Dehon e il discernimento politico

di:

   Dehon11

English version below

Il 12 agosto 1925 moriva a Bruxelles p. Leone Giovanni Dehon, prete francese e fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (dehoniani). Per farne memoria, la Congregazione ha organizzato una serie di eventi tra Saint Quentin (Francia), dove Dehon ha operato come vicario parrocchiale e ha fondato il suo istituto religioso, e Bruxelles, dove ha vissuto dopo l’espulsione dei religiosi da parte del Governo francese (1903) ed è morto. Per l’occasione, la Commissione teologica europea dei dehoniani ha tenuto un seminario di studio sulla eredità del pensiero e della azione sociale di padre Dehon a Clairefontaine, in Belgio. Il testo che riprendiamo di seguito è stato presentato durante i lavori di questo seminario.

La riflessione che propongo riguarda il modo in cui padre Leone Giovanni Dehon concepiva e accettava la Repubblica come forma di governo desiderata e scelta dal popolo francese. Il nostro fondatore faceva parte di un vasto gruppo di cristiani francesi che accettavano la Repubblica. Essere repubblicani e cristiani rappresentava a quel tempo una novità piuttosto difficile da comprendere, soprattutto se si considera che i massoni avevano svolto un ruolo importante nella fondazione della Repubblica. Vale la pena notare che all’assemblea massonica del 1865, Jérôme Bonaparte, fratello minore dell’imperatore Napoleone e maresciallo di Francia dal 1850, fu riconosciuto Gran Maestro della Loggia del Grande Oriente. Questo riconoscimento fu possibile perché il requisito di credere in Dio per l’adesione alla Loggia era stato eliminato dalla costituzione massonica.

Il ruolo dei massoni era attivo. L’ambiguità che circondava la Repubblica fece sì che la sua accettazione da parte dei cristiani non fosse né uniforme né omogenea. Il fenomeno dei cristiani che sostenevano la Repubblica coincise con la loro preoccupazione sociale per i lavoratori delle fabbriche, che vivevano in condizioni di diffuso impoverimento e degrado morale. Emersero così tre tendenze tra i cristiani sul modo di intendere la Repubblica.

Il primo approccio sottolineava il ruolo chiave dei datori di lavoro nella promozione del benessere dei lavoratori. Era essenziale proteggere i valori della famiglia, la libertà, la religione e i principi morali da qualsiasi minaccia. In questo contesto, il clero svolgeva un ruolo significativo come custode e precettore dei buoni costumi cristiani. La morale e la dottrina cristiana garantivano l’esistenza di una società sana.

La seconda tendenza era incentrata sul protagonismo dei lavoratori. I circoli di Reims, forse ispirati dalle pratiche socialiste, enfatizzavano la figura del lavoratore salariato come artefice e gestore del proprio benessere. I lavoratori non volevano che il loro destino dipendesse dalla misera beneficenza del datore di lavoro, ma dalla giustizia sociale per tutti. All’interno di questa tendenza, nel 1896 fu creato il Partito Democratico Cristiano.

La terza tendenza era costituita da coloro che cercavano di costruire ponti di dialogo tra le due posizioni precedenti.

Questo è, in linea di massima, il contesto del posizionamento cristiano nella Repubblica francese. Oltre alla diversità e al conflitto occasionale tra i cristiani repubblicani, esisteva anche un gruppo significativo di cristiani che desideravano un ritorno all’Ancien Régime.

È in questo contesto che Dehon riflette e discerne il suo ruolo di cristiano nel nuovo contesto politico e sociale francese. Certamente, una variabile da considerare nel discernimento del Fondatore dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù è il pontificato di Leone XIII. Il pontefice invitava i cristiani ad aprire nuove strade in una nuova società caratterizzata dallo sviluppo industriale, da nuovi fenomeni demografici urbani e da nuovi costumi culturali. A mio avviso, questo è proprio ciò che ha realizzato il nostro fondatore.

Dehon seguì infatti le linee guida di Leone XIII, ma non come semplice portavoce, bensì come pensatore che sviluppò le proprie idee e convinzioni personali, diventando un mediatore che sapeva dialogare con amici e avversari. Non a caso durante il Congresso di Lione, Dehon fu eletto come uno dei rappresentanti del clero nel Consiglio del Partito Democratico Cristiano.

Non credo si possa dire che Dehon è stato un innovatore politico; ma senza dubbio è stato un abile e prudente stratega .

