
Il CNCA fin dal suo inizio aveva messo la condivisione come modalità fondamentale nel processo educativo e terapeutico. Contro ogni narcisismo.
Le parole esatte di papa Francesco non le ricordo. Credo ringraziasse Dio per l’opportunità di condividere nel corpo e nello spirito la condizione di ammalato e sofferente.
Stando in ospedale, tra la gente che soffre, le cose si vedono in modo diverso. La condivisione dello star male come ottima opportunità per rivedere i tanti aspetti del vivere. Lo star male non è un valore, così come proporre il sacrificio non apre all’entusiasmo del vivere.
Lo psichiatra Giovanni Fava ricordava: «Il grande biblista italiano Ortensio da Spinetoli ha attaccato la sacralizzazione della sofferenza vista come un bene, un favore, una grazia. Nel suo straordinario libro L’inutile fardello chiarisce che Gesù non ha mai parlato del valore espiatorio della sofferenza e non ha mai pensato di santificare il dolore… ma come ci siano forze positive che possono essere attivate in noi e come possiamo rompere l’isolamento creato dal dolore sostituendolo con la riscoperta del senso della nostra esistenza e del vivere comune».
Il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti) fin dal suo inizio – più di quarant’anni fa – aveva messo la condivisione come modalità fondamentale nel processo educativo e terapeutico.
La consapevolezza di sé, intesa come valorizzazione di capacità e limiti, rende efficace la relazione, evita la prevaricazione e sta alla base della condivisione. Oltre ci sta la maniacalità. Che, per natura sua, è sempre altro dalla realtà. Quando è diffusa, diventa anche pericolo sociale.
L’espressione “pandemia del narcisismo” non è mia, ma la riconosco come ottima analisi di ciò che sta succedendo.
Il narcisismo è una patologia gravissima per la persona che ne soffre e pericolosissima per la società – piccola o grande – in cui il narciso si colloca.
Patologia subdola, capace di sedurre con il fascino del niente di sé per rimuovere la depressione nascosta nel profondo.
Anche il potere, qualsiasi tipo di potere, senza la condivisione, può diventare dannosa prevaricazione.
I ruoli sono fondamentali nelle relazioni sociali, ma per valorizzare e non per prevalere. Soprattutto quando si tratta di ruoli educativi e terapeutici.
Non è condivisione il lettino di certi psicanalisti, come pure le modalità diffuse che si esplicano in: io so e lui non sa, io insegno e lui deve imparare, io parlo e lui deve ascoltare, io definisco e lui deve eseguire.
È la modalità di porsi che fa la differenza.
A questo punto delle riflessioni voglio utilizzare la favolosa intuizione di Dante: “…s’io m’intuassi come tu t’inmii…” (IX canto del Paradiso).
La reciprocità che diventa empatia. Questo capirsi nel profondo, come strategia educativa e terapeutica esplicata nel ruolo che la vita ci ha affidato! È l’antidoto alla pandemia narcisistica imperante.
La mancanza di autostima – causa non secondaria di tante dipendenze e depressioni – è una drammatica conseguenza di ogni prevaricazione.
Da alcuni anni, per fortuna, mi sembra di individuare l’emergere di approcci scientifici nuovi, intenti a promuovere dall’interno.
L’approfondimento di queste novità può produrre anche un nuovo schema di relazioni educative e terapeutiche: io parlo e tu ascoltati. Modalità che promuove responsabilità e protagonismi sani.
Bibliografia
Contro il sacrificio. Al di là del fantasma sacrificale, di Massimo Recalcati, Raffaello Cortina ed.
Uscire dalla sofferenza. Storie di cure e di autoterapia, di Giovanni A. Fava, tab edizioni.
Psicoterapia breve per il benessere psicologico, di Giovanni Fava, Raffaello Cortina ed.
I pronomi personali a convegno. Associazioni di idee e riflessioni per definire le connessioni del vivere, di Sandro Cominardi, Sensibili alle foglie Ed.





