
Con la crescente accessibilità dell’intelligenza artificiale generativa, le democrazie africane affrontano una minaccia senza precedenti. Con almeno 17 paesi africani chiamati alle urne nel 2025, dopo i 24 del 2024, il continente si trova a un crocevia critico, in cui la propaganda prodotta dall’IA potrebbe minare in modo radicale processi democratici già segnati da sfide tradizionali.
Le elezioni presidenziali nigeriane del 2023 hanno rappresentato una svolta, con quello che è stato probabilmente il primo diluvio di contenuti elettorali generati dall’IA a essere riversato nel continente africano. Sui social media sono circolati falsi endorsement da parte di celebrità di Hollywood, ex presidenti statunitensi e personalità nigeriane di rilievo. Ancora più preoccupanti sono stati i clip audio generati dall’IA diffusi a poche ore dal voto, che sembravano rivelare piani dei candidati per manipolare lo scrutinio. Da allora schemi simili si sono ripetuti in Africa: ad esempio, le elezioni sudafricane del 2024 sono state segnate da video generati dall’IA con falsi discorsi del presidente statunitense Joe Biden che minacciava sanzioni.
Forse l’aspetto più allarmante è che la propaganda basata sull’IA ha influenzato colpi di stato militari prima, durante e dopo il loro verificarsi. Un video del 2018 che mostrava il presidente del Gabon Ali Bongo con espressioni innaturalmente rigide suscitò dubbi sulla sua capacità di governare e contribuì al tentativo di golpe fallito del 2019. Dopo il colpo di stato in Burkina Faso del settembre 2022, ebbero ampia diffusione video generati dall’IA che mostravano pan-africanisti americani esprimere sostegno al nuovo regime militare. Inoltre, la popolazione del Burkina Faso e di altri Paesi africani viene regolarmente esposta a propaganda relativa al nuovo Governo con materiale che spesso ritrae Ibrahim Traoré mentre pronuncia discorsi in inglese (una lingua che non risulta padroneggiare fluentemente), o mostra manifestazioni di sostegno attraverso clip video riutilizzate.
Vulnerabilità e sfide
L’Africa è diventata sempre più vulnerabile a queste minacce a causa di dinamiche esterne. Le ricerche mostrano che il 60% delle campagne di disinformazione che colpiscono il continente ha origine straniera, principalmente da Russia, Cina e paesi del Golfo, con l’Africa occidentale particolarmente bersagliata. Nel frattempo, le misure di sicurezza delle piattaforme social, pensate soprattutto per lingue dominanti come l’inglese, lasciano enormi falle nella protezione degli utenti africani e, più in generale, dei paesi della maggioranza globale.
Un’altra difficoltà riguarda le organizzazioni di fact-checking: realtà come Africa Check, Dubawa in Nigeria e PesaCheck in Kenya hanno fatto progressi significativi, ma si trovano ad affrontare una sfida ardua. Africa Check riceve 100.000 richieste di verifica all’anno, ma il fact-checking è un processo manuale e dispendioso in termini di tempo, incapace di seguire la velocità di diffusione dei contenuti prodotti dall’IA. Le misure attuali offerte dalle piattaforme, come i limiti all’inoltro dei messaggi o l’etichettatura collaborativa dei post fuorvianti, risultano facilmente aggirabili e spesso inefficaci contro contenuti audiovisivi sofisticati, come i video di TikTok.
Gestire la minaccia della propaganda generata dall’IA
Affrontare questa crisi richiede un’azione coordinata in quattro aree chiave:
(1) Espandere l’educazione dei cittadini. Gli attuali programmi di alfabetizzazione mediatica si concentrano principalmente su giornalisti e professionisti dei media. Governi e società civile devono sviluppare programmi accessibili per formare il pubblico al riconoscimento dei contenuti generati dall’IA, con particolare attenzione a chi ha scarsa alfabetizzazione digitale.
(2) Rafforzare i quadri normativi. Sebbene 38 paesi africani su 54 abbiano adottato leggi sulla protezione dei dati, mancano ancora strutture complete che affrontino specificamente l’IA generativa. La Convenzione di Malabo dell’Unione Africana sulla sicurezza informatica e la protezione dei dati personali fornisce una base, ma è stata ratificata solo da 15 paesi. Più in generale, i governi africani devono istituire meccanismi regolatori solidi e capaci di stare al passo con l’evoluzione rapida delle tecnologie di IA.
(3) Investire in soluzioni tecniche. Poiché grandi aziende tecnologiche come Meta stanno ridimensionando le attività di fact-checking, i governi africani dovrebbero sostenere la ricerca e lo sviluppo di strumenti di rilevamento dell’IA adattati alle lingue e ai contesti culturali locali. Gli attuali sistemi di fact-checking assistiti dall’IA, addestrati principalmente su dataset occidentali, spesso non colgono le sfumature culturali africane e possono scambiare contenuti legittimi per disinformazione, e viceversa.
(4) Promuovere la cooperazione continentale. Dato che il 60% delle campagne di disinformazione in Africa è di origine straniera, le nazioni africane devono collaborare per identificare e contrastare queste minacce. Ciò include la condivisione di intelligence, il coordinamento delle risposte e lo sviluppo di standard continentali per la governance dell’IA. Il ricorso a comunità economiche regionali come l’ECOWAS può inoltre colmare le lacune normative nei paesi che non hanno la capacità individuale di introdurre adeguate protezioni.
Stabilità democratica nell’era dell’IA
L’impatto preliminare dell’IA generativa sulle recenti elezioni e sui colpi di stato africani offre un’anteprima inquietante di ciò che ci attende. Col progressivo perfezionamento e la maggiore accessibilità di tali tecnologie, la minaccia non potrà che intensificarsi. La stessa tecnologia che promette di rivoluzionare agricoltura, istruzione e servizi pubblici potrebbe trasformarsi in un’arma capace di erodere le fondamenta della governance democratica.
Quanto abbiamo visto accadere in Burkina Faso, Gabon, Nigeria, Senegal, Sudafrica e altri paesi del continente dimostra che la disinformazione generata dall’IA è già una realtà: influenza l’opinione pubblica ed è strumentalizzata per destabilizzare i Governi.
La battaglia per la democrazia africana nell’era dell’IA potrebbe essere vinta o persa nei prossimi anni. Per affrontare la sfida sarà necessaria un’inedita cooperazione tra Governi, società civile, mondo accademico e aziende tecnologiche. Il costo dell’inazione — che potrebbe tradursi in arretramento democratico, instabilità politica e perdita di fiducia pubblica — è di gran lunga superiore agli investimenti necessari per costruire difese solide contro la disinformazione e la propaganda generate dall’IA. I leader africani devono agire subito per garantire che le potenzialità dell’IA rafforzino, e non indeboliscano, il futuro democratico del continente. La finestra per un’azione proattiva si sta rapidamente chiudendo, e la posta in gioco non potrebbe essere più alta.
Chinasa T. Okolo è assegnista di ricerca presso il Center for Technology Innovation della Brookings Institution (USA) ed esperta di ricerca, strategia e consulenza politica in materia di governance e sicurezza dell’IA. Questo suo articolo è stato pubblicato sul sito della organizzazione Democracy in Africa, lo scorso 8 settembre 2025 (qui l’originale inglese).