Apprendistato repubblicano

I cambiamenti nei sistemi politici delle nazioni sono come uragani, capaci di distruggere in poco tempo ciò che aveva richiesto anni per essere costruito. Alcuni cambiamenti sono difficili da accettare a causa della complessità dell’interpretazioni e così Dehon dovette imparare a vivere nella Repubblica.

Il suo interesse e la sua azione politica non erano capricciosi, ma nascevano dalle circostanze e dall’esigenza evangelica di influenzare positivamente il regime repubblicano [1] .

La sua analisi della situazione lo portò a comprendere che l’autorità e la credibilità della Chiesa dipendevano da una profonda comprensione del dinamismo della Repubblica e dalla ricerca e creazione di spazi che consentissero ai cristiani di influenzare le decisioni politiche. Considerava la politica come un’opportunità per fare del bene, non solo come una piattaforma per proteggere gli interessi ecclesiali.

Non è infatti un caso che incoraggiasse i cattolici a non concentrarsi su sé stessi, ma ad ampliare la loro visione per abbracciare tutta la società: «Quando un giorno i cattolici francesi prenderanno la decisione di creare un blocco parlamentare, dovranno familiarizzarsi con l’idea che questo gruppo non potrà limitarsi a fare politica religiosa, ma dovrà essere molto attivo in tutti i settori della vita pubblica, se vorrà difendere con successo gli interessi legittimi della Chiesa. Questo partito dovrà avere un programma politico e in particolare un programma sociale concreto… Aiutati che il cielo ti aiuterà!» [2].

Una visione matura della politica

Considerare Dehon semplicemente come un repubblicano acritico, o come un repubblicano di convenienza che obbediva ciecamente alle direttive di papa Leone XIII, significa non prendere sul serio le scelte politiche del fondatore. Gli scritti di Dehon rivelano un processo in cui il fondatore acquisì acume politico e prudenza.

Egli non cercava di imporre i propri criteri, ma lavorava per raggiungere un equilibrio armonioso delle forze e mantenere il dialogo con pensatori di tutte le tendenze.

Non sorprende che Dehon, in qualità di organizzatore del Congresso di Lione del 1896, non abbia né squalificato né preso le distanze da padre Naudet, e abbia mantenuto un atteggiamento rispettoso nei confronti di Leclercq, entrambi appartenenti agli ambienti di Reims. Allo stesso modo, ha mantenuto un dialogo con figure ecclesiastiche, politici e intellettuali di varie tendenze e leader sindacali. Apprezzava allo stesso modo La Tour du Pin, Albert de Mun, padre Naudet e il politico Étienne Lamy.

Chi conosce queste figure sa che avevano convinzioni diverse e opinioni politiche divergenti. Sebbene all’inizio del suo discernimento politico padre Dehon credesse che la democrazia cristiana dovesse essere integrata nelle strutture ecclesiastiche e governata dalla dottrina della Chiesa, gradualmente arrivò ad accettare e riconoscere la saggezza di negoziare con coloro che non condividevano le sue convinzioni iniziali.

Inizialmente considerava la democrazia cristiana come un quadro che sosteneva il rispetto della famiglia, della moralità e della Chiesa. È comprensibile che nelle sue prime opinioni politiche padre Dehon fosse più simpatizzante di Le Mun o La Tour du Pin e più scettico nei confronti di Lamy o Naudet.

Con la maturazione politica, Dehon iniziò a dialogare con nuovi interlocutori che non sempre erano in linea con i suoi ideali originali. Pur cercando costantemente di proteggere il ruolo della fede nella società, la sua comprensione di tale ruolo si evolse da un’attenzione all’apologetica ecclesiale a una fonte di ispirazione socio-politica. La dottrina passò dall’essere un contenuto da preservare a tutti i costi a uno strumento che facilitava il dialogo con la comunità più ampia, anche con chi aveva opinioni opposte, contribuendo in ultima analisi al bene comune. Gradualmente, padre Dehon passò da una visione sacralizzata della società a una visione politica e conciliatoria.

Parallelamente all’evoluzione del suo discernimento politico, maturarono anche le sue convinzioni teologiche. Dehon passò da una visione teologica caratterizzata dalla devozione al Sacro Cuore di Gesù, carica di affettività e intrisa di discorso morale, alla comprensione della devozione dal punto di vista della grazia.

