130 M€ di investimenti nella difesa tra i “prime contractor” le americane Ge Aerospace (Avio Aero), Lockheed Martin, L3Harris e General Dynamics (rispettivamente per i motori aerei, per gli F-35 e per gli aerei G550 Caew); la tedesca Rheinmetall (insieme a Leonardo) per i carri armati e i veicoli corazzati da combattimento e, attraverso, la sussidiaria italiana e la controllata Rwm Italia, per i sistemi di difesa anti-aerea e anti-droni e per diversi tipi di munizionamento; la trans-europea (britannica, francese, italiana, e tedesca) MBDA per i sistemi missilistici e di difesa anti-aerea e anti-missili; la britannica BAE Systems e la giapponese Japan Aircraft Industrial Enhancement Co. (Gruppo Mitsubishi) per lo sviluppo con Leonardo del caccia-bombardiere di sesta generazione; la francese Thales per le attività aerospaziali, per le strumentazioni radar e ottiche e per i sensori subacquei; l’israeliana Elta Systems per i sistemi di sorveglianza aerea e di spionaggio.

  • Si presume che una maggiore dotazione comporti l’incremento del personale militare. È così?

No. In base alle indicazioni contenute nel Decreto legislativo 23 novembre 2023, n. 185, il personale militare in forza nel 2025, pari a 166.697 unità dovrebbe diminuire ed essere rimodulato entro il 2034 secondo il “Modello organico a 160.000 unità”. Ciò vale per il numero complessivo e per le relative ripartizioni dell’organico per ciascuna categoria/ruolo (ufficiali, sottufficiali, volontari) e forza armata (esercito, marina, aeronautica).

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Diverso sarebbe lo scenario in caso di guerra. In alcuni paesi europei tra cui la Germania, si sta discutendo se reintrodurre la ‘leva obbligatoria’ che, in Italia è stata sospesa ma non abolita.

  • “Entro il 2039” è un tempo relativamente lungo; quindi, potrebbe non preoccupare la diluizione della spesa. Ma abbiamo già iniziato? Cosa prevede la manovra” appena licenziata dal governo?

Mentre i 130 miliardi di euro in 15 anni riguardano solo l’investimento in uno dei tre settori della spesa militare – gli altri due sono il personale e l’esercizio – la manovra del Governo attraverso il Documento Programmatico di Finanza Pubblica per il triennio 2026-2028, definisce appunto l’andamento annuo dell’insieme della spesa militare (personale, esercizio, investimento) in capo al Ministero della Difesa, ma anche al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (per alcuni programmi di armamento) e al Ministero dell’Economia e delle Finanze (per le missioni all’estero).

Nel documento approvato dal Consiglio dei Ministri si prevede un aumento progressivo delle spese militari nei prossimi tre anni di un +0,15% del PIL nel 2026, di un altro +0,15% del PIL nel 2027 e di un +0,20% del PIL nel 2028. In pratica l’incremento al 2028 sarà di +12,2 miliardi di euro rispetto al 2025 (+ 0,5% del PIL). Nei tre anni questa crescita comporterà una spesa militare aggiuntiva di quasi 23 miliardi di euro.

Secondo il ‘Bilancio Integrato” in chiave NATO[4]’ si passerà dal 2,0 al 2,5% del PIL linea con gli impegni assunti dall’Italia nel vertice di giugno all’Aia dell’Alleanza Atlantica, sino ad arrivare entro il 2035 al 3,5% del PIL per le spese militari propriamente dette (armamenti, munizionamenti, equipaggiamenti e truppe), più un 1,5% del PIL per spese di “sicurezza allargata”, includenti cybersicurezza, infrastrutture critiche e mobilità militare.

  • Si tratta, quindi, semplicemente”, di adempiere impegni già presi con U.E. e NATO?

L’aumento delle spese militari da parte dell’Italia è conseguente sia al piano ReArm Europe deciso in ambito UE, sia agli impegni assunti come paese membro della NATO.

Le decisioni, invece, su come declinare le politiche di riarmo nel nostro paese e di quali e quanti sistemi d’arma dotarsi, sono totalmente nelle mani del Governo e del Parlamento italiano.

  • È un piano di difesa che ha un senso, secondo te?

A questa domanda vorrei avvalermi della “facoltà di non rispondere”!


[1]  qui

[2]  qui

[3] qui

[4] Il ‘Bilancio integrato in chiave NATO’ non coincide con il ‘Bilancio del Ministero della Difesa’, pari nel 2025 a 31,3 miliardi di euro, ma è la somma di quattro componenti. La prima è il ‘Bilancio ordinario della Difesa’ (personale, esercizio, investimento), a cui però vengono sottratte le spese per i Carabinieri, tranne quelle relative alla quota di partecipazione alle missioni all’estero dell’Arma. Il totale di questa somma è 25,8 miliardi. La seconda componente sono le risorse stanziate dal MIMIT per finanziare specifici programmi di armamenti. Il totale di queste risorse nel 2025 è pari a 3,3 miliardi di euro. La terza componente è il Fondo per le missioni internazionali in capo al MEF, che nel 2025 ha coperto spese per un ammontare complessivo di 1,4 miliardi di euro. La quarta componente (poco meno di 15 miliardi di euro), inserita da quest’anno nel bilancio integrato, è la somma di “budget per contesti, domini e settori a cui è stato attribuito un focus più militare” e di “progetti di cooperazione militare” (es. military mobility). Questa quarta componente comprende anche i fondi del PNRR spesi per la transizione cyber e spaziale. Non essendo stati forniti ulteriori dettagli questi 15 miliardi di euro spesi e contabilizzati nel ‘Bilancio integrato in chiave NATO’, restano avvolti nella totale opacità, a cui questo Governo ci sta abituando.

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