Il malessere del Camerun

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In Camerun (475.000 kmq e 21 milioni di abitanti), il 7 ottobre scorso si sono tenute le elezioni politiche per scegliere il nuovo presidente. Ma “nuovo” non è stato perché, come già avevano anticipato i sondaggi, è stato rieletto per un altro mandato di sette anni con il 71,3% dei voti Paul Biya, che è alla guida del paese già da 36 anni. Al secondo posto, a distanza siderale, si è classificato con il 14,2% dei suffragi, Maurice Kamto (64 anni). Biya con i suoi 85 anni di età e una salute precaria è chiamato ora a continuare a guidare un paese pieno di problemi e dove oltre la metà della popolazione ha un’età media inferiore ai 20 anni, quindi piena di attese che ben difficilmente potrà colmare.

Il primo di questi problemi è la grande indigenza in cui versa il Paese. Circa un quarto della popolazione vive sotto la soglia della povertà, con un 1,90 dollari al giorno a testa. Nell’indice di sviluppo delle Nazioni Unite, il Camerun è classificato al 151° posto su 180 e al 153° su 180 per quanto riguarda la corruzione e la trasparenza.

Un secondo problema è la grave crisi, degenerata ormai nella violenza, nelle due regioni anglofone del nord e del nord-est, che minaccia di spaccare l’unità territoriale. È una crisi ha che arriva da lontano, ma che solo recentemente è esplosa in questa forma.

Storia recente

Il Camerun, in passato, era stato una colonia tedesca. Dopo la prima guerra mondiale, il territorio fu affidato alla Francia e, nel 1920, fu spartito tra questo paese e l’Inghilterra, prima come mandato della Società delle Nazioni, poi sotto l’amministrazione fiduciaria dell’ONU (1945). L’attuale repubblica del Camerun si costituì il 1° giugno 1961 con la riunificazione della parte francese e l’area meridionale britannica. La zona settentrionale inglese, ossia la regione del Borno e dell’Adamawa, si unì invece allo stato federale della Nigeria.

Le due regioni anglofone camerunesi del nord-ovest e del sud-ovest all’interno del Camerun, che insieme rappresentano circa il 20% della popolazione nazionale, mantennero il sistema giuridico britannico e l’inglese come lingua di comunicazione. Ma rimasero discriminate politicamente ed economicamente dal governo. Cominciarono così i malcontenti e le prime mobilitazioni di piazza.

Nell’ottobre del 2016, un gruppo di avvocati di queste due regioni scioperò contro la nomina di giudici di lingua francese nei tribunali locali. Alla protesta degli avvocati, si unirono ben presto studenti e insegnanti, che denunciavano la discriminazione da parte del governo del presidente Paul Biya nei loro confronti. Nel giro di 15 mesi il dissenso si estese in ambedue i territori e le manifestazioni si trasformarono nella crisi più dura che ha colpito il Camerun dal tempo dell’indipendenza.

Molti manifestanti furono arrestati, altri uccisi o feriti. Il presidente Biya, anziché cercare il dialogo, preferì la repressione militare. Come ha riferito l’incaricato della Misereor per il Camerun, Frank Wiegandt, i militari commisero massicce violazioni dei diritti umani. Interi villaggi furono rasi al suolo e la gente fu costretta a fuggire.

Da allora, presero nuovo incremento le spinte per una divisione del paese. Ambazonia sarebbe il nome del nuovo stato che i separatisti vorrebbero creare. Da tempo è stata creata un’apposita homepage e sono stati stampati dei passaporti. Il progetto è ora sostenuto militarmente da vari gruppi ribelli.

Perché i disordini

Intanto, scriveva l’Agenzia Fides in un servizio del 20 settembre scorso, una quindicina di giorni prima delle elezioni, nelle province anglofone del Camerun la tensione continua a salire. Gli scontri tra i gruppi indipendentisti ed esercito sono sempre più frequenti e a patirne le conseguenze è la popolazione civile. È diventato pericoloso uscire per strada a tutte le ore del giorno. Le attività sono ferme o sono rallentate dagli scontri. E non si intravede una possibile soluzione politica.