Non è un caso che in Couronnes d’amour, padre Dehon ripensi la sua interpretazione della riparazione e della devozione alla luce dell’eredità spirituale di Santa Teresa del Bambino Gesù [3]. L’impegno sociale, il discernimento politico e l’interpretazione teologica sono aspetti che, in Dehon, vanno di pari passo.

La democrazia cristiana come spazio di sintesi

L’impegno sociale della Chiesa in tutte le sue forme – dai circoli vincenziani di Ozanam alla Gioventù Cattolica di Marc Sangnier – ha avuto un ruolo importante nel discernimento di Dehon. Le corporazioni, i congressi nazionali e regionali, le cooperative, i circoli operai, i circoli di studio, i sindacati, le organizzazioni dei datori di lavoro e le pubblicazioni costituivano una modalità democratica di partecipazione che aiutava i cristiani a integrarsi nella Repubblica con proposte, progetti e riflessioni serie.

La democrazia cristiana divenne un grande movimento che articolava le diverse convinzioni politiche dei cristiani di varie classi sociali. Dehon raggiunse un equilibrio tra le diverse visioni politiche, sociali ed economiche dei vari movimenti sociali. Il suo ruolo di fondatore della congregazione, padre generale, canonico, confidente di Leone XIII e i suoi rapporti di amicizia con influenti uomini d’affari e lavoratori dell’epoca lo resero una figura importante di riferimento, mediazione e influenza.

Ha consigliato e si è lasciato consigliare

In questa sezione esaminerò uno degli interlocutori di Dehon. Quello che cerco fare qui è tracciare il discernimento di Dehon in campo politico attraverso una corrispondenza specifica: le lettere scritte sul caso Étienne Lamy.

Il Dehon delle conferenze e dei libri, che trasmetteva convinzioni che dovevano servire da base per il discernimento, è diverso dal Dehon della corrispondenza: colui che discerne deve prendere decisioni, deve usare la sua influenza e capisce che non tutto funziona secondo un manuale. Nelle sue lettere appare un uomo che accoglie e difende chi la pensa diversamente in vista del bene superiore.

Il caso Étienne Lamy

Il 29 gennaio 1899, Étienne Lamy [4] scriveva a padre Dehon esprimendo il suo sconcerto per il cambiamento politico dei Padri Assunzionisti, che avevano deciso di tornare a sostenere L’Union de la France Chrétienne [5]. Ciò che più lo turbava era che La Croix, un giornale appartenente alla federazione che dalla fine del 1897 riuniva sette movimenti cattolici per coordinare gli sforzi politici sotto un’unica bandiera cattolica, appoggiava questo cambiamento.

Lamy attribuì questa sorprendente svolta a padre Picard, che da tempo si considerava il legittimo portavoce dei desideri di Leone XIII [6]. L’atteggiamento di Picard derivava dalla sconfitta dei candidati cristiani alle elezioni legislative del 1898. La disillusione era così profonda che i lavoratori cristiani militanti criticarono duramente la Federazione dei Movimenti Cattolici.

Il 14 gennaio 1898, Payan, un operaio cattolico, comunicò a Delevanne, responsabile dell’orientamento politico del movimento della Democrazia Cristiana, la sua delusione per il fallimento elettorale e li accusò di non aver tenuto conto del movimento operaio nell’organizzazione delle proposte politiche elettorali: «A noi, che siamo l’unica forza, non si propone di allearci con nuove forze sacrificando alcune idee per nulla, per alcuni politici» [7].

Lamy, a differenza di padre Picard, non aveva sfruttato la fiducia che il papa aveva riposto in lui. La sua azione discreta contrastava con la pretesa arrogante di Picard e della stessa La Croix, che, sventolando la bandiera di Leone XIII, serravano i ranghi attorno a un regime chiuso al dialogo. Lamy era un politico di carriera, repubblicano e cattolico. La sua presenza nell’opera sociale e nella collaborazione politica all’interno della democrazia cristiana era ben accolta negli ambienti politici francesi.

La manovra politica degli Assunzionisti mirava a rimuovere Lamy. La proposta di Picard rappresentava una battuta d’arresto politica e un errore strategico nella leadership politica della Democrazia Cristiana [8]. Sebbene Dehon non condividesse pienamente le convinzioni di Lamy, non si lasciò influenzare dai pregiudizi e cercò l’opportunità politica del momento.

