Scuola e Ramadan

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ramadan

Ha suscitato malumori e proteste, financo scandalo, la scelta dell’Istituto Comprensivo di Pioltello, intitolato a Iqbal Masih[1], di chiudere la scuola il 10 aprile, giorno che coincide con la fine del Ramadan, tempo del digiuno rituale della religione islamica.

Il fatto è che quasi la metà, precisamente il 43% dei frequentanti, è costituito da immigrati di seconda generazione, che dichiara la propria appartenenza religiosa musulmana. Gli organismi della scuola hanno adottato tale scelta, nel rispetto della caratteristica maggioritaria degli alunni.

Vi è, ora, chi ritiene che, in un Paese di antica tradizione cristiana-cattolica, ancora di maggioranza in Italia, non si possano osservare, negli Istituti pubblici, quali la Scuola, le festività di altre religioni, perché ciò costituirebbe una sorta di tradimento dei nostri valori fondativi, della nostra identità, della nostra Nazione.

È riemerso, nel mentre, l’allarme per la cosiddetta «sostituzione etnica» che sarebbe già in atto, che porterebbe allo snaturamento dell’identità nazionale, appunto, e che andrebbe assolutamente impedita.

Gli italiani conoscono molto bene, peraltro, la condizione del migrante perché a milioni, dalla fine del XIX secolo e sin dopo la Seconda Guerra Mondiale, hanno lasciato le loro case e i campi, coi loro affetti, per cercare di rifarsi una nuova vita nelle Americhe, in Australia e in altri Stati Europei.

Negli ultimi 50 anni l’Italia è divenuta terra di arrivo e di insediamenti via via regolarizzati, pur fra mille difficoltà e diffidenze. Ora, gran parte dei nostri “prossimi” non vive isolata, ma, oltre a conservare forti legami con i mondi di origine, è andata costituendo – qui – più comunità che custodiscono le proprie, ordinate e rispettose, tradizioni religiose, mentre contribuiscono, col loro lavoro e la loro partecipazione, alla ricchezza e al bene comune della società italiana tutta. In Europa, non solo in Italia, la composizione della popolazione è molto cambiata e lo sarà sempre più: è un’osservazione lapalissiana.

Mi preoccupa osservare, perciò, quanto ciò susciti diffidenze, ostilità, allarmi e, soprattutto, la riproposizione di costrutti razzisti che ancora attingono alle ideologie del colonialismo: stagione in cui furono gli europei – anche gli italiani – a invadere, occupare, sfruttare le terre e le popolazioni del mondo.

Mi preoccupa grandemente osservare come certa politica svolga la sua, non certo secondaria, parte nel coltivare e fomentare allarmi, ostilità, intolleranze.

Il modo più efficace che io vedo per contrastare una tale pericolosa deriva, sta nello spalancare i nostri occhi – senza sottovalutazione umana alcuna – accogliendo, democraticamente, le non facili, ma necessarie, sfide che queste nuove convivenze ci stanno ponendo.


[1]Iqbal Masiq (1983-1995) è stato un ragazzino pakistano ucciso all’età di 12 anni per essersi battuto contro il lavoro minorile. È diventato il simbolo della lotta contro lo sfruttamento dei “piccoli schiavi”.

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Un commento

  1. Giuseppe 3 aprile 2024

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