È la preoccupazione che esprimono anche fonti della Chiesa cattolica a Bamenda, uno dei principali centri delle province anglofone. Chiedendo l’anonimato per motivi di sicurezza, queste fonti, scrive sempre l’Agenzia Fides, affermano: «Da due o tre settimane si registrano scontri continui. Le forze armate del Camerun fronteggiano gli assalti improvvisi degli indipendentisti. Ci sono stati diversi morti da entrambe le parti. Quanti? Difficile dirlo. La situazione però continua a peggiorare».

Le province anglofone, fin dall’indipendenza raggiunta il 1° gennaio 1960, hanno sempre rivendicato una propria autonomia. In particolare, chiedono di poter utilizzare l’inglese, in luogo del francese, come lingua negli atti pubblici e nelle scuole. Chiedono inoltre che nei tribunali sia applicato il sistema della common law britannica invece dei codici di origine francese in vigore altrove nel paese.

Se, nei primi anni dopo l’indipendenza, una qualche forma di autonomia era stata riconosciuta, con il tempo gli anglofoni hanno visto erodere i propri spazi e hanno iniziato a sperimentare anche una certa assimilazione.

«Attualmente – continua la Fides – esistono tre posizioni diverse. Ci sono quanti auspicano un’autonomia, all’interno di una federazione con i francofoni; ci sono gli indipendentisti che vogliono una secessione da Yaoundé; infine, c’è un’ampia zona grigia, di gente “neutrale”, che chiede di poter utilizzare l’inglese e che le proprie tradizioni siano rispettate, ma senza tensioni».

Biya, il presidente assente

I recenti disordini hanno provocato un grande esodo di massa di profughi. La Caritas internazionale calcola che nelle due province di lingua inglese circa 186.000 persone abbiano abbandonato la loro casa per fuggire oltre confine. E almeno 26.000 si sono rifugiati nella vicina Nigeria.

Attualmente, secondo un rapporto di Amnesty International, la regione anglofona è avvolta in una spirale di violenza. Le uccisioni, gli arresti e le torture durante le operazioni militari costituiscono la ragione per cui migliaia di civili sono fuggiti.

La Chiesa cattolica nell’aprile scorso aveva offerto i suoi buoni uffici, per cercare di mettere fine ai conflitti. Ma tutte le mediazioni finora tentate sono naufragate.

Visto l’esito delle elezioni del 7 ottobre, si può dire che la rielezione di Biya non è una buona notizia per il Camerun. Con la sua conferma, la situazione è destinata ad aggravarsi ulteriormente e anche la gente che vive in condizioni di grave povertà andrà incontro ad ulteriori disagi. Intanto anche il malcontento tra i giovani sta crescendo.

Per superare la crisi, servirebbe dialogo e aperture. Ma al momento non si vede ancora nessuno spiraglio in questa direzione.

Cosa sarà ora del Camerun? Biya, nella sua età anziana, e con una salute malferma, non ha le energie fisiche e nemmeno quelle mentali per governare una situazione così difficile e complessa e per avviare un futuro di progresso e di pace per il suo paese. Probabilmente continuerà a servirsi dell’esercito, creando una situazione irreversibile.

Secondo quanto riferiscono i media, egli va spesso in Svizzera per curarsi, ma la sua cartella clinica rimane un segreto ben custodito. Una fonte ha riferito che, nel 2006 e nel 2009, ha trascorso un terzo del suo tempo fuori del Camerun e che, nel 2017, avrebbe passato altri 60 giorni all’estero «per ragioni private».

Una cosa si può dire: fra i tanti problemi che il Camerun ha da risolvere, Biya non si rende conto che uno di questi, non ultimo, è proprio lui.

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Un commento

  1. Boby 19 ottobre 2018

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