Il 10 febbraio 1899, dopo aver ricevuto due lettere da Lamy, Dehon scrisse al cardinale Rampolla avvertendolo del pericolo di perdere Lamy. Secondo questa corrispondenza, Lemire, Lorin e i principali politici del partito cattolico francese ritenevano «assolutamente necessario mantenere M. [Étienne] Lamy alla guida dell’organizzazione cattolica. Perderlo significa tornare all’antica Unione conservatrice che ci ha perseguitato per vent’anni. Se in Francia si venisse a sapere che M. [Étienne] Lamy non è più il capo della federazione, tutti concluderebbero che il papa ha cambiato politica, che rinuncia alla sincera adesione al regime costituzionale e che cede a coloro che sognano una prossima restaurazione monarchica» [9] La lettera mostra un Dehon che ascolta, valuta le conseguenze e prende decisioni.

Dallo scambio epistolare di Dehon sul caso Lamy emerge un carattere prudente, che non fa pendere la bilancia verso l’Ancien Régime, che vede con favore la vicinanza alla Repubblica e accetta la presenza di politici repubblicani nel Partito Democratico Cristiano.

Dehon ascolta Lamy, ascolta i membri del partito e infine consiglia il cardinale Rampolla. La sua prudenza ci permette di tracciare i tratti di un Dehon sensibile, cristiano e pratico. Come cristiano, non si limitava a difendere le dottrine, ma si preoccupava di discernere il momento politico e sociale alla luce della fede.

Dehon cercava il consenso e proponeva ciò che avrebbe giovato a tutti e avrebbe portato ad accordi tra i legislatori. Il suo atteggiamento politico non era quello di rivaleggiare o opporsi agli avversari, ma di cercare soluzioni.

È illuminante leggere la lettera che scrisse a Paul Six il 26 novembre 1894 riguardo alla partecipazione dei lavoratori ai profitti industriali [10]. In questa lettera, padre Dehon sottolineava come questa idea fosse accolta con favore dai democratici cristiani, dai socialisti e persino dai conservatori come il conte di Hausonville [11]. Il fatto che la proposta cristiana godesse di un così ampio consenso rifletteva una politica di ispirazione cristiana in grado di influenzare sia i datori di lavoro che i lavoratori cristiani e non cristiani [12] .

C’è molto da dire su padre Dehon. Lo scopo di questo breve studio non era quello di affrontare un aspetto specifico della sua personalità, ma di individuare alcune riflessioni e discernimenti in cui è possibile delineare le caratteristiche delle scelte politiche del nostro fondatore.


[1] «Sì, ha fatto tutto. Ha chiesto ai cattolici di sacrificare i loro affetti e le loro preferenze per unirsi sul terreno costituzionale accettando il governo della Repubblica. Lo ha fatto perché era suo dovere accettare il governo costituito; era nel loro interesse entrare nella Repubblica per migliorarne la legislazione» (https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/ART/REV/ART-REV-1901-0100-8031085?ch=0).

[2] https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/ART/REV/ART-REV-1903-0500-8031118?ch=0

[3] Ciò non significa che Dehon dimentichi Santa Margherita Maria Alacoque, ma semplicemente che la legge dal punto di vista della grazia piuttosto che dell’affetto.

[4] Étienne Lamy era un importante politico francese che incarnava il complesso rapporto tra repubblicanesimo e cristianesimo nella Francia della fine del XIX secolo. Dopo la creazione del Partito Democratico Cristiano nel 1896 e la sua successiva riorganizzazione al Congresso di Lione dello stesso anno, Lamy emerse come figura chiave nell’organizzazione politica cattolica. In preparazione alle elezioni legislative del 1897, fu nominato presidente di una coalizione federata che riuniva varie associazioni cattoliche per coordinare i loro sforzi in vista delle campagne legislative del 1898. Questa federazione rappresentò un significativo tentativo di unità politica cattolica, che comprendeva movimenti diversi con approcci diversi all’impegno sociale e politico. La coalizione includeva il movimento della Democrazia Cristiana, l’Unione Nazionale di Padre Garnier, l’ACJF (Association catholique de la jeunesse française) e l’influente giornale cattolico La Croix. Questa ampia alleanza rifletteva la crescente consapevolezza tra i cattolici francesi che un’efficace partecipazione politica nella Terza Repubblica richiedeva un’azione coordinata tra diverse tendenze e classi sociali. La nomina di Lamy alla guida di questa federazione dimostrò la sua posizione unica di mediatore tra le diverse correnti politiche cattoliche. In quanto repubblicano convinto e cattolico praticante, rappresentava la possibilità di conciliare il governo democratico con i valori cristiani, una sintesi che molti dei suoi contemporanei trovavano difficile da realizzare (Cf. Histoire de la Démocratie Chrétienne 61/333).

[5] Gruppo cattolico fondato nel 1892 dall’arcivescovo cardinale di Parigi con l’unico scopo di difendere il cattolicesimo.

[6] Cf. https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-LC1-1899-0129-0006001?ch=2

[7] Histoire de la Démocratie Chrétienne 62/333

[8] Nella sua seconda lettera a padre Dehon, datata 6 febbraio 1899, Lamy descrive in modo più dettagliato la difficile situazione che sta affrontando: «Et pour mon compte je suis résolu à ne pas continuer en ce cas l’épreuve, parce que je ne veux avoir aucune responsabilité dans les résultats. M. Harmel est sous l’influence des pères. La preuve est que, sur leur appel, il a tenté de faire désavouer les délégués des « Démocrates  chrétiens » qui dans la fédération sont d’accord avec moi. (…) Se questa politica sembra dover essere, dopo tanti fallimenti, tentata nuovamente, non resta che lasciare ai padri la direzione che hanno ripreso» (https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-LC1-1899-0206-0006002?ch=2).

[9] https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-1LD-1899-0210-0093909?ch=1

[10] https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-1LD-1894-1126-0030102?ch=1

[11] “M. le comte d’Haussonville, un retrogrado, che in questi giorni rimproverava allo stesso tempo i socialisti e i democratici cattolici, ammetteva che forse c’è qualcosa da aspettarsi dalla partecipazione ai profitti” (https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-1LD-1894-1126-0030102?ch=1).

[12] “Questa idea della partecipazione dei lavoratori alla prosperità dell’officina si sta facendo strada anche al di fuori del mondo padronale cristiano, sotto l’ispirazione di un sentimento naturale di equità e solidarietà. Nel suo libro sul Familistère di Guise, Bernardot fornisce un elenco degli stabilimenti industriali e commerciali in cui esiste la partecipazione del personale agli utili, sia in Francia che all’estero. Ne cita 321, di cui 116 in Francia” (https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/ART/REV/ART-REV-1894-1100-8031014?ch=0).


Dehon’s Political Discernment in the Context of the Third Republic

The reflection I propose concerns the way Father Dehon conceived and accepted the Republic as the form of government desired by the French people. Our founder was part of a large group of Christians who accepted the Republic. Being both a Republican and a Christian represented a novelty that was somewhat difficult to understand, especially considering that Masons played an important role in the establishment of the Republic. It’s worth noting that at the Masonic assembly of 1865, Jérôme Bonaparte, younger brother of Emperor Napoleon and Marshal of France since 1850, was recognized as Grand Master of the Grand Orient Lodge. This recognition was possible because the requirement to believe in God for Lodge membership had been removed from the Masonic constitution. The role of the Masons was active. The ambiguity surrounding the Republic meant that its acceptance by Christians was neither uniform nor homogeneous. The phenomenon of Christians supporting the Republic coincided with their social concern for factory workers, who lived in conditions of widespread impoverishment and moral deterioration. Thus, three tendencies emerged among Christians regarding how to understand the Republic.

The first approach highlighted the key role of employers in promoting worker welfare. It was essential to protect family values, freedom, religion, and moral standards from any threats. In this context, the clergy played a significant role as guardians of good Christian customs. Christian morality and doctrine ensured the existence of a healthy society. The second tendency centered on worker protagonism. The circles of Reims, perhaps inspired by socialist practices, emphasized the figure of the salaried worker as the architect and manager of his well-being. Workers did not want their fate to depend on the employer’s pitiful beneficence, but on social justice for all. Within this second tendency, the Christian Democratic Party was created in 1896. The third tendency consisted of those who sought to build bridges of dialogue between the two previous positions.

This is, broadly speaking, the Christian context of the Republic. In addition to the diversity and occasional conflict among republican Christians, there was also a significant group of Christians who yearned for a return to the Ancien Régime. It is within this context that Dehon reflects upon and discerns his role as a Christian in the new context. Certainly, one variable to consider in the Founder’s discernment is the pontificate of Leo XIII. The pontiff invited Christians to open new paths in a new society marked by industrial development, new urban demographics, and new cultural customs. In my opinion, this is precisely what our founder achieved.

Dehon indeed followed Leo XIII’s guidelines, but only insofar as we understand that he was not merely a spokesman, but a thinker who developed his ideas and personal convictions, making him a mediator who knew how to dialogue with friends and adversaries. It is no coincidence that during the Lyon Congress, Dehon was elected as one of the clergy’s representatives on the Christian Democratic Party Council. I do not believe we can say that Dehon was a political innovator, but we can affirm that he was an astute and prudent political strategist.

Republican Apprenticeship

Changes in nations’ political systems are like hurricanes, capable of destroying in a short time what took years to build. Some changes are difficult to accept due to the complexity involved in interpreting them. Dehon learned to live within the Republic. His interest and political action were not capricious; they arose from circumstances and the evangelical need to positively influence the republican regime[1].

His analysis of the situation led him to understand that the Church’s authority and credibility depended on a deep understanding of the Republic’s dynamism and on finding and creating spaces that would allow Christians to influence political decisions. He viewed politics as an opportunity to do good, not merely as a platform for protecting ecclesial interests. Indeed, it is no coincidence that he encouraged Catholics not to focus on themselves, but to broaden their view to encompass all of society: « Quand un jour, les catholiques français prendront la résolution de créer un bloc parlementaire, ils devront se familiariser avec la pensée que ce groupe ne pourra point faire seulement de la politique religieuse, mais qu’il devra être très actif dans tous les domaines de la vie publique, s’il veut défendre avec succès les intérêts légitimes de l’Église. Ce parti devra avoir un programme politique et notamment un programme social pratique… Aide-toi et le ciel t’aidera! »[2]

A Mature Vision of Politics

To view Dehon as simply an uncritical republican or as a republican of convenience who blindly obeyed Pope Leo XIII’s guidelines is to fail to take seriously the founder’s political choices. Dehon’s writings reveal a process in which the founder gained political astuteness and prudence. He did not seek to impose his criteria but worked to achieve a harmonious balance of forces and maintain dialogue with thinkers of all tendencies.

It is not surprising that Dehon, as organizer of the 1896 Lyon Congress, neither disqualified nor distanced himself from Father Naudet, and maintained a respectful attitude toward Leclercq, both from the Reims circles. Similarly, he maintained dialogues with clerical figures as well as politicians and intellectuals of various tendencies and trade union leaders. He equally valued La Tour du Pin, Albert de Mun, Father Naudet, and the politician Étienne Lamy. Those familiar with these figures recognize that they held differing convictions and divergent political views. Although at the beginning of his political discernment, Father Dehon believed that Christian Democracy should be integrated within ecclesiastical structures and governed by Church doctrine, he gradually came to accept and recognize the wisdom of negotiating with those who did not align with his initial convictions. Initially, he viewed Christian Democracy as a framework that upheld respect for the family, morality, and the Church. It is understandable that in his early political views, Father Dehon was more sympathetic to Le Mun or La Tour du Pin and more skeptical of Lamy or Naudet. As he matured politically, Dehon began to engage with new interlocutors who were not always aligned with his original ideals. While he consistently sought to protect the role of faith in society, his understanding of that role evolved from a focus on ecclesial apologetics to a source of socio-political inspiration. Doctrine transitioned from being content that had to be preserved at all costs to a tool that facilitated dialogue with the broader community—even with those who held opposing views—ultimately contributing to the common good. Gradually, Father Dehon moved from a sacralized vision of society to a political and conciliatory one.

Parallel to his political discernment’s evolution, his theological convictions also matured. Dehon evolved from a theological vision marked by devotion to the Sacred Heart of Jesus, charged with affectivity and impregnated with moral discourse, to understanding devotion from the perspective of grace. It is no coincidence that in Couronnes d’amour, Father Dehon rethinks his interpretation of reparation and devotion in light of Saint Thérèse of the Child Jesus’s spiritual heritage[3]. Social concern, political discernment, and theological interpretation are aspects that, in Dehon, go hand in hand.

Christian Democracy as a Space of Synthesis

The Church’s social concern in all its forms—from Ozanam’s Vincentian circles to Marc Sangnier’s Catholic Youth—played an important role in Dehon’s discernment. Corporations, national and regional congresses, cooperatives, workers’ circles, study circles, trade unions, employers’ organizations, and publications constituted a democratic mode of participation that helped Christians integrate into the Republic with proposals, projects, and serious reflections.

Christian democracy became a great movement articulating the different political convictions of Christians from various social classes. Dehon achieved balance among the different political, social, and economic visions of various social movements. His roles as congregation founder, Father General, Canon, confidant of Leo XIII, and his easy relationships with influential businessmen and workers of the time made him an important figure of reference, mediation, and influence.

He Advised, Allowed Himself to Be Advised, Discerned, and Dialogued

In this section, I will examine one of Dehon’s interlocutors. What I seek here is to trace Dehon’s discernment in the political field through specific correspondence—letters written about the Étienne Lamy case. The Dehon of conferences and books, who transmitted convictions that should serve as bases for discernment, differs from the Dehon of correspondence: one who discerns, must make decisions, must use his influence, and understands that not everything functions according to a manual. In his letters appears a man who welcomes and defends those who think differently in view of the greater good.

The Étienne Lamy Case: An Exercise in Political Discernment

On January 29, 1899, Étienne Lamy[4] wrote to Father Dehon expressing his bewilderment at the political shift of the Assumptionist Fathers, who had decided to return to supporting L’ Union de la France Chrétienne[5]. What most disturbed him was that La Croix, a newspaper belonging to the federation that had grouped seven Catholic movements since late 1897 to coordinate political efforts under a single Catholic banner, supported this change.

Lamy attributed this surprising turn to Father Picard, who for some time had believed himself the legitimate spokesman for Leo XIII’s wishes[6]. Picard’s attitude stemmed from the defeat of Christian candidates in the 1898 legislative elections. The disillusionment was so profound that militant Christian workers harshly criticized the Federation of Catholic Movements. On January 14, 1898, Payan, a Catholic worker, communicated to Delevanne—who was responsible for the Christian Democracy movement’s political orientation—his disappointment at the electoral failure and accused them of not considering the workers’ movement in organizing electoral political proposals: « A nous, qui sommes la seule force, on ne nous propose pas de nous allier des forces nouvelles en sacrifiant quelques idées pour rien, pour quelques politiciens.»[7]

Lamy, unlike Father Picard, had not exploited the confidence the pope had placed in him. His discreet action contrasted with the arrogant pretension of Picard and La Croix itself, who, flying Leo XIII’s banner, closed ranks around a regime closed to dialogue. Lamy was a career politician, Republican, and Catholic. His presence in social work and political collaboration within Christian democracy was well received in French political circles.

The Assumptionists’ political maneuver sought to remove Lamy. Picard’s proposal represented a political setback and strategic error in Christian Democracy’s political leadership[8]. Although Dehon did not fully share Lamy’s convictions, he did not allow himself to be swayed by prejudices and sought the moment’s political expediency.

On February 10, 1899, after receiving two letters from Lamy, Dehon wrote to Cardinal Rampolla warning of the danger of abandoning Lamy. According to this correspondence, Lemire, Lorin, and the main politicians of France’s Catholic party considered it: « absolument nécessaire de maintenir M. [Étienne] Lamy à la tête de l’organisation catholique. L’abandonner, c’est retourner à l’ancienne Union conservatrice qui nous a fait persécuter pendant vingt ans. Si l’on apprenait en France que M. [Étienne] Lamy n’est plus le chef de la fédération, tout le monde en conclurait que le pape a changé de politique, qu’il renonce à l’adhésion sincère au régime constitutionnel et qu’il cède à ceux qui rêvent une restauration monarchique prochaine »[9] The letter shows a Dehon who listens, weighs consequences, and makes decisions.

In Dehon’s correspondence exchange about the Lamy case, a prudent character emerges who does not tip the balance toward the Ancien Régime, who views closeness to the Republic favorably, and accepts republican politicians’ presence in the Christian Democratic Party. Dehon listens to Lamy, listens to party members, and finally advises Cardinal Rampolla. His prudence allows us to trace the features of a sensible, Christian, and practical Dehon. As a Christian, he did not limit himself to defending doctrines but was concerned with discerning the political and social moment in faith’s light. Dehon sought consensus and proposed what would benefit everyone and achieve agreements among legislators. His political attitude was not to rival or oppose adversaries, but to seek solutions.

It is illuminating to read the letter he wrote to Paul Six on November 26, 1894, regarding worker participation in industrial profits[10]. In this letter, Father Dehon emphasized how this idea enjoyed acceptance among Christian Democrats, socialists, and even conservatives such as the Count of Hausonville[11]. The fact that the Christian proposal enjoyed such broad acceptance reflected a Christian-inspired policy capable of influencing both Christian and non-Christian employers and workers[12].

There is much to say about Father Dehon. This study’s purpose was not to address a specific aspect of his personality, but to identify some reflections and discernments where it is possible to outline characteristics of our founder’s political choices.


[1] Oui, il a tout fait. Il a demandé aux catoliques de sacrifier leurs attachés et leur préférences pou s’unir su le terain constitutionnel en acceptant le gouvernement dde la République. Il l’a fait, parce que etait devoir d’accepter le gouvernement établi; c’était leur intérêt d’entrer dans la République pour en amélorier la législation” (https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/ART/REV/ART-REV-1901-0100-8031085?ch=0).

[2] https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/ART/REV/ART-REV-1903-0500-8031118?ch=0

[3] This does not mean that Dehon forgets Saint Margaret Mary of Alacoque, he simply reads her from the perspective of grace rather than affection.

[4] Étienne Lamy was a prominent French politician who embodied the complex relationship between republicanism and Christianity in late 19th-century France. Following the creation of the Christian Democratic Party in 1896 and its subsequent reconfiguration at the Lyon Congress that same year, Lamy emerged as a key figure in Catholic political organization. In preparation for the 1897 legislative elections, he was appointed president of a federated coalition that brought together various Catholic associations to coordinate their efforts for the 1898 legislative campaigns. This federation represented a significant attempt at Catholic political unity, encompassing diverse movements with varying approaches to social and political engagement. The coalition included the Christian Democracy movement, Father Garnier’s National Union, the ACJF (Association catholique de la jeunesse française), and the influential Catholic newspaper La Croix. This broad alliance reflected the growing recognition among French Catholics that effective political participation in the Third Republic required coordinated action across different tendencies and social classes. Lamy’s appointment to lead this federation demonstrated his unique position as a bridge-builder between different Catholic political currents. As both a committed republican and a practicing Catholic, he represented the possibility of reconciling democratic governance with Christian values—a synthesis that many of his contemporaries found difficult to achieve (see: Histoire de la Démocratie Chrétienne 61/333).

[5] Catholic group founded in 1892 by the archbishop cardinal of Paris with the sole purpose of defending Catholicism.

[6] Cf. https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-LC1-1899-0129-0006001?ch=2

[7] Histoire de la Démocratie Chrétienne 62/333

[8] In his second letter to Fr. Dehon, dated February 6, 1899, Lamy describes in greater detail the difficult situation he is facing: “Et pour mon compte je suis résolu à ne pas continuer en ce cas l’épreuve, parce que je ne veux avoir aucune responsabilité dans les résultats. M. Harmel est sous l’influence des pères. La preuve est que, sur leur appel, il a tenté de faire désavouer les délégués des « Démocrates  chrétiens » qui dans la fédération sont d’accord avec moi. (…) Si cette politique semble devoir être, après tant d’échecs, essayée de nouveau, il n’y a qu’à laisser aux pères la direction qu’ils ont reprise” (https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-LC1-1899-0206-0006002?ch=2).

[9] https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-1LD-1899-0210-0093909?ch=1

[10] https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-1LD-1894-1126-0030102?ch=1

[11] “M. le comte d’Haussonville, un rétrograde, qui gourmandait en même temps ces jours-ci les socialistes et les démocrates catholiques, avouait qu’il y a peut-être quelque chose à attendre de la participation aux bénéfices” (https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/COR/COR-1LD-1894-1126-0030102?ch=1).

[12] “Cette idée de la participation des ouvriers à la prospérité de l’atelier fait son chemin aussi en dehors du monde patronal chrétien sous l’inspiration d’un sentiment naturel d’équité et de solidarité. Dans son livre sur le Familistère de Guise, Monsieur Bernardot donne la liste des établissements industriels et commerciaux où existe la participation du personnel aux bénéfices, soit en France, soit à l’étranger. Il en cite 321, dont 116 pour la France” (https://www.dehondocsoriginals.org/pubblicati/ART/REV/ART-REV-1894-1100-8031014?ch=0).

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